Scritto da Segretariato dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP |
Domenica 07 Giugno 2009 |
MANUEL VIVE
Le circostanze politiche sono favorevoli per le azioni del Movimento armato e del Movimento Bolivariano. Manuel Marulanda Vélez
In questo pensiero di Manuel è dipinta l’anima delle FARC e ne rappresenta la bandiera. Quarantacinque anni fa sorgemmo dalle alture di Marquetalia, la montagna della resistenza dei popoli, alla ricerca di pace, giustizia e dignità per la Colombia. Da allora siamo la risposta armata dei diseredati e dei giusti alle molteplici violenze dello Stato.
La pace è la nostra strategia e l’avvio del Movimento armato, con in pugno la bandiera dell’alternativa politica, la tattica per conseguirla. Lo diciamo con le parole infuocate di Bolivar: "l’insurrezione si annuncia con lo spirito di pace. Si resiste al dispotismo perché questo distrugge la pace, e non si prendono le armi se non per obbligare i suoi nemici alla pace". Per essa diedero la vita Manuel Marulanda Vélez, Jacobo Arenas, Efraín Guzmán, Raúl Reyes, Iván Ríos e tutta quell’invincibile legione di comandanti e combattenti che oggi ricordiamo con venerazione. Per tutti costoro, onore e gloria in questo anniversario delle FARC.
"Colui che difende il proprio onore – diceva il Liberatore – dedicando la vita al servizio dell’umanità, alla difesa della giustizia ed allo sterminio della tirannia, conquista una vita immortale nell’abbandonare la cornice materiale che l’uomo riceve della natura. Una morte gloriosa trionfa sul tempo e prolunga la sublime esistenza fino alla più remota posterità"… È quello che succede a tutti quelli che, nonostante se ne siano andati, seguitano a vivere nei fucili e nel progetto politico delle FARC, con Bolivar combattendo per la Nuova Colombia, la Patria Grande ed il Socialismo, fianco a fianco con il popolo ed i suoi guerriglieri.
Vogliamo il paese indicato nel Manifesto delle FARC e nella Piattaforma Bolivariana per la Nuova Colombia. Vogliamo che sorga da un Grande Accordo Nazionale per la Pace siglato da tutte le forze disposte ad essere protagoniste del cambiamento, senza esclusioni, delle strutture ingiuste ed anacronistiche. Che sia emanazione di un patto sociale sostenuto dal popolo, uno strumento per la definizione di un’alternativa politica e che miri alla formazione di un nuovo governo nazionale, patriottico democratico, bolivariano, verso il socialismo. Sì, verso il socialismo, che è giustizia e redenzione dei popoli, arca di salvezza dell’umanità di fronte al crollo del sistema capitalista mondiale.
La dignità della Colombia ed il riscatto del senso di patria richiedono una nuova dirigenza che privilegi l’unità ed il socialismo nell’avanzata verso l’orizzonte futuro. Un nuovo grido di indipendenza ci chiama mostrandoci il campo di battaglia dell’Ayacucho del XXI secolo, dove splende la certezza del trionfo della rivoluzione continentale, quella di Bolivar e dei nostri eroi.
È ora di superare la vergogna nazionale rappresentata da un governo illegittimo ed illegale, generatore di morte e povertà. Un governo che, appoggiato da quello di Washington, agisce solo per perpetuare la guerra e la discordia mentre col ferro ed il fuoco garantisce la sicurezza degli investimenti alle multinazionali che saccheggiano le nostre risorse. Un regime apolide che permette che il nostro sacro suolo sia calpestato da più soldati stranieri nonostante l’alto numero di truppe nordamericane che intervengono nel conflitto interno della Colombia, quelle cacciate da [la base ecuadoriana di] Manta, che permette agli Stati Uniti di fare di questa terra una base di aggressione contro i popoli fratelli del continente. Un governo impudentemente narco-paramilitare, che non si scompone oramai neanche di fronte alla inchiodanti confessioni dei capi paramilitari che assicurano come "Don Berna", abbia finanziato con i dollari della cocaina le campagne presidenziali di Álvaro Uribe Vélez. Un governo ed un Presidente che hanno trasformato il Palacio de Nariño in un oscuro antro di cospirazioni tra mafiosi per destabilizzare la Magistratura, ostacolare la giustizia e rendere inefficace l’indipendenza dei poteri pubblici; che estradò negli Stati Uniti i capi paramilitari quando questi incominciarono a vincolare la cerchia di Uribe, i generali, gli imprenditori ed i grandi allevatori, alla strategia paramilitare dello Stato che ancora dissangua la Colombia.
