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Venezuela sulla via della rivoluzione?

16. July 2006

Osservazioni dall´interno del processo bolivariano: Chávez, lo stato e la sinistra


Se proviamo a distillare dalle
rivoluzioni del XX secolo alcuni denominatori comuni alle diverse situazioni di
cambiamento rivoluzionario, ci imbattiamo nella maggior parte dei casi in una
crisi dello Stato e dell´egemonia delle vecchie à©lites dominanti e in
un´avanguardia politica organizzata che ha incarnato un progetto politico
assunto dal popolo come speranza di liberazione da una situazione considerata
insopportabile.

Nell´attuale contesto venezuelano
ਠdunque lecito porsi le seguenti domande: la fine del sistema di Punto Fijo[1] ha condotto ad una crisi dello stato borghese? puಠil presidente Hugo Chávez
sostituire l´inesistenza di un´avanguardia collettiva e condurre il processo di
smantellamento iniziato dal suo governo ad una rivoluzione popolare? ha la
politicizzazione e l´organizzazione del popolo raggiunto un grado di sviluppo
sufficiente a consentire alle classi subalterne di fondare una nuova struttura
di potere statale?

Il seguente studio cerca di fare
una sintesi analitica dei colloqui avuti con le più importanti organizzazioni
della sinistra bolivariana venezuelana, dei luoghi chiave della rivoluzione
bolivariana visitati cosଠcome delle impressioni e le esperienze raccolte nel
quadro di una delegazione del Campo Antimperialista in Venezuela.

Una rivoluzione antimperialista?

Il marxista peruviano Josà© Carlos
Mariategui, in polemica indiretta con la linea dell´Internazionale Comunista e
il suo avvicinamento al nazionalismo dell´APRA (Alianza Popular Revolucionaria
Americana – Alleanza Rivoluzionaria dei Popoli d´America) di Victor Haya de la
Torre, avanzಠnel 1929 la tesi secondo la quale non esisterebbe un
antimperialismo che non sia anche anticapitalista.[2] Il governo Chávez mette
oggi duramente alla prova questa convinzione di base delle correnti
rivoluzionarie a sinistra dei partiti comunisti filo-sovietici.

 

Lo scontro del governo
venezuelano con gli Stati Uniti non à¨, come dimostra il tentato golpe dell´11
aprile 2002, un semplice fatto retorico. E in un mondo unipolare e imperiale,
la stessa sfida retorica contro gli Stati Uniti che Hugo Chávez conduce con
crescente chiarezza à¨, malgrado il fatto che il Venezuela sia ancora oggi la
riserva strategica di petrolio degli Usa e che paghi disciplinatamente il suo
debito estero, una dichiarazione di guerra che mette in discussione l´egemonia
americana. Grazie a questa sfida Hugo Chávez ਠdivenuto il catalizzatore della
rinascita di un´opinione pubblica antimperialista in America Latina. Con la sua
aperta ostilità  contro la pretesa di dominio mondiale degli Stati Uniti, il
Venezuela ਠdivenuto un punto di rottura geopolitica di prim´ordine. La
vicinanza con la Colombia e il suo incontrollabile movimento di guerriglia
politico-militare, ha portato Washington a considerare la regione andina
settentrionale come il punto di conflitto principale dei prossimi anni nel
continente latinoamericano.

Allo stesso tempo, tuttavia, la
trasformazione interna del Venezuela non ਠandata oltre un processo di riforma
sociale che grazie alla ricchezza petrolifera del paese non richiede grandi
rivoluzioni strutturali nella organizzazione politico-economica del paese. Il
vecchio apparato statale ਠstato preso in mano da una nuova dirigenza
bolivariana e i cambiamenti economici si riducono ad una ridistribuzione delle
risorse statali in favore del programma di riforma.

Il ruolo esplosivo del Venezuela
ਠquindi chiaramente legato al suo posizionamento antimperialista nei confronti
dell´impero americano e non al radicalizzarsi di una lotta di classe interna
che farebbe della distruzione dell´apparato statale e l´istituzione del potere
del popolo una prospettiva del prossimo periodo.

Cià³ nonostante, la coincidenza di
antimperialismo e potere popolare postulata da Mariategui continua ad essere un
approccio analitico fondamentale per la comprensione della dinamica
venezuelana. Tuttavia, la globalizzazione e il livellamento imperiale
dell´imperialismo americano hanno oggi fatto dello scontro antimperialista il
motore della politicizzazione e dell´approfondimento della lotta di classe e
non il contrario come lo aveva supposto il marxista peruviano in una diversa
situazione storica dei rapporti di forza.

Tanto l´analisi dei dati storici
quanto quella degli elementi attuali della situazione politica interna ed
estera del Venezuela, ci portano a ritenere che la possibilità  del superamento
dello stato borghese riformato da parte di una corrente rivoluzionaria del movimento
bolivariano sia influenzato in modo decisivo dallo scontro geopolitico legato
alla necessità  di dominio statunitense e che la forza antimperialista di questo
conflitto dipenda a sua volta dall´esito della lotta di classe interna tra le
frazioni favorevoli ad un “approfondimento della rivoluzione” e le tendenze che
invece vogliono mantenere lo status quo attuale, una sorta di IV Repubblica
riformata.[3]

Diplomazia e scontro

La tesi della contraddizione
cruciale tra l´aspirazione del Venezuela ad una sovranità  antimperialista e la
politica imperiale statunitense, esige una valutazione concreta dell´ampiezza e
dell´attuale situazione dello scontro tra il governo Chávez e l´amministrazione
Bush.

