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Notiziario del 26 Settembre

26. September 2008
1. E ADESSO?
Cosa cambia nel mondo dopo il conflitto nel Caucaso
2. INDIA: L’HINDUTVA E IL FURORE ANTICRISTIANO
E’ innocente la Chiesa cattolica?
3. GAZA: AZIONE GLOBALE CONTRO L’ASSEDIO

1. E ADESSO?
Cosa cambia dopo il conflitto nel Caucaso

1. E’ vero ciಠche ha affermato Putin, per cui il crollo dell’URSS ਠstata la più grande tragedia geopolitica del ‘900? In un certo senso ਠvero. Quel crollo ha fatto degli USA l’unica superpotenza, li ha sospinti ad immaginare un mondo ad una sola dimensione, a perseguire una linea unilateralista che pretendeva di fare a pezzi ogni ostacolo sulla via della loro supremazia mondiale.

2. Gli USA seppero utilizzare a proprio vantaggio lo shock dell’11 settembre. Inglobarono nella Santa alleanza anti-terrorista pressochà© tutta la “comunità  internazionale. Nemici da colpire: il “fondamentalismo islamico” e la “Lista nera” dei movimenti combattenti antimperialisti. Unione Europea, Russia, Cina, e tutta una sterminata processione di stati vassalli, si arruolarono a capo chino nella crociata antiterrorista a guida USA, crociata che condusse all’occupazione militare dell’Afghanistan e dell’Iraq —e per consentire la quale Bush non esitಠa chiedere aiuto addirittura allo “stato canaglia” iraniano. Nel frattempo Israele continuಠla sua poiitica di sterminio dei militanti palestinesi e potà© tentare l’ennesima occupazione del Libano mentre, dall’altra parte del globo, per un pelo Chavez non veniva rovesciato dai golpisti.

3. Espugnati facilmente i santuari di Kabul e Bagdad l’Impero pensಠdi essersi finalmente messo il mondo ai suoi piedi. Invece…. Invece i suoi eserciti dovettero sbattere il muso contro una Resistenza temeraria e indomita, una Resistenza che arrestಠl’avanzata imperiale. Nelle impervie gole afgane, nelle sabbie tra il Tigri e l’Eufrate, nelle martoriate valli sud-libanesi, nell’inferno di Gaza, dei guerriglieri impensabili intrappolavano gli invasori impedendo agli USA di celebrare la vittoria. Grazie a loro il super-imperialismo americano, quello che Guevara bollಠcome il nemico più pericoloso del genere umano, non solo si scoperse più debole e zoppicante; esso subଠuna cocente sconfitta simbolica e morale. Il prodotto finale di questo smacco, per quanto momentaneo, ਠsotto gli occhi di tutti: la Santa alleanza anti-terroristica ਠandata in pezzi. In termini di geo-politica mondiale ciಠsignifica che ਠstato affossata per sempre l’ambizione americana di un ordine monopolare in cui tutte le altre potenze sarebbero state gerarchicamente sussunte come vassalle e il resto degli stati come satrapie.

4. Sotto questa luce il conflitto caucasico chiude la fase apertasi con l’11 settembre e segna dunque un tornante della situazione mondiale. Il deciso contrattacco che ha sbrindellato l’esercito georgiano dice che la Russia putiniana non vuole più saperne di soggiacere alla spinta espansionistica nordamericana. Dopo il 2001 Putin ha avallato opportunisticamente quella spinta sperando che questa si sarebbe fermata ai confini della Russia. Questa speranza si ਠrivelata un’illusione. Gli Stati Uniti si sono infilati in quello che la Russia considera il suo spazio geo-politico vitale. Cosà¬, mentre Mosca chiudeva entrambi gli occhi davanti alle invasioni dell’Afganistan e dell’Iraq, la NATO faceva la più grande scorpacciata dopo gli anni ’40, incorporando la maggior parte dei paesi est-europei. Per niente sazi ora gli USA installano basi strategiche antimissilistiche (cioਠmissilistiche) in Polonia e Repubblia Ceca e vogliono prendersi addirittura la Georgia e l’Ucraina. Sbaglia Mosca a vedere questo allargamento NATO come una minaccia alla sua sovranità  e addirittura alla sua integrità  territoriale? Non sbaglia per niente.