Il paese non si capacita dell’autismo della Procura che preferisce nascondere la testa nella sabbia pur di non intraprendere alcuna azione penale contro le imprese Chiquita Brand – la stessa del massacro delle bananiere nel 1928 -, Drummond, Postobón, Brasilia, Carbones del Caribe …, denunciate dal boss Salvatore Mancuso come finanziatrici dei gruppi paramilitari. Questi ha rivelato inoltre che il massacro della Gabarra nel quale furono assassinati 40 contadini, perversamente attribuita alla guerriglia per screditarla, fu in realtà eseguita dai paramilitari, dall’esercito e dalla polizia.
La maschera è caduta. Sopra la testa di Uribe volteggia incalzante il fantasma di Fujimori condannato in Perù a 25 anni di carcere per crimini contro l’umanità. Nella previsione che le vigliacche uccisioni di civili non combattenti, incoraggiati dal delirio di mostrare in ogni modo dei risultati della sua sanguinaria politica fascista di sicurezza, non rimarranno impuniti. Reclamano giustizia la deportazione forzata di più di 4 milioni di contadini, l’espropriazione delle loro terre, le migliaia di fosse comuni, ed il collegamento del presidente ai massacri di cittadini indifesi. Il capo paramilitare che denunciò la responsabilità diretta di Uribe nello spaventoso massacro di El Aro, Antioquia, è appena stato assassinato con soddisfazione del tiranno del Palacio de Nariño. Sa che presto o tardi dovrà rispondere per i suoi crimini.
Deve essere revocato il mandato ad un presidente che detiene il disonorevole record di avere oltre il 90 percento dei suoi parlamentari coinvolti nel processo della narco-parapolitica, che mantiene come ministri dello Stato i delinquenti della corruzione, che utilizza il potere per arricchire i suoi figli, che converte il servizio diplomatico in asilo per assassini come il generale Montoya tante volte denunciato, e che promuove referendum incostituzionali per perpetuarsi al potere come meccanismo di fuga dalla giustizia. Uribe è un vero bandito protetto dalla fascia presidenziale.
Quanti problemi internazionali ha generato la sua assurda pretesa di trasnazionalizzare la politica fascista di sicurezza con cui il governo della Colombia si crede nel diritto di agire extraterritorialmente per sviluppare la sua particolare visione e strategia contro-insurrezionale, al di sopra dei popoli e dei loro governi, calpestando la sovranità delle nazioni e destabilizzando la regione, sempre appoggiato dal governo di Washington.
Vuole incendiare indefinitamente il paese col fuoco della guerra e della violazione dei diritti umani aggrappandosi alla chimera del trionfo militare. Incoerentemente nega l’esistenza del conflitto politico e sociale, ma ripone la sua insana illusione nel Plan Patriota del Comando Sud dell’Esercito degli Stati Uniti, credendo inutilmente che il dissenso sociale possa essere abbattuto a colpi di fucile e di tecnologia militare di ultima generazione.
Portare le forze dell’esercito a oltre 450 mila effettivi contando sul maggiore aiuto militare americano nell’emisfero, non lo manterrà al potere, perché così dice l’esperienza storica ed il buon senso. "I popoli che hanno combattuto per la libertà alla fine hanno sterminato i loro tiranni". Ma inoltre, un governo screditato, legato all’illegittimità e segnato dalla crisi del capitalismo mondiale è un governo condannato al fallimento.