 

La principale linea guida della
politica internazionale di Chávez ਠil mondo multipolare. Questo orientamento
si articola su tre piani. Il primo piano ਠquello della diversificazione delle
relazioni economiche venezuelane attraverso la costruzione di relazioni con
nazioni e regioni che rappresentano un potenziale contropolo alla egemonia
statunitense. Ad esse appartengono Cina, Russia, India e il mondo arabo.
L´acquisto di 100.000 fucili d´assalto AK-103 e AK-104 e di 40 elicotteri di
fabbricazione russa nel quadro di una riorganizzazione delle forze armate indirizzata
alla difesa territoriale (rivalutazione delle milizie analoga al modello
cubano) ha portato all´inizio di febbraio ad una forte reazione da parte
dell´amministrazione americana che ha accusato Chávez di armare il terrorismo
colombiano che utilizza appunto questo tipo di armi.

Il secondo livello, già 
considerato da Chávez come il più forte sul piano politico, concerne la
costruzione di un nuova e strategica collaborazione tra gli stati dell´America
Latina. Tale linea si esprime nel rafforzamento dei già  esistenti stretti
legami con Cuba sia sul piano economico che su quello politico e nell´impulso
all´allargamento del MERCUSUR. Un ulteriore alleanza strategica ਠstata firmata
il 14 febbraio con il Brasile. L´obiettivo ਠla costituzione di una “alternativa
bolivariana” (ALBA) alla zona di libero mercato (ALCA) aperta sull´intero
continente dall´imperialismo americano. Il reale significato economico del
progetto ਠcertamente ridotto poich੠i principali partner commerciali delle
nazioni latinoamericane restano gli Usa e l´Europa. Oltre il 50% della
produzione petrolifera quotidiana del Venezuela (ca. 1,4 milioni di barili su
2,6 della produzione totale) scorrono verso gli Stati Uniti. Il risultato
politico-simbolico del tentativo di integrazione – cioਠla creazione di un
canale televisivo latinoamericano, la TV-Sur, sul modello dell´emittente araba
Al-Jazeera e apertamente posta in contrapposizione al dominio statunitense –
viene messo in particolare risalto dal Venezuela (e da Cuba). Una
interpretazione questa che non viene in alcun modo condivisa con la medesima
forza da Brasile e Argentina, i due partner della sinistra liberista, per i
quali ਠdi maggiore importanza una rivalutazione dei loro paesi all´interno
della comunità  delle nazioni in consenso con gli USA.

Il terzo livello della politica
estera chavista consiste nel promuovere nel quadro del Congresso Bolivariano
dei Popoli un´allenza di movimenti politici e sociali che vada oltre il
rapporto diretto con i governi. Questo sforzo viene tuttavia messo costantemente
in difficoltà  dalle catene imposte dalla diplomazia alla politica statale. Il
rapimento del militante delle FARC Rodrigo Granda esemplifica appunto questa
difficoltà , nella misura in cui gli organizzatori del Congresso Bolivariano
hanno dovuto categoricamente negare di averlo invitato. I protagonisti
essenziali di questa iniziativa extraparlamentare restano pertanto forze poco
radicali e riformiste quali i sandinisti nicaraguensi, il FMLN del Salvador, il
PT brasiliano o il MAS boliviano, in una sorta di rinascita del Foro di San
Paolo dei gruppi antagonisti che aspirano a diventare partiti di governo.

Il caso Granda ha tuttavia avuto
un significato che va ben al di là  del complesso problema di come costruire
un´alleanza antimperialista attraverso lo Stato. Nella politica americana di
militarizzazione dell´America Latina la Colombia ha un ruolo fondamentale ed à¨
in questo senso anche la leva principale della politica del Pentagono. Il
confine coloniale artificiale tra Venezuela e Colombia (Apure, Tachira, Zulai –
Arauca, Boyacá, Norte de Santander, Cauca) ha storicamente determinato una
forte presenza colombiana, comprendente anche alcune organizzazione armate, in
territorio venezuelano. Allo stesso tempo, il versante colombiano della regione
costituisce una delle aree centrali di schieramento di militari statunitensi,
la cui presenza conta circa 400 truppe da combattimento (ufficialmente
schierate per controllare le condotte di petrolio di Cano Limà³n della
Occidental Oil Company), numerosi consiglieri militari e compagnie di sicurezza
private. Essenza della dottrina statunitense ਠil controllo strategico e la
stabilizzazione della regione andina settentrionale attraverso la formula della
lotta contro il “narcoterrorismo” in Colombia. Nel quadro del Plan Colombia e
dei piani che lo hanno seguito, il Plan Patriota e l´Iniziativa Andina, vengono
perseguite tre linee di intervento: 1) l´armamento e la professionalizzazione
delle forze armate colombiane; 2) la creazione di una cintura di basi militari
(attualmente in Colombia, Equador, Peru, Bolivia, Panama, Costa Rica, El
Salvador, Honduras, Aruba e Curacao); 3) un accordo con gli stati confinanti
della Colombia (ivi compreso il Brasile di Lula) per la militarizzazione delle
frontiere con l´aiuto di consiglieri e truppe americane. Sotto il generale
James Hill, responsabile fino al 2004 del commando meridionale statunitense,
furono stipulati accordi simili con tutti gli stati confinanti con la sola
eccezione del Venezuela.[4] Nel marzo 2004 Hill aveva messo in guardia dallo
“strisciante pericolo del populismo radicale” per gli interessi di sicurezza
statunitensi e aveva chiaramente richiamato il governo venezuelano al suo
“dovere” di collaborare nella lotta contro il narcoterrorismo. Durante la crisi
diplomatica con la Colombia dovuta al sequestro di Rodrigo Granda avvenuto in
condizioni di violazione della sovranità  venezuelana, il nuovo ministro degli
esteri statunitense, Condoleeza Rice, in occasione della seduta del Congresso
del 19 gennaio 2005, ha descritto il Venezuela come una “forza negativa nella
regione”. E per l´anno 2005, il congresso statunitense ha chiaramente indicato
al nuovo comandante del commando meridionale, il generale Bantz Craddock, un
falco di prim´ordine già  attivo in Iraq, i paesi a più alto rischio militare
per la sicurezza in America Latina: Colombia, Venezuela, Haiti e Messico.

