Hamas: “In Israele hanno vinto i terroristi”
A Gaza non avevano dubbi: chiunque avesse vinto di
misura le elezioni politiche israeliane niente sarebbe cambiato per il
popolo palestinese. Indifferenza? Piuttosto sano realismo ben piantato
nell’esperienza storica dell’oppressione sionista.
Ed in effetti, chi ha vinto?
Le cronache ci parlano di tre vincitori, forse un
po’ troppi per una consultazione elettorale: Tzipi Livni (partito
Kadima) perchà© ha ottenuto il maggior numero di voti con il 23%,
Benjamin Netanyahu (partito Likud) perch੠ਠil leader che ha la
maggiore probabilità di formare una coalizione di governo, Avigdor
Lieberman (partito Yisrael Beitenu, Israele Casa nostra) perchà© con i
suoi 15 seggi sarà comunque decisivo pur collocandosi all’estrema
destra razzista.
Per Fawzi Barhum, portavoce di Hamas, hanno vinto
tre rappresentanti del terrorismo sionista. I risultati delle elezioni,
ha dichiarato, “confermano che la società sionista ha
scelto i più estremisti e i sostenitori del terrorismo e delle guerre
contro il popolo palestinese”.
Oggi, ha proseguito, “Ci
troviamo davanti a tre rappresentanti del terrorismo: Livni vuole
completare la guerra contro il popolo palestinese; Netanyahu ha
affermato che non esiste un partner palestinese e che non rispetterà
alcun accordo; Lieberman vuole distruggere l’Egitto e gettare in mare
il popolo palestinese. Le bande sioniste si sono trasformate in partiti
estremisti. Erano piccole realtà , ma oggi sono diventate parte della
cultura israeliana”.
Come non essere d’accordo
con questa valutazione a caldo? Già in gennaio, mentre Gaza veniva
devastata dalle bombe sioniste, i sondaggi dicevano che la stragrande
maggioranza della popolazione israeliana appoggiava la strage. Una
percentuale che superava il 90% considerando la sola popolazione di
religione ebraica. La cultura israeliana ਠquesta ed i risultati
elettorali ne sono la conseguenza.
Nelle tre settimane dell’attacco
deciso dal trio Olmert-Barak-Livni, si discuteva delle finalità
elettorali di quell’azione. Una discussione indifferente alla
carneficina, che oggi appare ancor più cinica di fronte ai piccoli
spostamenti che ha determinato nelle urne. Dicono infatti gli analisti
che la Livni ha superato di un seggio Netanyahu solo grazie al macello
di Gaza. E dicono anche che la signora dalle cui labbra era uscita
l’indimenticabile frase secondo cui a Gaza non vi era alcuna emergenza
umanitaria ha recuperato a “sinistra”, cioਠtra gli elettori
tradizionali del partito laburista e del Meretz (sinistra sionista).
Resta
il fatto che probabilmente non sarà lei a guidare il nuovo governo,
mentre lo spostamento a destra ਠun fatto indiscutibile. I laburisti
hanno ottenuto 13 seggi, perdendone 6 (al ministro della guerra, la
guerra non ha portato bene), Meretz ne ottiene solo 3 perdendone 2, ma
questo ha solo limitato le perdite di Kadima (28 seggi, comunque uno in
meno delle precedenti elezioni). Il Likud ha invece più che raddoppiato
i seggi ed un aumento significativo lo ha ottenuto Ysrael Beitenu, la
formazione razzista basata sull’immigrazione russa e guidata dal
moldavo Lieberman che ha perಠbeneficiato dell’arretramento delle altre
formazioni dell’estrema destra religiosa radicata in particolare tra i
coloni.
Non ਠchiaro chi guiderà il nuovo governo, ma ਠchiara quale sarà la sua politica.
“Nessuna
differenza”, dicevano a Gaza. E nessuna differenza hanno pensato i
palestinesi con cittadinanza israeliana che sempre in meno si recano
alle urne.
A dimostrazione di ciಠl’incredibile balletto delle
alleanze ipotetiche. L’analista israeliano Yossi Verter ha scritto ieri
su Haaretz che “senza Lieberman, Livni non ha alcuna possibilità di governare”.
Si da infatti il caso che vi siano due possibilità : un governo di unità
nazionale; un governo retto da una coalizione dal Likud all’estrema
destra. In entrambe le coalizioni Lieberman sarebbe presente: nel primo
caso appoggerebbe come premier Netanyahu, nel secondo la Livni. Ecco
quale sarà il mercato delle vacche prossimo venturo. Ma siamo certi che
in occidente ben pochi avranno dubbi sulla “democrazia israeliana”.
Una
“democrazia” che si fonda sull’oppressione senza fine di un popolo, su
un’ideologia razzista, e che oggi mostra il suo vero volto con le bombe
al fosforo di Gaza e con al governo in posizione decisiva un
personaggio che vorrebbe cacciare gli stessi arabi israeliani.
Torniamo allora alla dichiarazione di Hamas che ha riportato l’attenzione su alcuni fatti concreti: “Quando
parliamo di sviluppi drammatici e pericolosi che avranno effetti sugli
sforzi egiziani, ci riferiamo in particolare al caso del soldato
Shalit, oppure alla fine dell’assedio o all’influenza su tutta la zona”.
Ed ancora: “Qualsiasi
governo persegua una tregua, dovrà porre termine all’assedio della
Striscia e alle aggressioni, e aprire i valichi, compreso quello di
Rafah. Anche Shalit ha un prezzo, noto al nemico sionista. Dunque, noi
rimaniamo fermi sulle nostre posizioni. Ciಠche muta sono le facce
israeliane, ma questo non significa che si stanno prospettando
cambiamenti nella politica sionista”.
Quel che ਠcerto ਠche la
linea dei “due popoli, due Stati” ਠmorta e sepolta. Sepolta non solo
perchà© l’eventuale Stato palestinese sarebbe solo un insieme di
bantustan in regime di apartheid, ma anche perchà© neppure questa
parvenza di stato ਠnei programmi dei dirigenti sionisti, n੠tra i
vincitori, nà© tra gli sconfitti delle elezioni del 10 febbraio.
E’ in questo quadro che l’eroica Resistenza del popolo palestinese si troverà a battersi nel prossimo futuro.