della Resistenza irachena. Considerando la propria battaglia non solo come
lotta di liberazione nazionale ma pure come Jihad, questa organizzazione ਠda
annoverare tra quelle islamiche combattenti. Essa fa a sua volta parte di un
blocco chiamato “Fronte del Jihad e della Riforma”, ufficialmente costituitosi
nell’aprile 2007. Di questo fanno parte “L’Esercito Islamico in Iraq”,
“L’Esercito dei Mujahideen”, “Hamas in Iraq” e il “Gruppo dei difensori della
Sunna” (Jamaat Ansar al-Sunna).
Il “Fronte del Jihad e della Riforma”, ਠuno dei più fermi
avversari delle pratiche settarie, militariste e antishiite dei gruppi
jihadisti-salafiti a loro volta raggruppati nel Consiglio o “Shura dei
Mujahideen” alias “Stato Islamico dell’Iraq”. In questa intervista “L’Esercito
dei Rashidin”, pur stigmatizzandolo,
riconosce che sia in atto un grande scontro tra le due principali comunità
religiose, scontro che ha causato milioni di sfollati, sia shiiti che sunniti,
portando a zone o quartieri confessionalmente omogeni.
Americani: non inseguite miraggi, vi combatteremo fino all’ultimo uomo
Intervista all'”Esercito dei Rashidin” (Jaish al-Rashidin)
Quella che segue ਠun’intervista al leader dell’Esercito dei Rashidin, Adil al-Zahawi (il nome del leader viene rivelato per la prima volta), pubblicata il 2 ottobre 2007 dall’agenzia Haq.
Parlaci degli inizi.
L’Esercito dei Rashidin ਠstato creato sin dai primi giorni dell’occupazione, ha cominciato a raccogliere le armi che erano rimaste a Rustamiya [dove c’era un accampamento militare dell’Esercito iracheno regolare] e nelle altre periferie di Baghdad, e si ਠdichiarato militarmente nove giorni dopo l’occupazione di Baghdad, quando dei nostri combattenti hanno portato un attacco a una pattuglia dell’esercito occupante, e il 18 aprile 2003 ci siamo scontrati con una pattuglia di polizia nel quartiere di Nafaq al-Shurta, nella zona di al-Khark a Baghdad [zona ovest di Baghdad], dopo la preghiera pomeridiana del venerdà¬. Non abbiamo documentato questi attacchi con riprese o immagini, poichà© all’epoca non adottavamo questa tattica.
L’Esercito dei Rashidin ਠpresente in diverse parti dell’Iraq, in province sia del Nord sia del Sud, come potete notare se guardate i video dei nostri arracchi.
Cosa ci dici dell’agenda e degli obiettivi politici?
Quelli che seguono sono alcuni dei tratti salienti del nostro programma politico; chiunque ne voglia sapere di più puಠconsultare il programma proposto dal Fronte per la jihad e la riforma, di cui facciamo parte.
1. Resistenza armata e cooperazione con i gruppi che non sostengono l’occupazione e riconoscono che le Resistenze, come rappresentanti legittime dell’Iraq, hanno diritto all’autodeterminazione.
2. Impegno per ricostruire una società politica e uno Stato iracheno fondati sulla giustizia, e impegno a creare istituzioni che siano al servizio della comunità e garantiscano una vita dignitosa a tutti gli Iracheni.
3. Impegno per la liberazione dell’Iraq dall’occupazione straniera e il raggiungimento della piena indipendenza; per assicurare la libertà personale e la piena indipendenza economica e politica, e rifiutando qualsiasi ingerenza negli interessi nazionali da parte di forze esterne; e per costringere gli occupanti a risarcire il popolo iracheno di tutti i danni morali e materiali dovuti all’invasione e alle conseguenze da essa portate.
4. Impegno per liberare tutti i prigionieri sia dalle carceri degli occupanti sia da quelle governative; onorare i martiri che hanno pagato il prezzo più alto per la libertà .
5. Identificazione dell’Iraq come uno stato arabo e islamico, le cui risorse appartengono a tutti gli Iracheni senza distinzioni.
6. Illegalità della costituzione, delle leggi e dei trattati che sono stati promulgati dopo l’occupazione, che offendono la sovranità e gli interessi dell’Iraq.
7. Rifiuto di accettare gli spostamenti [spesso dovuti a motivi religiosi] a cui la popolazione ਠstata costretta durante l’occupazione, e impegno per risolvere le dispute sorte prima dell’occupazione, da perseguirsi quando le circostanze saranno favorevoli, quando cioਠgli occupanti si saranno ritirati, e tenendo conto della specificità della questione curda, che sarà discussa con i fratelli curdi sotto l’egida della Giustizia e nella cornice di uno Stato iracheno libero e indipendente.
Siete certi che le forze occupanti si ritireranno? Cosa avete in mente per la fase successiva al ritiro?
Sà¬, ne siamo certi, poichà© la nostra terra non si ਠmai piegata a un occupante, in alcuna occasione: se guardate alla Storia, vedrete che potenze brutali hanno sempre preso di mira l’Iraq, ma ogni loro tentativo ਠfallito. I figli di questa terra benedetta hanno dedicato sà© stessi a conservare la propria libertà .
Riguardo alla domanda sui nostri propositi per dopo il ritiro delle forze nemiche, siamo convinti che l’espulsione degli occupanti fornirà un terreno favorevole a tutti gli Iracheni, i quali hanno imparato una dura lezione con l’esperienza degli scontri etnici e confessionali provocati dall’invasione: questo sarà loro d’aiuto nella scelta di una forma statale appropriata, che faccia gli interessi della loro religione, del loro paese e delle generazioni future. Gli Iracheni sapranno fare la scelta giusta.