La Colombia di oggi non vuole il bellicismo del governo. Vuole soluzioni alla crescente disoccupazione e povertà. Reclama gli investimenti sociali sacrificati in onore della guerra. Chiede educazione, abitazioni, salute, acqua potabile, diritti lavorativi, terra, strade, elettricità, telefonia e comunicazioni, commercio dei prodotti, ri-nazionalizzazione delle imprese che furono privatizzate, punizione della corruzione, sovranità del popolo, protezione dell’ecosistema, vera democrazia, libertà di opinione, liberazione dei detenuti politici, fine all’irrazionale estradizione dei connazionali che mantiene in ginocchio la sovranità giuridica, informazione veritiera, relazioni internazionali basate sul rispetto reciproco tra le nazioni, integrazione e Patria Grande, giustizia sociale e pace.
Uribe teme, come il diavolo con l’acqua santa, il clamore crescente con cui si chiedono pace, punizione per i crimini di Stato ed un nuovo governo. Per questo motivo esige angosciosamente che il tema della pace sia escluso dal dibattito elettorale. Sono la trasfigurazione della pazzia e dell’assurdo di un mandatario che vuole incatenare il paese ai suoi odi e risentimenti. Nessuno potrà slegare da un progetto di nuova società e di governo, la pace anelata dalla maggioranza della nazione. Essa è la bandiera che unirà i colombiani contro la tirannia, la guerra e l’ingiustizia.
Tutti dobbiamo stare all’erta per ostacolare la manovra uribista di cambiare all’attuale Cancelliere nazionale [a capo dell’Ufficio del Registro Civile Nazionale, con competenze anche di convocazione organizzazione e supervisione elettorali, NdT] con uno di suoi servi. L’unica speranza del peloso bellicismo davanti all’anelito delle maggioranze, è la frode. Ed è ciò che ora dobbiamo ostacolare, poiché costui fu padrone e signore delle elezioni del 2002 e del 2006. La rielezione di Uribe è uno schifoso monumento all’inganno e alla truffa eretto dall’ex direttore del Dipartimento Amministrativo di Sicurezza (DAS) Jorge Noguera, e dal capo narco-paramilitare Jorge 40. Nelle 4 milioni di firme raccolte dagli uribisti per il del referendum [per la possibilità di rielezione di Uribe, NdT] con appoggio del denaro della [società finanziaria] DMG, sono presenti le firme di un milione e mezzo di deceduti. Questa è frode, furto.
Inganno è anche la peregrina favola della sconfitta militare della guerriglia, argomento falso, parente dei "falsi positivi", utilizzato per giustificare le terribili prepotenze dello Stato contro la popolazione civile. Come sempre bramarono di fare con Manuel Marulanda Vélez, hanno voluto ammazzare le FARC con i fucili del desiderio e l’assordante rumore delle rotative. Nessuna guerriglia può essere sterminata con spari di inchiostro. Non esiste l’era del post-conflitto se non nel sogno delirante del bellicismo senza futuro di un regime in decadenza.
Dalle montagne della resistenza, come lo facciamo da 45 anni, convochiamo i colombiani perché si mobilitino risolutamente per la pace, quella che ci negarono i santanderisti e l’impero di Washington quando ammazzarono Bolivar e la Colombia dell’unità dei popoli nel 1830. Il passato conta nella costruzione della società futura. Nessuno può slegarci del destino indicato dal Liberatore alle origini della Repubblica. L’incitamento del senatore Álvaro Gómez Hurtado all’inizio degli anni 60 per sottomettere a ferro e fuoco quella che considerava la "Repubblica Indipendente di Marquetalia", non è stato sufficiente per comprendere che i problemi nazionali non si risolvono attraverso la violenza dello Stato. Bisogna costruire una Nuova Colombia sulle solide fondamenta della pace concertata.
