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Notiziario del 20 Agosto

23. August 2008
Questo Notiziario contiene:

1. TERZO FRONTE
COME SI FA L’ANTIMPERIALISMO IN OCCIDENTE – ISOLA POLVESE, LAGO TRASIMENO (PG) 29-31 AGOSTO 2008
2. LA NOSTRA POSIZIONE SUL CONFLITTO IN GEORGIA
3. UNA VOCE COMUNISTA DALLA RUSSIA
Gli Stati Uniti sono responsabili per il massacro di Tskhenvali, ma attenzione agli appetiti imperiali della Russia
4. UN DISPERATO APPELLO DALL’INFERNO CARCERARIO AFGANO

1. TERZO FRONTE
COME SI FA L’ANTIMPERIALISMO IN OCCIDENTE

PROGRAMMA DEGLI INCONTRI

Giovedଠ28 agosto, pomeriggio
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ARRIVI E SISTEMAZIONI

Venerdଠ29 agosto
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Prima sessione, ore 9.00

Grecia: AUTONOMIA E UNITA’
Gli antimperialisti, la solidarietà  con le Resistenze e il Social Forum

Seconda sessione, ore 15,00

Gran Bretagna: UN CASO ESEMPLARE
Come la sinistra antimperialista ha costruito l’unione con le comunità  islamiche e degli immigrati

Sabato 30 agosto
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Terza sessione, ore 9,00

Stati Uniti d’America: DOPO l’11 SETTEMBRE
Gli antimperialisti sotto il tallone del bushismo

Quarta Sessione, ore 15,00

Israele: VIETATO ESISTERE
La lotta degli antimperialisti dall’Intifada alla sconfitta israeliana in Libano

Quinta sessione, ore 22,00

SUMUD
Teoria e pratica del “volontariato antimperialista”

Domenica 31 agosto

Sesta sessione, ore 9,00

L’ANTAGONISMO ZOPPO
Gli antimperialisti italiani: teorie e pratiche a confronto

Le partenze sono previste nel pomeriggio

2. LA NOSTRA POSIZIONE SUL CONFLITTO IN GEORGIA

1. Gli antimperialisti sostengono in linea di principio il diritto all’autodeterminazione di ogni popolo. Stabilito che il popolo e solo esso ha la facoltà  di decidere del proprio destino, l’esercizio di questo diritto puಠessere concretamente declinato in diverse maniere. La secessione, ovvero la costituzione di uno Stato indipendente e separato ਠsolo una forma possibile del diritto all’autodeterminazione. Un popolo puಠinfatti decidere di far parte di una più vasta comunità  federativa di popoli e di nazioni. In generale ਠquesta la forma che come antimperialisti peroriamo, non solo in virtù dei nostri ideali internazionalistici di fratellanza, ma anche in base alla elementare considerazione politica che la proliferazione di piccoli stati corrisponde proprio agli interessi strategici dell’imperialismo americano, che da tempo rappresenta la principale potenza imperiale e quindi il nemico numero uno della libertà  e di tutti i popoli oppressi.

2. Questa linea generale di sostegno ad ogni popolo che lotti per la propria autodeterminazione puಠavere delle eccezioni. Puಠaccadere ad esempio che la lotta separatista sia stimolata, foraggiata ed eterodiretta da questa o quella potenza imperialistica; che questa o quella lotta nazionale non siano quindi un particolare della più generale lotta di liberazione dei popoli oppressi ma, proprio al contrario, siano un fattore per consolidare l’oppressione di altri popoli o delle pedine del più globale predomino imperialistico. Casi eclatanti di questo tipo sono stati, secondo noi, i movimenti nazionalistici croato, bosniaco o kosovaro. Come pure i kurdi dell’Iraq, le cui principali milizie hanno agito e agiscono come truppe ausiliarie dell’occupazione angloamericana.