La politica statunitense nei
confronti del Venezuela oscilla tra un´accettazione pragmatica del governo
Chávez, fintanto che l´accesso al petrolio ਠassicurato (questo pragmatismo
parla contro il rischio di una guerra civile indotta) e un impulso egemoniale
imperiale, che non puಠaccettare una sfida antimperialista anche quando questa
ਠampiamente simbolica. Il Pentagono ਠconsapevole della problematicità  di un
intervento diretto degli Usa che inizierebbe uno scontro ancora più rischioso
rispetto a quello in Iraq e che porterebbe ad una probabile incontrollabile
destabilizzazione dei legami con l´intera America Latina. La politica
statunitense della provocazione e dell´aggressione diplomatica contro il
Venezuela segue lo schema “sostegno della guerriglia colombiana” (rifiuto di
collaborare nella “lotta contro il narcotraffico”) – destabilizzazione della
regione – condanna formale sulla base della Statuto democratico della OAS
(Organizzazione degli Stati Americani). Questo statuto prevede un attacco
multilaterale in caso di sospensione della democrazia e secondo la proposta
statunitense dovrebbe venire ampliato alla prossima assemblea generale fino ad
includere anche il caso di governi “neo-autoritari” democraticamente eletti.[5] Lo spostamento del punto principale della lotta anti-guerriglia alla frontiera
con il Venezuela nel corso del 2005 puಠrendere ancora più pesante la
situazione tra i due paesi. Azioni paramilitari di oppositori venezuelani con
il sostegno di soldati colombiani – nel maggio 2004 furono arrestati a Caracas
130 colombiani in uniforme militare venezuelana che pianificavano una falsa
ribellione militare contro Chávez; nel mese di novembre dello stesso anno fu
assassinato con un´autobomba il popolare magistrato Danilo Anderson – puntano
ad ottenere un intervento internazionale in una situazione di insicurezza e
instabilità .

L´approfondirsi della rivoluzione
bolivariana e il rafforzamento del movimento insurrezionale in Colombia, cioà¨
lo sviluppo dei movimenti rivoluzionari popolari nella regione, determineranno
la politica degli Usa, vale a dire se il regime statunitense si assumerà  il
rischio di un confronto aperto, se dunque lo scontro simbolico si trasformerà 
in scontro militare. Chávez sembra esserne consapevole e nel suo discorso in
occasione dell´anniversario del tentativo di rivolta del 4 febbraio 1992 ha
nuovamente indicato nella difesa territoriale ad opera di forti milizie
popolari, l´elemento centrale della sovranità  del paese. Anche le correnti
rivoluzionarie del movimento bolivariano sottolineano il legame esistente tra
l´approfondimento della rivoluzione e l´intervento imperialista. Queste ultime
dubitano tuttavia che le forze armate, nella loro struttura tradizionale,
sapranno condurre questa guerra di difesa.

Una rivoluzione senza la sinistra

Poichà© il rapporto di forza
interno tra “approfondimento della rivoluzione” e “normalizzazione del
raggiunto status quo” ਠil motore della dinamica antimperialista del processo
bolivariano, ਠnecessario analizzare gli sviluppi politici interni del
Venezuela, i quali a loro volta richiedono un breve excursus storico. La
rivoluzione bolivariana di Chávez ਠun processo che avviene al di fuori della
sinistra storica se non principalmente contro i tradizionali partiti della
sinistra del paese. Ne deriva da un lato, il particolare significato della
figura del presidente Chávez e dall´altro, il significativo vantaggio delle
correnti borghesi antirivoluzionarie nei rapporti di forza all´interno del
movimento bolivariano.

 

Il solo momento nel quale
storicamente le forze rivoluzionarie hanno effettivamente avuto un ruolo guida
fu la congiuntura politica determinatasi con la caduta della dittatura di Pà©rez
Jimà©nez nel 1958. Il Partito Comunista del Venezuela (PCV) fu la più importante
organizzazione della resistenza contro la dittatura. Nel quadro di una “Giunta
Patriottica” esso potà© inoltre estendere il proprio influsso su una parte della
base di Azione Democratica (AD). Tuttavia, a causa della mancanza di un
progetto politico riguardante la presa del potere, il PCV non fu in grado di
riempire il breve momento di vuoto di potere creatosi il 23 gennaio con la
caduta della dittatura a seguito di una ribellione di giovani ufficiali
patriottici di sinistra.

L´atteggiamento esitante del PCV
va ricondotto fondamentalmente alla imposta dottrina sovietica della
autolimitazione dei partiti comunisti, secondo la quale non si doveva condurre
una rivoluzione democratica popolare senza o contro i “partiti borghesi
democratici”, in questo caso l´AD di Romulo Betancourt. Questo permise ai
partiti tradizionali, AD, COPEI e UDR (v. nota 1) di superare la critica fase
di rottura e di instaurare, con il Patto tripartitico di Punto Fijo, un lungo
periodo di stabilizzazione che ridusse notevolmente le possibilità 
rivoluzionarie.

Di fronte alla instaurazione di
una nuova democrazia totalitaria e animata dalla vittoria della rivoluzione
cubana, la sinistra optಠper la resistenza armata. Dopo un breve allineamento
alla guerriglia, il Partito Comunista entrಠa partire dal 1965 nella sua fase
tragica, integrandosi con le elezioni del 1969 nel sistema borghese e finendo
per scontrarsi apertamente con il restante movimento guerrigliero. Tuttavia,
anche la stessa guerriglia non riuscଠa consolidarsi e dopo l´amnistia del
regime Caldera del 1969, fu nel corso dei primi anni ´70 sconfitta. La nuova
ondata di proteste degli anni ´70, guidata soprattutto dagli studenti, rimase
senza un orientamento unificante e incapace di sfidare un sistema che grazie
alla nazionalizzazione del petrolio nel 1974 aveva raggiunto una forte
stabilità  clientelare. Prodotto della opposizione politica degli anni ´70
furono due nuovi partiti di sinistra, il MAS (Movimento Al Socialismo) e Causa
R (Causa Radicale), entrambi proveniente dal PCV.

Nel 1989, il sollevamento
popolare noto come Caracazo aprà­ finalmente un nuovo periodo politico che segnà²
l´inizio della fine del sistema di Punto Fijo. In questi anni (1989-1998) i
partiti tradizionali della sinistra furono incapaci, tuttavia non solo a causa
della loro debolezza, di dare una direzione politica al malessere. Anzi, nella
speranza di poter guadagnare dalla crisi un capitale politico elettorale essi
si sono legati con offerte opportuniste di coalizione al cadente vecchio
sistema.[6]

Reale avanguardia, che aprଠal
momento storico possibilità  rivoluzionarie, furono i movimenti civil-militari
delle forze armate, sostenuti da singole personalità  politiche o da movimenti
della sinistra rivoluzionaria. La divisione tra i partiti della sinistra e i
militari patrioti del Movimento Bolivariano Rivoluzionario – 200 (MBR – 200),
che il 4 febbraio 1992 sotto la guida di Hugo Chávez intrapresero un tentativo
di sollevazione, non era dovuta tanto ad un paternalismo militarista quanto
piuttosto ad una sfiducia da parte della sinistra nelle possibilità  di una
sfida radicale al vecchio sistema. Il 4 febbraio Chávez visse dunque sulla
propria pelle il fallimento della sinistra la quale aveva promesso di sostenere
la ribellione militare con una sollevazione popolare, mentre in realtà  i camion
con le armi rimasero fermi inutilizzati. Con la vittoria elettorale del 1998,
si ਠaperto lo spazio per una avanguardia collettiva del processo bolivariano,
avanguardia che in legame organico con il popolo potrebbe condurre ad un
approfondimento della sconfitta della vecchia repubblica e mirare ad una nuova
struttura di potere. I partiti della sinistra hanno reagito differentemente
alla nuova situazione politica: MAS e Causa R si sono divisi, Bandiera Roja
(Bandiera Rossa), fuoriuscita dal MIR (Movimento della Sinistra Rivoluzionaria,
nato nel 1960 da una corrente di sinistra di AD), ਠpassata alla
controrivoluzione radicale e solo il piccolo PCV partecipa interamente alla
coalizione chávista – fedele alla sua storia di allineamento a tutte le
coalizioni che possono aprirgli possibilità  di cogestione istituzionale.

Le catene della borghesia statale

Se da un lato la sinistra non à¨
riuscita a dare una direzione al processo bolivariano, dall´altro lato parti
della à©lite venezuelana sono state pronte a penetrare nel nuovo regime. Per
poter comprendere quest´altro lato del parallelogramma di forze, ਠnecessario
analizzare la classe dominante venezuelana. L´oligarchia del Venezuela ਠsempre
stata storicamente strettamente legata allo Stato. Si tratta di una à©lite
politico-burocratico-economica i cui privilegi sociali provengono dal suo
controllo dell´apparato statale attraverso il quale essa controlla il flusso
della ricchezza petrolifera nazionalizzata nel 1974. Spinti da un´esigenza di
autoconservazione, una parte dei rappresentanti di questo vecchio sistema si
posizionಠcontro la svolta neoliberale del loro tradizionale apparato di
controllo statale, in particolare il partito Azione Democratica.

Questa “particolare borghesia
nazionale” e il suo esercito di politici di professione, dispongono di anni di
esperienza nell´apparato statale, la loro vita e la loro sopravvivenza sono
legate ai posti politici nella burocrazia statale.

La vittoria elettorale di Chávez
oltre alla sinistra ha diviso anche questa à©lite politica. La sinistra, non
avendo un reale progetto per una nuova struttura di potere si ਠsemplicemente
allineata nella coalizione chávista, mentre il popolo per quanto euforico e
mobilitato restava insufficientemente organizzato e politicizzato per poter
fondare un nuovo stato. In questo contesto molti elementi della vecchia à©lite,
con la loro vita lungamente preparata all´amministrazione statale e spinti da
un profondo istinto di sopravvivenza in quanto casta politica, si mostravano
pronti ad accettare le condizioni generali bolivariane, riuscendo a conservare
in tal modo la forma burocratica del vecchio sistema. I nuovi partiti politici,
in particolare il Movimento Quinta Repubblica (MVR, il partito di Chávez) e il
PTT (Patria per Tutti, una divisione di Causa R) diventarono i contenitori di
questi quadri politici ed amministrativi, con l´obiettivo di istituzionalizzare
il progetto bolivariano di sinistra e radicale che Chávez aveva sviluppato in
prigione e durante la battaglia elettorale e di fare della nuova Repubblica
Bolivariana una indistinta continuità  della vecchia IV Repubblica.

Luis Miquelena, capo iniziale del
Movimento Quinta Repubblica, era il simbolo stesso della continuità  della IV
Repubblica in queste nuove condizioni. Egli si schierಠcontro il piano chávista
di trasformazione del modello della democrazia rappresentativa in una nuova
“democrazia popolare partecipativa” il cui ideologo, William
Izarra, venne estromesso dalla dirigenza del partito (CTN, Comando Tattico
Nazionale). Il Movimento Quinta Repubblica si trasformಠin una tradizionale
macchina elettorale e amministrativa, che tuttavia fu capace di garantire a
Chávez nella prima fase del suo governo la stabilità  e il controllo voluti.

Lo scontro con la vecchia
opposizione (il colpo di stato del 2002, lo sciopero del settore petrolifero
nel 2002/03) ha tuttavia minato la normalizzazione. Il crescente attivismo
popolare e la radicalizzazione di Chávez dovuta a questo scontro hanno finora
impedito che questo settore conservatore prendesse la guida politica del
processo bolivariano.