5. Il disegno americano ਠinfatti lo stesso di sempre: impossessarsi delle immense risorse umane e naturali della Russia. Possibilmente col consenso del Cremlino oppure, ove questo non fosse possibile, portando fino alle estreme conseguenze la disintegrazione dell’URSS iniziata nel 1991, ovvero fino allo smembramento della Federazione Russa. L’allargamento della NATO non corrisponde ad altro se non a questo ambizioso disegno strategico. Il problema per gli americani ਠche Putin, che non ਠun pagliaccio come Eltzin, non puಠnon opporsi al ruolo di vassallaggio che gli americani hanno previsto per la Russia. Si dice: “Ma Putin rappresenta un oligarcato capitalista famelico e ambizioso, mica vuole il socialismo!”. Vero, ma ਠproprio perchà© il capitalismo-di-stato russo punta a fare gli affari propri, appunto perchà© esso ha bisogno di ricostruire la potenza russa, che esso ਠentrato suo malgrado, in rotta di collisione con quello americano. L’oligarcato russo non vuole soccombere, ma per non soccombere non puಠlimitarsi a giocare di rimessa. La Russia, se vuole ri-diventare una grande potenza mondiale, ਠobbligata ad una riscossa internazionale a tutto tondo. La controffensiva in Georgia ਠsolo un tassello di questa marcia. Lo si vede già  con la sua politica di difesa dell’Iran, della Siria, del Venezuela, di Cuba. Giungerà  Putin a chiudere i corridoi che ha messo a disposizione nel 2001 a USA e NATO per occupare l’Afganistan?

6. Putin sa fare la differenza tra desideri e realtà . Egli sa che il giovane capitalismo russo (la Russia contribuisce per poco più del 2% nella formazione del PIL mondiale mentre, tanto per dire, il contributo di USA ed Europa ਠdi circa il 50%, e quello cinese del 15%) deve fare ancora molta strada per diventare imperialista. Affinchà© la Russia raggiunga questo traguardo il capitalismo russo ha bisogno di compiere un balzo colossale, quasi pari a quello che l’URSS staliniana compଠnegli anni ’30. Se questo ਠl’obbiettivo di Mosca, far naufragare questo disegno ਠquanto specularmente il super-imperialismo americano desidera. Washington infatti la vede cosà¬: che la coperta del mercato mondiale e delle sue risorse ਠormai troppo corta perchà© ci sia spazio per nuovi imperialismi. Già  alle prese con l’avanzata del drago cinese, gli USA non potranno tollerare l’intrusione dell’orso russo. Ecco dunque che l’idea del tornante mondiale si materializza nella rinascita della tensione strategica tra USA e Russia, nella trasformazione di un conflitto latente in conflitto dispiegato.

7. Significa questo che il regime putiniano (sostenuto da un vastissimo blocco nazionalista includente oligarchi, capitalisti patriottici, la nomenklatura burocratica, vaste forze popolari compresi i comunisti alla Zyuganov), per quanto abbia rinnegato la sua discendenza da quello eltziniano, sarà  capace di osare e di andare fino in fondo? Noi ne dubitiamo. Ma nemmeno dubitiamo che il processo messosi in moto nella Russia non si arresterà , non si arresterà  perch੠ਠstrutturale, muove cioਠdal profondo di un popolo che non si ਠmai pensato come appendice dell’Occidente, che si immagina come una autonoma civiltà . Se Putin si tirasse indietro, sarà  travolto e, come l’apprendista stregone, verrà  divorato dagli stessi spiriti da esso evocati.

8. Politicamente parlando la questione, per tutte le forze antimperialiste, si pone in questa maniera: fa gioco o no, questo risposizionamento strategico antiamericano e anti-NATO della Russia? Ma ਠevidente che fa gioco! Rompendo il monopolarismo, questo riposizionamento ਠossigeno per le Resistenze antimperialiste, per tutti quei paesi che a vario titolo sono fuori dal campo americano, ਠossigeno anche per le forze antagoniste che boccheggiano nel ventre della bestia. Per quanto boccheggino, tuttavia, alcune di queste sono in preda alla sindrome-della-puzza-sotto-il-naso. Le truppe russe non avevano inziato il loro ripiegamento in Georgia che la gran parte della sinistra ha prontamente denunciato le “smanie egemoniche russe”. In singolare sintonia pacifisti, democratici, sinistri radicali, estremisti di sinistra d’antan, riecheggiando la campagna russofoba imperante, ripetono il mantra: “Putin ਠun nuovo Zar, la Russia ਠimperialista, nessun sostegno al nazionalismo russo”. Il nocciolo duro di questo blocco strampalato ਠlo stesso di quelli che gridavano Nà© con la NATO nà© con Milosevic, nà© con Bush nà© con Saddam, nà© con Israele nà© con HAMAS. Non ci stupisce affatto questo revival. Questa gente non cambia posizione, non puಠcambiare posizione, e non puಠcambiare posizione perchà© cambiarla vorrebbe dire ammettere di aver sbagliato tutto, tutto dal 1989 in qua. Noi non cambieremo la nostra!. Non solo perchà© crediamo che l’imperialismo americano (con la sua protesi europea) sia il nemico principale (principale non solo perchà© più grande e armato, ma perchà© più invasivo e persaviso). Non cambieremo musica perchà© consideriamo la lotta contro questo nemico un obbligo morale categorico. Ultimo ma non meno importante: perchà© i fatti ci hanno dato ragione. Non cambieremo ben sapendo che saremo accusati di essere non solo filo-russi ma pure filo-putiniani, come ieri venimmo bollati di essere “nipotini di Milosevic”, “amici di Saddam”, infine “terroristi filoislamici”. Non ci facciamo illusioni, sappiamo di essere una esigua minoranza, ma una minoranza che ha un respiro strategico, che ਠdestinata ad aprirsi un varco.

9. Dopo la grande partita della difesa della Resistenza irachena pensiamo sia l’ora di iniziarne un’altra. La battaglia antimperialista va adesso rideclinata, nel senso di unire tutte le forze, anzitutto qui in Europa, contro l’unipolarismo nordamericano, l’allargamento verso Est della NATO e dunque la difesa dei paesi e dei popoli minacciati di accerchiamento. Questi tre elementi portanti della politica imperialistica sono infatti i fattori che tengono il mondo in uno stato di guerra guerreggiata ininterrotto e che lo trascinano sull’orlo di una conflagrazione catastrofica. Una vasta e unitaria mobilitazione per lo scioglimento della NATO, contro l’installazione delle nuove basi strategiche in Polonia e Cecoslovacchia, per lo smantellamento immediato delle sue basi nel mondo, a partire da quella di Vicenza, e contro ogni suo allargamento, ਠuna priorità  categorica di chiunque abbia a cuorela pace, quindi il diritto dei popoli a resistere e ad autodeterminarsi.