Si dice che le fazioni jihadiste portino la colpa di aver lasciato la città di Baghdad in mano alle milizie e alle forze d’occupazione: cosa ne pensi?
Le fazioni della Resistenza non hanno mai abbandonato Baghdad, ma ਠnella natura della guerra utilizzare tattiche differenti: i gruppi jihadisti stanno usando diverse tattiche basate sugli attacchi lampo quando non possono rimanere sul territorio o in una zona particolare per non essere facili bersagli, il che ਠun rischio concreto, soprattutto considerando che molte persone, che sono entrate al seguito degli occupanti, stanno ancora lavorando come loro spie.
Cosa ci dici dei recenti scontri tra gruppi della Resistenza?
Noi dell’Esercito dei Rashidin abbiamo sempre mediato tra le fazioni della Resistenza: tutti i combattenti sono fratelli e i fucili vanno diretti solo contro il nemico.
Crediamo che un combattente pronto a sacrificarsi per la sua religione e la sua patria sia più attento di altri a non spargere sangue inutilmente.
In molte situazioni abbiamo dovuto rimandare le nostre operazioni contro il nemico, poichà© sapevamo che rischiavamo di colpire dei civili: presto pubblicheremo dei video a conferma di cià².
Cosa ci dici delle trattative tra alcuni gruppi della resistenza e persone al soldo delle forze d’occupazione, all’interno del cosiddetto “processo politico”? Sono parte del problema?
Noi non abbiamo nessuna fretta di sederci a negoziare con l’occupante, e non intratterremo contatti con esso, a meno che non siano preceduti da un accordo firmato che stabilisca princà¬pi condivisi e garanzie, e che la decisione non sia concordata tra i maggiori gruppi combattenti – e a Dio piacendo in questi giorni hanno cominciato ad emergere segni di unità tra i gruppi, il che renderà più facili i negoziati, quando verrà il momento.
L’anno scorso avete diffuso un video in inglese, intitolato The code of silence (“Il codice del silenzio”). Come giudichi i risultati dei media jihadisti in generale? E voi, avete novità ?
Generalmente, non ਠpossibile fare un parallelo tra i mezzi di comunicazione dei jihadisti e le loro operazioni militari, per tre motivi:
Innanzitutto, ci sono la forza e la capacità pervasiva della macchina mediatica del nemico, che si distingue per grande professionalità , capacità e raggio d’azione.
Poi viene l’esperienza limitata di coloro che si dedicano alla comunicazione jihadista, che hanno dunque bisogno di un lungo periodo di pratica per acquisire le capacità necessarie.
Infine c’ਠil silenziamento praticato da molti media, e sfortunatamente ciಠvale anche per alcuni media di riconosciuta obiettività professionale.
In The code of silence spieghiamo alcuni aspetti della nostra attività , specialmente per quanto riguarda la nostra capacità di raggiungere gli obiettivi che ci diamo. Il filmato ਠstato diffuso in due lingue, arabo e inglese, e ci siamo rivolti al Presidente americano con un messaggio chiaro: li sconfiggeremo, e la vittoria sarà nostra.
Ho il piacere di annunciare ai lettori, attraverso il vostro sito, che l’ufficio stampa dell’Esercito dei Rashidin sta per rilasciare un nuovo video che, come The code of silence, sarà rivolto al pubblico americano.
Recentemente ਠstata annunciata la formazione del Fronte per la Jihad e la Riforma. Fronti come questo favoriscono la Resistenza?
Qualsiasi sforzo di unificare i gruppi che resistono all’occupazione favorisce ovviamente la Resistenza, oltre a essere un dovere e una necessità nazionale.
Ci sono stati cambiamenti o sviluppi a seguito dell’emergere di questi fronti?
Non vogliamo fare pronostici in queste prime fasi, comunque al momento non riveleremo i nostri piani, per tenere il nemico in uno stato di allerta e tensione nervosa.
Come immaginate la forma di governo dell’Iraq dopo la fine dell’occupazione?
Come abbiamo detto in precedenza, crediamo che il ritiro degli occupanti darà agli Iracheni un terreno favorevole, e che gli Iracheni si accorderanno tra loro sulla forma di governo da adottare, che sarà basata sull’eredità islamica e araba che appartiene alla maggioranza della popolazione, ma terrà conto dei diritti delle minoranze.
Cosa ci dici del recente conflitto tra i partiti sciiti e la Resistenza? E’ un bene o un male?
Noi generalmente rifiutiamo queste suddivisioni e l’utilizzo di una simile terminologia confessionale, poich੠ਠuna mentalità arrivata con l’occupazione, la quale ha cercato di utilizzarla per i propri fini.
Generalmente dividiamo la società irachena in due categorie: coloro che sono contro l’occupazione, e tra di essi ci sono Iracheni di tutti i tipi; e coloro che collaborano con l’occupazione, e anche questa categoria include ogni sorta di Iracheni: arabi, curdi, turkmeni, musulmani, crisitani, sunniti, sciiti. Noi non consideriamo questo conflitto come un conflitto contro una comunità , che sia sciita o meno: esso ਠdovuto al fatto che alcune forze collaborano con gli occupanti.
Per finire, un messaggio ai gruppi jihadisti, al popolo iracheno, e al popolo americano?
Ai fratelli e compagni della Jihad diciamo: siate fieri e restate uniti.
Al popolo iracheno diciamo: siete il nostro sostegno, siate pazienti, non abbandoneremo voi nà© il Paese.
Al popolo americano diciamo: pe quanto tempo ancora volete inseguire un miraggio? Dite ai vostri leader di tornare in sà© e cercare di preservare ciಠche rimane del nostro sangue e del sangue dei vostri soldati. Non verremo meno al dovere di combattere i vostri soldati, continueremo a combattere fino all’ultimo uomo.