Dopo l´accettazione di un
compromesso con l´opposizione reazionaria imposta dai partiti di coalizione
chávisti (riassunti nel “Commando Ayacucho), che ha permesso lo svolgersi del
referendum revocatorio nell´agosto 2004, Chávez ha dato inizio all´offensiva
contro i “partiti politici”. William
Izarra, richiamato alla guida dell´attivismo di base del Commando Maisanta,
commando istituito espressamente per il referendum, ha condotto e organizzato
con successo la mobilitazione per la conferma di Chávez al governo.

Per quanto questa frazione della
à©lite politico-economica bolivarianizzata non sia riuscita ad imporsi, essa à¨
ancora presente come fattore di potere decisivo in tutte le istituzioni
politiche, i partiti, i ministeri, i governatorati e i municipi, opponendosi
all´approfondimento della rivoluzione bolivariana. Solo una minoranza di destra
esprime apertamente il desiderio di un chávismo senza Chávez, ben sapendo che
gli attuali rapporti di forza renderebbero disperata una rottura con Chávez.
Tuttavia, grazie al potere di fatto che questa esercita attraverso il controllo
su diversi livelli del vecchio apparato statale ancora non sostituito e delle
sue sfere decisionali politiche e amministrative, la pressione borghesizzante
sul processo bolivariano resta dominante.

Le tre sfere del potere in
Venezuela

Cercheremo ora di inserire gli
elementi sopra analizzati in un quadro complessivo delle attuali dinamiche
politiche del Venezuela a partire dalle elezioni avvenute nel 2004. Dopo aver
perduto il referendum revocatorio da lei stesso indetto, l´opposizione ha
perso, nelle elezioni municipali e per i governatorati svoltesi il 31 ottobre
2004, tutte le posizioni influenti in tutte le province eccetto due. In questo
modo le possibilità  da parte della destra tradizionale di agire contro il
progetto bolivariano da posizioni di potere statali sono state praticamente
distrutte. L´anatomia dello stato venezuelano ਠora esclusivamente il prodotto
delle diverse forze presenti all´interno della corrente bolivariana.

La mancanza di una sinistra forte
fa sà­ che Hugo Chávez sia il fattore di potere decisivo per lo sviluppo del
processo di trasformazione. Soltanto Chávez ਠin grado di segnare il discorso
pubblico e di mobilitare il popolo. Questo dato di fatto esige una ipotesi
sopra la difficile ma decisiva questione della caratterizzazione della persona
Chávez. Se Chávez fosse stato interessato ad una normalizzazione della lotta
interna e ad un legame con l´imperialismo, magari come “strumento della
borghesia statale bolivariana”, dopo le elezioni di ottobre egli avrebbe potuto
imporre questo orientamento senza andare incontro ad una forte opposizione
popolare. La sinistra rivoluzionaria dal canto suo non avrebbe avuto alcuna
possibilità  di impedire un tale corso. Tuttavia, proprio in questo momento,
Chávez proclama, in aperta aggressione al “burocratismo e l´inefficienza” e la
continuità  dell´agire politico tipico della IV Repubblica nelle proprie fila,
il “salto in avanti”, il carattere antimperialista e sociale della rivoluzione
e l´obiettivo del potere popolare.[7]

Contrariamente al pragmatismo
politico dei politici neoliberisti che dominano su tutto e che amministrano
esclusivamente i dettami del mercato, Chávez segue chiaramente un progetto
politico-ideologico. Senza dubbio il suo agire ਠsegnato in modo sostanziale
dalle circostanze – la politica statunitense, lo scontro con la vecchia
opposizione e i rapporti di forza all´interno dello stesso blocco bolivariano.
Non si tratta tuttavia di un passivo adeguarsi alle circostanze quanto un
tentativo di cambiarle in base ad un piano di trasformazione dello stato.
Questo piano venne sviluppato, durante la sua permanenza in carcere, insieme ad
un gruppo di professori universitari della UCV (Università  Centrale di Caracas)
sotto la direzione di Jorge Giordani come linea guida della lotta elettorale e
del programma di governo, approvato nel 1996 dal MBR-200. Il programma,
intitolato Agenda Bolivariana Alternativa (AAB), prevede in una prima fase la
presa dei palazzi di governo per poi stabilire, in una seconda fase (Progetto
di Transizione Bolivariano, PTB), un nuovo modello di democrazia e, a lungo
termine, raggiungere l´unità  dell´America Latina coerentemente al sogno di
Bolivar (Progetto Nazionale Simon Bolivar, PNSB). Il “salto in avanti” à¨,
secondo l´analista politico Alberto Garrido, il passaggio dalla prima fase,
quella del cambiamento del governo nelle istituzioni tradizionali, alla seconda
fase, quello del modello della democrazia partecipativa.[8] L´attuale vice
ministro degli esteri, William
Izarra, uno degli ideologi dirigenti di questa nuova fase, scrive: “lo stato
riformista ਠancora, malgrado la Costituzione Bolivariana del 1999, dominante.
In mezzo al nuovo periodo del modello bolivariano si trova ancora lo stato
riformista che regola il collettivo nazionale. Questa contraddizione porta alla
fase transitoria dominante. La rivoluzione deve, se vuole avanzare nel proprio
cammino, cambiare la struttura della democrazia rappresentativa. Deve cambiare
e dissolvere l´attuale stato. Deve sostituire tutte le unità  politiche
burocratiche (come ad esempio gli impiegati municipali) attraverso le quali il
popolo viene dominato.”[9]

Ciಠci conduce direttamente alla
questione decisiva riguardante i meccanismi che possono imporre questo
cambiamento, il superamento del vecchio stato, la cui forza di fatto puà²
opporre una dura resistenza anche nei confronti della più radicale volontà  di
cambiamento. àˆ questa la sfida fondamentale di un progetto rivoluzionario senza
rivoluzione.