Il Grande Accordo Nazionale verso la Pace deve avere come punto strategico la formazione di un nuovo governo che garantisca al popolo"la maggiore somma di felicità possibile, la maggiore somma di garanzie sociali e la maggiore somma di stabilità politica", come esigeva il Liberatore. Un governo patriottico, democratico, bolivariano, verso il socialismo, così come esposto dalla Piattaforma Bolivariana per la Nuova Colombia.
Come garanzia di pace e di sovranità nazionale dobbiamo erigere delle nuove Forze armate compenetrate della dottrina militare bolivariana che insegna l’amore verso il popolo e l’odio verso la tirannia. Non dobbiamo dimenticare che l’esercito patriota fu il creatore della Colombia e della Repubblica nelle folgoranti vittorie di Boyacá e di Carabobo, e che il suo comandante Bolívar lo definì "difensore della libertà”, aggiungendo che le "sue glorie devono confondersi con quelle della repubblica, e la sua ambizione deve essere soddisfatta nel fare la felicità del suo popolo". Così devono essere le nuove Forze armate e siamo sicuri che molti degli attuali ufficiali sognano di svolgere questo ruolo.
Solidarizziamo con la giusta lotta delle famiglie dei soldati regolari che reclamano il diritto a non essere obbligati ad entrare in combattimento mortale con la guerriglia. La guerra che nega il governo per non riconoscere il carattere politico dell’insorgenza che combatte per il potere, nel solo mese di marzo ha prodotto 297 militari morti e 340 feriti. Chiamiamo i soldati a non lasciarsi utilizzare più come carne da cannone difendendo interessi che non sono i loro ma quelli di un’oligarchia putrida e criminale, non solidale, che molto poco fa per loro se cadono prigionieri o restano mutilati. Siamo sicuri che anche i loro parenti vorrebbero gridare al governo, col professor Moncayo, che i loro figli non sono stati partoriti per fare la guerra dell’oligarchia.
Per riuscire nel proposito della Nuova Colombia è necessario riorganizzare lo Stato sulla base della sovranità del popolo, come lo concepì il Liberatore in Angostura. Ai tre rami del potere pubblico dobbiamo aggiungere i poteri morale ed elettorale, istituendo la revoca del mandato su richiesta popolare. Niente più copie di leggi straniere per risolvere i nostri temi interni. Niente più sistema penale accusatorio. Richiediamo un nuovo governo che punisca in modo esemplare la corruzione e chiuda gli spazi all’impunità; che bandisca la politica neoliberale causa delle nostre disgrazie economiche e sociali. Il paese ed il governo che sogniamo devono assicurarsi il controllo dei rami strategici, stimolare la produzione nelle sue diverse modalità, fare rispettare la nostra sovranità sulle risorse naturali. Tradurre in realtà l’educazione gratuita a tutti i livelli, portare giustizia nelle campagne con una vera riforma agraria che produca lavoro e sovranità alimentare, e semini l’infrastruttura del progresso nazionale. I contratti con le imprese transnazionali che siano lesivi per la Colombia devono essere rivisti, come i patti militari, i trattati ed accordi che ledono la nostra sovranità, annullati. In questo stesso senso il paese non è tenuto a pagare il debito estero di quei prestiti viziati dall’inganno in qualsiasi delle loro parti. Soluzione non militare né repressiva al problema sociale della narco-produzione. La nostra politica internazionale deve ri-orientarsi verso l’integrazione solidale dei popoli della Nostra America nella Patria Grande bolivariana, e del Socialismo.
La tappa definitiva della lotta per la pace è cominciata. Il popolo colombiano non può allentare la presa fino a che non vedrà concretizzato questo diritto.
Con Bolivar, con Manuel, col popolo, al potere!
Manuel vive nella lotta del popolo colombiano.
Abbiamo giurato di vincere, e vinceremo.
Segretariato dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP
Montagne della Colombia, maggio 2009
Da Agenzia Bolivariana de prensa
www.abpnoticias.com/index.php?option=com_content&;task=view&;id=1994&;Itemid=1
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org (popoli resistenti – colombia – 2 giugno 2009 n. 276) a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare