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PRIMA DELLA NUOVA TEMPESTA

12. February 2008

La minaccia di attacco USA all’Iran e la questione irachena
Dal Notiziario dell’11 Febbraio

La Repubblica Islamica dell´Iran, pur nell´avvicendarsi di governi diversi, rappresenta un ostacolo insormontabile alla realizzazione del “Grande Medio Oriente”. Tehran, perseguendo il legittimo obbiettivo di sfuggire alla punitiva divisione internazionale neocolonialista del lavoro, non potrà  trovare la via del proprio sviluppo economico e sociale senza difendere e consolidare la propria sovranità  e questo, in un contesto segnato dalla supremazia dell´imperialismo, implica spezzare l´accerchiamento, costruire una cintura difensiva e quindi contrastare Israele, che resta la punta di lancia e la principale roccaforte della supremazia nordamericana.

La Repubblica islamica dell´Iran ਠdunque costretta a svolgere un ruolo antiamericano e antisionista ovvero, in questa fase, un ruolo antimperialista. Ciಠਠattestato dall’appoggio deciso di Teharan non solo ad Hezbollah in Libano ma pure ad Hamas in Palestina.
Gli Stati Uniti tenteranno in ogni maniera di ottenere quello che chiamano il regime change. Ove non vi riuscissero con le pressioni politiche, le cospirazioni interne in stile rivoluzione arancione, i ricatti, le minacce e le sanzioni, non v’ਠdubbio che essi sono pronti a scatenare un’attacco missilistico, senza escludere una vera e propria guerra d´aggressione.

Noi sosteniamo il diritto all`autodifesa dell’Iran, non solo in caso di guerra, ma anche contro eventuali sanzioni ed embarghi che sarebbero solo un modo di tenerlo sotto assedio al fine di fiaccarlo in vita del definitivo confronto militare.

Va animata una campagna internazionale allo scopo di costruire un movimento unitario e inclusivo contro lquesta minaccia. Non ci nascondiamo le grandi difficoltà  di questa impresa. Abbiamo già  a che fare con una martellante e insidiosa propaganda antiraniana tendente ad isolare non solo l´Iran ma ogni movimento contro la guerra. La difesa dell´Iran sarà  linciata, diffamata e condannata in modo virulento.

Mentre appoggiamo in linea di principio l´indipendenza e l´integrità  territoriale del paese e il suo diritto a difendersi da eventuali attacchi dell`imperialismo, condanniamo la politica interna del regime quando essa reprime con la forza i movimenti sociali di protesta, anzitutto quelli degli strati più oppressi, quando reprime i diritti delle minoranze nazionali, quando nega elementari diritti democratici e civili.

Le conseguenze della spinta americana a spostare e concentrare le proprie forze in vista del rovesciamento della Repubblica islamica iraniana si fanno sentire pesantemente in Iraq.

Washington non avrebbe potuto rovesciare il regime baathista e installare a Baghdad un regime fantoccio senza il lasciapassare e l’ausilio dell’allora governo dell’Aiatollah Mohammad Khatami. Quest’avallo che quel governo fornଠritenendo l’occupazione USA come preferibile rispetto alla sopravvivenza del regime baathista, resta una macchia indelebile nella politica iraniana.

La poderosa ascesa della Resistenza sunnita e il fallimento americano di debellarla con l’assalto frontale incrinarono la già  traballante gestione condominiale degli affari iracheni. L’avvento al potere di Ahamdi Nejad (agosto 2005), e l’attacco criminale alla moschea di shiita di Samara (gennaio 2006), segnano simbolicamente l’avvio di una seconda fase per l’Iraq occupato. I due settori principali della Resistenza sunnita, quello “qaedista” da una parte e quello baathista dall’altra —il primo a causa del proprio takfirismo che condanna gli shiiti come apostati, infedeli e nemici giurati del vero Islam, il secondo a causa del cieco nazionalismo antipersiano che considera gli shiiti come safavidi—, hanno preso a colpire la comunità  shiita come nemico principale. Lungi dall’indebolire l’occupazione questa strategia si ਠrivelata un vero e proprio suicidio.

Gli americani hanno prima fomentato lotta fratricida tra le due principali comunità  religiose poi, ponendosi come arbitri, hanno chiamato ad una nuova alleanza per stroncare le formazioni guerrigliere “qaediste” da una parte, e le milizie shiite dall’altra. La mossa americana ha sortito i suoi effetti. La Resistenza sunnita, già  incapace a unirsi in un fronte unito, si ਠdivisa in maniera irreparabile. Dopo i primi scontri armati (primavera 2007) alcuni settori della Resistenza, allo scopo di contrastare le frazioni qaediste da una parte, e di combattere la “pulizia etnica” portata avanti da numerose milizie shiite dall’altra, decidono di collaborare con gli occupanti. In questo contesto gli americani non solo mettono sul loro libro paga migliaia di ex-guerriglieri ma obbligano il governo fantoccio a riabilitare gli ex-funzionari baathisti.

L’Iraq ਠdunque entrato in una nuova terza fase. Il governo di Tehran, deve contrastare ogni stabilizzazione dell’occupazione (necessaria agli americani in vista di un conflitto con L’Iran), non puಠdunque accettare che vengano annientate le milizie shiite, anzitutto quelle del Mahdi riconducibili alla zigzagante guida di Moqtada al-Sadr. D’altra parte il processo di ricomposizione della Resistenza sunnita, dopo la fase di disgregazione iniziata nel 2006, sotto l’incalzare degli eventi, produrrà  i suoi frutti. E’ la determinazione americana a consolidare l’occupazione e a spazzare via la Repubblica islamica iraniana a fornire alla Resistenza radici profonde.

Il Campo Antimperialista continuerà  a indirizzare tutti i suoi sforzi nel sostegno alla Resistenza irachena, augurandosi che essa sappia trovare forme e vie nuove, lasciandosi alla spalle il triste periodo del fanatismo religioso e del cieco nazionalismo. Il popolo iracheno, che ha il grande merito storico di aver mostrato al mondo che si puಠcombattere la potenza imperiale più forte di tutti i tempi, non potrà  infatti liberarsi contando solo sulle proprie forze. C’ਠbisogno di battere gli Stati Uniti, ci cacciarli dal Medio Oriente, e ciಠrichiede una lotta di lunga durata e l’unione più ampia dei popoli della regione.

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