Consideriamo ora questo lato
dell´apparato statale che si trova tra Chávez e il popolo e che ਠdominato
dalla à©lite di politici bolivariani che abbiamo precedentemente analizzato. Nà©
la piccola sinistra venezuelana nà© il neo risorto attivismo popolare hanno
potuto finora sostituire, nella sua funzione di sostegno allo stato, questa
casta burocratica di politici di professione. In questo senso, la vittoria
elettorale di Ottobre ha portato alla paradossale situazione di rafforzare allo
stesso tempo sia il blocco chávista che l´influsso dei burocratici statali
navigati del bolivarianismo, che sono andati ad occupare i posti amministrativi
lasciando da parte la sinistra rivoluzionaria e l´attivismo popolare. Lo stesso
Chávez ha del resto puntato il dito contro questo problema, indicando la
necessità  di una politicizzazione del processo bolivariano, condannando più
volte ed energicamente il persistere del burocratismo e dell´economica
competitiva tra le propria fila ed esigendo una “rivoluzione nella
rivoluzione”.

Lo scontro tra il vecchio
apparato e il progetto di trasformazione chávista trova espressione nel
continuo cambio di ministri e nel tentativo di affiancare delle strutture
parallele al tradizionale apparato statale. Le missioni – la cui origine si
deve all´inefficienza di una campagna bolivariana di alfabetizzazione condotta
dal Ministero dell´Istruzione – hanno messo in campo un impressionante
attivismo di base il quale rappresenta, insieme alla sinistra organizzata, la
terza sfera del potere. Nel quadro del “salto in avanti” il Commando Maisanta
con le sue UBE (Unidades de Batalla Electoral, Unitá di Battaglia Elettorale) dovrebbe
riuscire a creare, secondo il piano di Chávez, le basi di una nuova struttura
di potere. Nuclei di tale struttura sono i Consigli Locali di Pianificazione
(Consejos Locales de Planificacià³n), i budgets partecipativi, il controllo
popolare della dirigenza amministrativa (Controlorà­a Social), progetti di
sviluppo endogeno e un ministero per la partecipazione popolare. Queste nuove
strutture dovrebbero essere coordinate direttamente dalla cancelleria del
presidente.

Il problema ਠche di fronte alla
debolezza della sinistra organizzata e alla mancanza di un concetto politico
chiaro nel giovane attivismo popolare, gli apparati burocratici tradizionali
possono avvalersi del loro vantaggio strategico per riuscire a penetrare e
controllare anche questi nuovi strumenti.

Anche la situazione economica
stabile del Venezuela presenta questo paradosso, fortificando sia il processo
bolivariano che il potere del vecchio apparato, in particolare nelle città  che
maggiormente profittano dei programmi di riforma sociale. Durante il sabotaggio
dell´industria petrolifera tra il 2002 e il 2003 e la paralisi degli strumenti
statali tradizionali, la situazione straordinaria permise all´attivismo
popolare di assumere un ruolo guida. Il consolidamento della situazione, viceversa,
portಠdi nuovo alla istituzionalizzazione e burocratizzazione delle nuove
iniziative (come ad esempio i mercati alimentari statali MERCAL).

Nel campo, ancora fortemente
segnato dal latifondo e con una presenza statale storicamente debole, lo
scontro ਠal contrario più forte. Ciಠha permesso l´emergere da protagonista di
organizzazioni popolari indipendenti come il rivoluzionario Fronte Nazionale
Contadino Ezequiel Zamora (FNCEZ), mentre le iniziative istituite dall´alto ad
opera delle à©lites politiche come la Coordinazione Agraria Nazionale Ezequiel
Zamora (CANEZ) o la Federazione Nazionale dei Contadini (FNC) sono rimasti
degli apparati burocratici isolati o senza un influsso importante sul reale
movimento contadino. Il FNCEZ cresciuto storicamente e con legami organici con
i comuni contadini soprattutto nella regione centrale e in quella di confine
(Llanos) ਠdiventato il punto di cristallizzazione della lotta contadina. Lo
scontro con la burocrazia bolivariana del Ministero per la Riforma Agraria e con
gli Istituti Locali di Riforma Agraria (INTI) ਠconseguentemente forte, e
l´esigenza di un canale di contatto diretto con il presidente, che travalichi i
canali statali tradizionali, ਠl´esigenza principale. Per i contadini
organizzati, soltanto con una conoscenza diretta della realtà  del conflitto per
la terra puಠessere condotta la “guerra al latifondo” proclamata da Chávez.
Allo stesso modo soltanto attraverso il potere stesso del popolo organizzato
puಠessere condotta la trasformazione del paese. Lo stesso Chávez, nel suo
discorso sul “salto in avanti”, ha più volte denunciato la mancanza di
informazioni, il ritardo o l´intercettazione di queste ultime nella rete
burocratica delle istituzioni. Questa congiuntura spiega il motivo per il quale
molte iniziative e idee di Chávez per la promozione dell´attivismo popolare e
per la costruzione di una nuova struttura statale diventino lettera morta nella
loro fase di concretizzazione ad opera degli organi esecutivi. Si tratta di una
combinazione di un più o meno consapevole contenimento messo in atto dalla
burocrazia statale che teme una nuova forma istituzionale e di una inefficienza
strutturale dovuta ai lunghi cammini formali dello stato borghese.