2. INDIA: L’HINDUTVA E IL FURORE ANTICRISTIANO
E’ innocente la Chiesa cattolica?

Lo Stato di Orissa, in India, ਠuno di quelli in cui la guerriglia maoista ਠpiù solida e combattiva, soprattutto nelle aree tribali, popolate da antichissimi gruppi etnici che parlano loro proprie lingue e non sono nà© di fede nà© di cultura induista. Considerate allogene queste popolazioni native subiscono pesanti discriminazioni sociali. Nel sistema castale induista sono trattate come comunità  di serie B e forniscono il grosso di forza lavoro agricola per i latifondisti e i mercanti, tutti invariabilmente della nazionalità  dominante indù.
Proprio in Orissa ਠparticolarmente aggressiva l’HINDUTVA, ovvero il movimento degli induisti più intransigenti che non accettano l’idea di una India plurinazionale e federativa ma la immaginano come Hindustan, ovvero una terra sacra destinata agli hindù. Sostenendo che la divisione per classi e caste ha scaturigini e natura sacre, terorizzando l’idea della irreversibilità  della posizione sociale d’ognuno, si capisce subito come l’HINDUTVA sia un fenomeno percepito con simpatia dagli oppressori e inviso agli oppressi che si battono per la loro emancipazione sociale.
E’ in questo contesto che a fine agosto un gruppo guerrigliero maoista ha teso un’imboscata in cui hannop perso la vita sette militanti di una delle organizzazioni induiste più agguerrite, il Vihwa Hindu Parishad, tra cui il suo famoso guru Laxamanananda. Questo colpo letale ha scatenato una violentissima reazione da parte dei fondamentalisti indù. Nell’impossibilità  di colpire la ben strutturata guerriglia rivoluzionaria, il bersaglio delle rappresaglie sono diventati i cristiani (cattolici compresi), quasi sempre indifesi e certo non protetti dalla forze di polizia.
Non si pensi che ci sia un’alleanza tra maoisti e cristiani di varia parrocchia. E’ che la guerriglia, non solo in Orissa, ਠradicata nelle zone tribali non induiste o recentemente e superficialmente induistizzate, cioਠnelle stesse aree dove la spinta missionaria cristiana ਠparticolarmente forte e pervasiva. Va precisato che cattolici sono solo una legione di questa crociata missionaria, essendo infatti ben presenti gli evangelici cristiano-sionisti e pentecostali yankee. Decine di morti, svariati feriti, villaggi distrutti, chiese date alle fiamme. Non che sia questa una novità  in India, ma stavolta il furore anticristiano ha preso dimensioni sconosciute ed ਠdilagato a macchia d’olio, anche in stati dove l’Hindutva sembrava non essere temibile.
Da circa un mese la chiesa cattolica lancia grida di allarme e di aiuto, invocando addirittura “l’ingerenza umanitaria” da parte dell’Occidente (vedi l’intervento del Papa all’ONU del 18 aprile), ovvero un intervento deciso dei paesi imperialisti sul governo indiano affinchà© difenda le piccole comunità  cristiane e colpisca duramente i colpevoli dei pogrom. Questa invocazione svela una delle ragioni del furore anticristiano. E’ infatti vero che l’HINDUTVA colpisce le chiese perchà© l’atto della conversione religiosa strappa molto spesso gli “intoccabili” e i diseredati dal loro miserabile destino, minando quindi l’egemonia dei brahamini e della caste alte indù.
La Chiesa si fa forte di questo lato nobile della sua missione in India, ma questo ਠappunto solo un lato. Ce n’ਠinfatti un’altro, quello ignobile, ed ਠche i cristiani (compresi i cattolici che in molti stati indiani agiscono di combutta con le sette cristianiste nordamericane) funzionano come vettori della civiltà  occidentale, ovvero di una civiltà  colonialista e imperialista che proprio i popoli dell’India hanno pagato e pagano a carissimo prezzo. Le chiese cristiane sanno bene di non essere, nà© innocenti, nà© neutrali: dal momento che i suoi missionari e i suoi preti agiscono, non solo come testimoni dell’appello salvifico di Cristo, ma come paladini dell'”Occidente cristiano” (insozzando con ciಠstesso l’autentico messaggio di Gesù), esse non possono stupirsi di essere prese a bersaglio dell’odio antioccidentale che dilaga, non a caso, anzitutto nei paesi devastati dalle aggressioni imperialiste e dalla globalizzazione.

3. GAZA: AZIONE GLOBALE CONTRO L’ASSEDIO

Il parlamentare palestinese di Gaza Jamal al-Khudari (Jamal capeggiava la delegazione invitata nel maggio scorso in Europa dal Comitato Gaza Vivrà , presidente del Comitato popolare contro l’Assedio) ha annunciato la creazione di una nuova organizzazione internazionale per rompere l’assedio di Gaza. Si chiamerà  “Global Action” e comprenderà  attivisti di diverse nazioni del mondo. Ieri, durante una conferenza stampa, Khudari ha spiegato che porterà  ai palestinesi la solidarietà  internazionale. Lunedà¬, il parlamentare aveva annunciato ad attivisti stranieri, intellettuali e uomini di affari riuniti in un workshop, l’imminente partenza di una nave yemenita diretta nella Striscia e di altre imbarcazioni provenienti da diversi paesi arabi e islamici. Khudari ha sottolineato anche la necessità  di “coordinare gli sforzi palestinesi, arabi e internazionali volti a porre fine all’occupazione e all’assedio israeliani”, e ha invitato a “collaborare a iniziative popolari e ufficiali, e a usare tutti i metodi e i mezzi pacifici e civili per contrastare e far terminare l’occupazione e l’assedio”. Da parte sua, la giornalista e attivista britannica Lauren Booth ha dichiarato in questi giorni che “molte personalità  internazionali hanno intenzione di sostenere la campagna contro l’assedio” e che i fondi raccolti ammontano a 300.000 dollari.

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http://www.gazavive.com

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