2. Il Caucaso ਠun puzzle di popoli e nazioni, per di più storicamente affini e compenetrati, dove quindi tracciare frontiere divisorie sulla base del criterio dell’omogeneità  nazionale o linguistica ਠaltamente aleatorio e non puಠquindi portare ad una soluzione che sia giusta per tutti. Fermo restando che il diritto all’autodeterminazione spetta ad ognuno di essi, ai ceceni come ai dagestani, agli armeni come ai georgiani, ai kabarini come agli azeri, noi antimperialisti immaginiamo una soluzione federativa, ovvero che i popoli del Caucaso riescano un giorno a superare i loro attriti (spesso conseguenza delle ingerenze di potenze straniere) e ad edificare una Unione federativa in cui tutti possano convivere con pieni e pari diritti. Lo spezzettamento in piccoli stati o la balcanizzazione non significa altro che restare in uno stato di soggezione al cospetto all’imperialismo e/o delle grandi potenze.

3. La Georgia ha il diritto di essere indipendente dalla Russia. Questo diritto non puಠgiustificare fare di questo paese una testa di ponte della penetrazione dell’imperialistica nel Caucaso, ovvero un’eclave della NATO puntata contro tutti quei popoli e quelle nazioni che la NATO considera forze strategicamente ostili (Russia e Iran ad esempio). Nà©, questo diritto, non puಠessere esercitato a spese delle minoranze non georgiane che vivono nelle frontiere ereditate dalla vecchia Unione Sovietica —non significa dunque considerare intangibile la sua artificiale integrità  territoriale. Se quello di Saakashvili fosse un governo democratico, esso dovrebbe infatti riconoscere il diritto all’autodeterminazione che rivendica per sà©, non solo alle minoranze abkhaza e aggiara (che sulla carta godono dello status di Repubbliche autonome), ma pure alla Ossezia del sud —che invece considera solo una delle proprie regioni amministrative. Se queste minoranze non vogliono far parte della Georgia, esse debbono avere la facoltà  di secedere. E ove queste minoranze preferissero federarsi con la Repubblica russa, dovrebbero avere il diritto di farlo.

5. Non c’ਠalcun dubbio che il governo georgiano di Saakashvili sia un regime fantoccio degli Stati Uniti e della NATO. Innumerevoli sono infatti i gesti di politica estera e interna con cui Saakashvili ha sigillato la propria sudditanza all’imperialismo euroatlantico. Come non c’ਠalcun dubbio che, proprio su istigazione degli Stati Uniti, Saakashvili sia responsabile dell’attacco contro le zone liberate dell’Ossezia del sud e quindi dei massacri perpetrati dalle truppe georgiane (armate dagli israeliani) sulla popolazione inerme di Ts’khinvali. La sopravvivenza di questo governo fantoccio ਠuna minaccia diretta non soltanto per le minoranze che vivono in Georgia, lo ਠper la Russia, certo, ma lo ਠanche per lo stesso popolo georgiano che rischia di pagare un prezzo incalcolabile per il sostegno che questo avventuriero offre all’espansionismo USA e NATO. Per questo non chiediamo affatto, come contempla la bozza di accordo proposta dalla UE, il ritiro incondizionato delle truppe russe dalla Georgia. Questo ritiro ਠauspicabile ove sia contestuale all’impegno occidentale di non accogliere, come proclamato, la Georgia nella NATO.

6. Non puo’ che reallegrarci che la Russia abbia dato un sonoro ceffone a questo governo fantoccio e ai suoi sponsor occidentali. L’imperialismo americano ਠsenza dubbio il nemico principale dei popoli oppressi e dei movimenti di liberazione, ed ਠcerto positivo che gli USA trovino più ostacoli possibili alla loro politica imperiale e neocoloniale. Questo non deve tuttavia farci dimenticare che la Russia gioca una sua propria partita neoimperialistica la quale, se in alcuni casi puo’ sostenere cause sacrosante, in altri puo’ invece implicare oppressioni sciovinistiche non meno sanguinarie (vedi la Cecenia). Non possiamo scambiare la lotta antimperialista con la disputa interimperialistica. Gli interessi delle Resistenze popolari antimperialiste, avendo come primo nemico gli USA, la NATO e la UE, possono tatticamente, ovvero in alcune circostanze, coincidere con la geopolitica russa, ma non combaciano strategicamente con quest’ultima.