Esistono anche casi in cui il
sussistere di vecchi e nuovi abusi ਠa Chávez ben noto senza che tuttavia egli
intervenga. Tra questi l´agire repressivo del generale Bracho, l´attuale
comandante del Teatro di Operazione n. 1 (Teatro de Operaciones N°1) al confine
con la Colombia, il quale interviene in modo sistematico contro la forte
sinistra rivoluzionaria presente in questa regione. In questo caso emerge un
chiaro scetticismo da parte di Chávez nei confronti di iniziative
rivoluzionarie che avvengono al di fuori del suo diretto controllo, scetticismo
che non puಠessere spiegato esclusivamente attraverso l´esperienza storica
negativa di una sinistra debole, inaffidabile e volubile. La lealtà  politica
nei confronti di Chávez anche da parte della sinistra rivoluzionaria ਠprofonda
in tutte le organizzazioni. Tuttavia, le forze bolivariane indipendenti
seguono, al contrario delle neo istituite strutture, per lo più statali o
semistatali (nate sotto l´impulso di iniziative popolari) una propria dinamica
e metodi propri di lotta. L´impossibilità  di un “contatto diretto” con il
presidente da parte del movimento rivoluzionario bolivariano non si puà²
spiegare che con un atteggiamento paternalistico, forse anche egocentrico,
nella concezione politica dei militari patriottici di sinistra i quali solo con
grande difficoltà  sono disposti ad accettare un elemento di potere avente una
propria vita politica. Queste forze sono inoltre al momento troppo deboli per
costituire un elemento di potere sufficiente a spingere Chávez, in questo senso
fin troppo pragmatico, a correre il rischio dell´esperimento di una nuova forma
istituzionale contrapposta all´apparato tradizionale.

Lo scontro tra la sinistra e
l´attivismo popolare da un lato, e la borghesia statale bolivariana dall´altro,
si concentrerà  nel prossimo periodo – fino alle elezioni del 2006 –
essenzialmente sulla lotta per l´occupazione dei posti politici dello stato
tradizionale, in quanto una struttura di potere popolare completamente nuova à¨
al momento irrealistica. La lotta per l´indebolimento della à©lite tradizionale
all´interno dell´apparato statale, dal livello locale delle municipalità  fino a
quello parlamentare – nel corso del 2005 ci saranno elezioni in ciascuno di
questi settori – metterà  alla prova la capacità  della sinistra rivoluzionaria
di agire sul piano politico come una forza nazionale, in modo da canalizzare in
un progetto politico l´attivismo popolare messo in moto da Chávez. La sinistra
ha in questo campo un concorrente potente, il Movimento Quinta Repubblica,
anch´esso consapevole di questa sfida, che puಠavvalersi politicamente della
forza dovuta all´essere il “partito del presidente”. La vecchia à©lite non ha
dunque in questo partito soltanto uno strumento di penetrazione nelle posizioni
di potere amministrative e politiche, ma anche quello per canalizzare il nuovo attivismo
popolare. Con la sua recente campagna di reclutamento, il MVR si prepara
preventivamente alle prossime campagne elettorali. Ciಠpuಠportare a frizioni
sulla distribuzione dei posti sia all´interno dello stesso MVR – un vero e
proprio partito-raccoglitore che unisce attorno alla figura di Chávez politici
disertori di AD, carrieristi politici come anche sinceri rivoluzionari chávisti
-, che tra il MVR e gli altri partiti chávisti. Già  in febbraio infiammava il
dibattito tra i partiti chávisti sulle quote dei mandati e su un nuovo statuto
del MVR che assicuri maggiore influsso alla base sulla scelta dei candidati.
Questa proposta, lanciata da Chávez stesso, almeno secondo la stampa
venezuelana vicina al presidente, ਠstata immediatamente negata dalla dirigenza
del MVR, il CTN (Comando Tattico Nazionale). Il fattore comunque decisivo per
dar forza all´opzione tesa ad un approfondimento della rivoluzione dipende
dalla capacità  delle forze organizzate della sinistra bolivariana di riuscire a
presentarsi come componente politica nazionale in modo da apparire un punto di
riferimento credibile tanto all´opinione pubblica quanto al presidente e poter
in tal modo penetrare nel terreno stesso della vecchia à©lite, un campo finora
impenetrabile e che si frappone tra il popolo e il presidente.

La rottura rivoluzionaria in
direzione del potere popolare come risultato esclusivo dell´approfondimento
della rivoluzione attraverso la crescita graduale dell´organizzazione e
politicizzazione del popolo appare tuttavia inverosimile: fino a quando la
macrostruttura delle à©lites politiche non sarà  entrata in crisi, la sinistra
non potrà  colmare il vantaggio politico di queste ultime. Le vecchie strutture
restano pertanto un campo fondamentale della lotta politica.

La sinistra bolivariana: da
movimento popolare a opzione politica

La sinistra rivoluzionaria
bolivariana ha origine nella maggior parte dei casi nei centri storici dalla
lotta del movimento popolare. In ambiente cittadino ne fanno parte
organizzazioni con una lunga presenza nei quartieri poveri. La più famosa e la
più forte ਠla Coordinadora Simà³n Bolivar (CSB). Fondata nel 1992, la
Coordinadora à© da decenni presente in tutti gli scontri avvenuti nel Barrio 23
Gennaio a Caracas. Un gruppo simile ਠil “Progetto Nostra America – Movimento
13 aprile (PNA – M13A) nel quartiere La Vega sempre a Caracas. Tra le
organizzazioni studentesche il progetto Utopia ਠriuscito a divenire un punto
di riferimento e ad ottenere un certo influsso anche in altri stati al di fuori
di Caracas (per esempio nello stato Lara).
Anche se la trotzkista OIR (Opzione della Sinistra Rivoluzionaria) non si
considera una forza bolivariana in senso stretto, essa pure sostiene il
presidente Chávez. La sua area di influenza ਠil movimento sindacale UNT (Unione
Nazionale dei Lavoratori) e ha il suo punto di forza nello stato Aragua; la OIR
ha inoltre un ruolo di primo piano nel gruppo informativo aporrea.org.
Un´organizzazione più recente, che ਠperಠriuscita a raccogliere più movimenti
popolari e che numericamente come pure rispetto alla propria diffusione in
diversi stati ਠda considerarsi tra i più forti e indipendenti movimenti della
sinistra bolivariana, ਠil Movimento di Basi Popolari (MBP) nel quale si sono
raggruppati il Fronte Nazionale Contadino Ezequiel Zamora, il movimento
studentesco UFI delle università  dei Llanos (UNELLEZ) e il gruppo giovanile
Patria Joven. Il Movimento ਠattivo in modo particolare nelle province di
confine Apure, Tachira, Zulia, come pure negli stati Portuguesa e Barinas. La loro
presenza a Caracas ਠfinora limitata, ragion per cui essa non compare nello
spettro politico della sinistra cittadina nà© nelle loro iniziative. Benchà© di
altro tipo, anche il movimento guerrigliero FBL-EL (Forze di Liberazione
Bolivariane-Esercito di Liberazione) puಠessere considerato parte della
sinistra bolivariana.