AUTODETERMINAZIONE PER TUTTI I POPOLI CAUCASICI!
VIA IL GOVERNO FANTOCCIO DI SAAKASHVILI!
NO ALL’INGRESSO DI GEORGIA E UCRAINA NELLA NATO!
FUORI GLI USA, ISRAELE E LA NATO DAL CAUCASO!
NO ALLE BASI MISSILISTICHE NATO IN EST EUROPA!
SOSTEGNO A TUTTE LE RESISTENZE ANTIMPERIALISTE!

3. UNA VOCE COMUNISTA DALLA RUSSIA
Gli Stati Uniti sono responsabili per il massacro di Tskhenvali, ma attenzione agli appetiti imperiali della Russia

di Serguei A. Novikov

“I primi responsabili sono gli Stati Uniti poichà© erano dietro la Georgia, hanno addestrato e armato Saakashvili e gli hanno dato il loro sostegno e la loro benedizione anche dopo il terrore a Tskhenvali.

Alla Russia bisogna rimproverare una reazione molto tardiva che ha permesso il massacro di Ts’khinvali costando centinaia di vite, quando gli abitanti del posto erano al corrente della sanguinaria avventura georgiana da almeno una settimana ed avevano cominciato a lasciare la città .

La Georgia ਠresponsabile del massacro – per il tentativo di guadagnarsi l'”integrità  territoriale” col ferro e il sangue nel primo giorno dei Giochi Olimpici ed in agosto, quando la maggior parte degli ufficiali ਠin ferie. Saakashvili si ਠdimostrato un fantoccio americano assetato di sangue.

Coloro che hanno visto la distruzione della capitale dell’Ossezia del sud non hanno dubbi: Saakashvili ਠun vero criminale di guerra.

La vera novità  in questa esplosione di violenza ਠl’emergere dell’imperialismo russo, che ha compreso i suoi interessi come rivale e avversario dell’imperialismo statunitense come di quello dell’Europa occidentale. Ora quell’imperialismo sta celebrando la propria vittoria, e il nostro compito principale non ਠsoltanto di dimostrare il coinvolgimento degli Stati Uniti, che ਠpiuttosto evidente, ma di screditare questa vittoria e promuovere l’internazionalismo.

E’ una buona cosa, ovviamente, che le autorità  russe non si comportino come pupilli degli Stati Uniti come facevano sotto Yeltsin, ma il nostro compito ਠdi dissociare il nostro punto di vista da quello della nostra borghesia nazionale e del nostro imperialismo”.

Mosca 15 agosto 2008

4. UN DISPERATO APPELLO DALL’INFERNO CARCERARIO AFGANO

Dopo svariate peripezie e vincendo la muraglia censoria istituita dagli occupanti imperialisti, i prigionieri politici e di guerra afgani del carcere di Policharkhi sono riusciti a far uscire un documento collettivo con il quale denunciano le impressionanti condizioni di detenzione che essi subiscono. Facciamo circolare quest’Appello! Denunciamo le pesanti responsabilità  dello stato italiano il quale, oltre a partecipare all’occupazione armata del paese, sovraintende con esperti, magistrati e consulenti, proprio alla ricostruzione del sistema giudiziario e penitenziario dell’Afganistan occupato.

“La prigione di Policharkhi ਠuna di quelle orribili prigioni sparse per il mondo la cui vera storia non si fa mai strada tra la gente e nei media.

Il regime fantoccio di Karzai, imposto da stati imperialisti stranieri al popolo musulmano dell’Afghanistan nel 2002, dal primo giorno del suo insediamento ਠcostretto a confrontarsi con la strenua resistenza patriottica, diffusa in tutto il Paese, del valoroso popolo afghano. Il regime illegittimo, con l’aiuto dei suoi padroni stranieri (stati invasori NATO, guidati dagli Stati Uniti), non ha mai disdegnato di mettere in pratica alcun tipo di violenza, oppressione e barbarie nel reprimere la resistenza popolare, violando apertamente al cospetto della comunità  internazionale i diritti umani, le leggi e le convenzioni che sostiene di difendere.