Questi movimenti rivoluzionari
mostrano, in comparazione alle innumerevoli iniziative che abbiamo
caratterizzato come attivismo popolare, una storia più lunga, un conseguente
consolidamento organizzativo e una propria identità  politica. La loro debolezza
principale ਠil loro ridursi sul piano locale, regionale o sociale, che non ha
finora permesso loro una sufficiente visibilità  come punto di cristallizzazione
politico sul piano nazionale. I tentativi di superare questo limite attraverso
strutture di coordinamento tra le diverse organizzazioni fautrici di un
approfondimento della rivoluzione verso il potere popolare, non sono andati
oltre le dichiarazioni d´intenti e non si sono potute consolidare. Oltre ad una
paura quasi naturale – che tuttavia non ਠper ciಠstesso meno problematica – di
perdere il proprio ambito di influenza costruito negli anni, a favore di
organizzazioni concorrenti, il fallimento di tali tentativi nascondono anche un
altro problema politico, ossia una sottovalutazione della sfera politica e
statale a favore di un´accumulazione di forza sociale. Se da un lato, la
sinistra ha potuto effettivamente crescere in modo vistoso nei cinque anni di
governo Chávez, essa non ਠtuttavia riuscita ad uscire dalla propria immediata
sfera di influenza e ad irrompere in modo sostanziale nel discorso politico e
ad avere un influsso sulla società  venezuelana. Indubbiamente, la
radicalizzazione dello stesso presidente e il suo “riprendere” i concetti
fondamentali della sinistra (approfondimento della rivoluzione, potere
popolare, antimperialismo) hanno reso più difficile un posizionamento
indipendente, in quanto Chávez appare alla coscienza del popolo come il
migliore e unico strumento per il raggiungimento delle proprie esigenze.

Per poter trasferire il ruolo
guida unico di Chávez ad un´avanguardia collettiva, la presenza della sinistra
nell´arena politica ਠdecisiva. Tuttavia, l´approfondimento della rivoluzione e
il potere popolare appaiono sovente esclusivamente come risultato della
crescente organizzazione e politicizzazione delle organizzazioni popolari al di
fuori dallo stato. La critica ai vecchi partiti politici e all´apparato
burocratico portano spesso ad un atteggiamento “antipolitico”. Tale
atteggiamento à© indubbiamente segnato anche dall´influsso esercitato dal
discorso dominante a livello internazionale, vale a dire quello della
cosiddetta “società  civile” o dei “movimenti sociali” operanti all´interno
della sinistra, come nel caso del movimento antiglobalizzazione. Ma poichà© il
vecchio stato e il suo meccanismo elettorale restano ancora l´elemento di
potere principale, e decidono il futuro del processo, questo freno nella
costruzione di uno strumento politico che si contrapponga alla vecchia à©lite
anche nel suo proprio terreno, ha portato ad un ritardo della sinistra anche
rispetto alle proprie possibilità  e ad un´incontestabile presa di iniziativa da
parte dei molto criticati partiti politici chávisti.

Soltanto il più recente MBP ha
formulato chiaramente l´obiettivo di uno strumento politico bolivariano
indipendente rispetto ai partiti politici. Finora i suoi successi, in
particolare la vittoria ottenuta a Guasdualito (Apure) del proprio candidato a
sindaco (Josà© Pepete Alvarado) contro il candidato del MVR, potrebbero
diventare un catalizzatore per un´alternativa politica unitaria della sinistra
rivoluzionaria per le prossime elezioni, una unione capace di guidare la lotta
per il potere popolare dal basso e dall´alto.

Note

[1] Il patto sancito nel 1958 tra
i partiti Accià³n Democratica (AD, Azione Democratica; partito social-riformista
e populista, membro dell´Internazionale Socialista), il Comità© de Organizacià³n
Polà­tico Electoral Independiente (COPEI, Organizzazione Politica Elettorale
Indipendemente; partito cristiano-democratico dell´oligarchia) e la Unià³n
Democrática Republicana (UDR, Unione Democratica Repubblicana; partito liberale
di sinistra), creಠun sistema chiuso di democrazia controllata con forti
elementi corporativi.

[2] vedi: Josà© Carlos Mariategui
(1929): Antiimperialistischer Gesichtspunkt, in Mariategui: Revolution und
peruanische Wirklichkeit, isp-Verlag 1986, pag. 155 e sgg.

[3] La IV Repubblica – il sistema
di Punto Fijo – comprende il periodo dal 1958 fino alla nuova Costituzione del
1999 con la quale si ਠistituita la Repubblica Bolivariana del Venezuela.

[4] vedi: Alberto Garrido (2005):
Revolucià³n Bolivariana 2005. Notas, Ediciones del Autor, Caracas 2005, pag. 79
e sgg.

[5] El Tiempo, 26. Februar 2005,
http://eltiempo.terra.com.co/inte/latin/noticias/ARTICULO-WEB-_NOTA_INTERIOR-1989922.html

[6] vedi: Dorothea Melcher: Venezuela
– Reformismus und Radikalismus in einem Erdölland. In: Die Linke in
Lateinamerika. Analysen und Berichte (1997), Neuer ISP Verlag, pag. 176 e segg.

[7] Intervencià³n del Presidente
el Dà­a 12 de Novembre del 2004. Edito da Marta Harnecker

[8] a.a.O, pag. 83 e sgg.

[9] in Garrido, a.a.O., pag. 123

Marzo 2005

 

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