Per sopprimere fisicamente l’opposizione e la Resistenza, il governo fantoccio di Karzai e le forze criminali straniere che collaborano con esso, negli ultimi sei anni non solo hanno ucciso, bombardato, ferito, resi invalidi, privati della casa e dei beni centinaia di migliaia di persone, ma ne hanno anche imprigionate altre decine di migliaia in orribili prigioni e centri di detenzione, per aver difeso il loro paese ed essersi opposti all’occupazione.

Nella prigioni di Policharkhi circa tremila detenuti sono trattati in modo contrario a tutte le leggi nazionali e internazionali, e i diritti umani sono crudelmente violati.
I prigionieri subiscono torture fisiche e psicologiche, vengono insultati, umiliati, minacciati di morte, gli viene impedito di dormire, vengono picchiati con cavi e altri oggetti, presi a pugni e a calci, vengono appesi a testa in giù, subiscono scariche elettriche e waterboarding: queste sono le tecniche abitualmente utilizzate dagli ufficiali afghani. I loro padroni della Nato, in particolare gli Americani, oltre alle torture di cui sopra fanno denudare i prigionieri, ne abusano sessualmente, li fanno mordere da cani, li espongono alla neve e al maltempo e impediscono loro di
incontrare i propri familiari ed amici.

Come tutti sanno, l’ottanta percento dei detenuti di Policharkhi sono prigionieri politici, ma il regime dispotico di Karzai per nascondere la sua natura e rendersi presentabile parla invece dei prigionieri come di “criminali” e “terroristi”.

Nel 2007, sono stati giustiziati più di 17 detenuti in seguito alle accuse di cui sopra, dopo essere stati “processati” senza diritto alla difesa.

In questo momento c’ਠuna lista che contiene i nomi di centinaia di prigionieri destinati alla pena capitale, sulla scrivania di Karzai. Ma poichà© l’esecuzione di prigionieri ਠcondannata a livello nazionale e internazionale, il regime ha scelto di portarle avanti in segreto.

Le esecuzioni segrete nella prigione di Policharkhi non sono una novità , ma si sono intensificate a partire dal 2007. Le autorità  carcerarie solitamente prelevano dalle loro celle alcuni “pericolosi” prigionieri per motivi “investigativi”, a tarda notte, e non li riportano più indietro.

Noi, come prigionieri della prigione di Policharkhi e in rappresentanza di tutti i prigionieri, chiediamo alle organizzazioni di difesa dei diritti umani nazionali e internazionali e alle persone dotate di spirito umanitario di fare pressione su Karzai e i suoi padroni affinchà©:

1. Si ponga fine immediatamente alla serie di esecuzioni segrete nella prigione di Policharkhi, e sia condotta una seria indagine sui detenuti scomparsi affinchà© le loro famiglie ricevano giustizia e soddisfazione.

2. La lista di circa un centinaio di prigionieri da giustiziare che ਠstata preparata dalla Corte Suprema fantoccio e corrotta sia immediatamente invalidata ed i casi dei suddetti siano affidati ad un pubblico processo.

3. La violenza e la tortura fisica e psicologica siano bandite da ogni parte dell’Afghanistan e in particolare dalla prigione di Policharkhi.

4. I prigionieri politici della prigione di Policharkhi siano riconosciuti come tali.

5. A tutti i prigionieri sia garantito il diritto alla difesa e a un avvocato e sia posta fine ai processi segreti.

6. I poliziotti e gli ufficiali giudiziari corrotti siano puniti.

7. A tutti i prigionieri sia dato il diritto di incontrare ed essere in contatto con i loro familiari, con i media e con la società  civile.

Dio vi benedica”

I prigionieri politici della prigione di Policharkhi

Kabul – Afghanistan, Aprile 2008″

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