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Un`altro Social Forum è possibile

7. March 2002

Reportage da Porto Alegre, di James Petra

Sulla divisione tra risformisti e radicali
James Petra ਠun noto sociologo statunitense di origine greca collabora con Noam Chomsky, ਠspecialista delle problematiche del terzo mondo

“Mentre i riformisti insistevano a parole per continuare con le mobilitazioni, il loro scopo principale era ed ਠquello della negoziazione al vertice con la Banca Mondiale ed altri organismi finanziari internazionali, allo scopo di farsi assicurare la promessa di una “globalizzazione umana”. Molti riformisti parlano e scrivono di una “altra globalizzazione”, una globalizzazione che implichi clausole sui diritti umani, e un posto al tavolo insieme ai poteri imperiali, ai suoi banchieri e direttori esecutivi. I radicali vedono la mobilitazione come tendente alla creazione di nuove organizzazioni popolari, basata nell`organizzazione di massa di movimenti urbani, lavoratori, neri, indigeni. La loro prospettiva ਠquella di creare nuovi movimenti internazionali basati sulla classe, come la Via Campesina, che cerca di realizzare trasformazioni radicali dei diritti di propriet…ˆ e dei rapporti sociali di produzione. I riformisti, riferendosi alla “società  civile”, non dimostrano interesse al “potere statale”; si accontentano di far pressione sui poteri imperialisti esistenti per assicurarsi una maggiore regolazione, una limitazione dei capitali speculativi (Tobin Tax) e una maggiore liberalizzazione del commercio per aiutare le elites agro-esportatrici del Terzo Mondo ad assicurarsi nicchie di mercato nel Nord.”

Se vuoi leggere i contributi di J. Petras
http://www.eurosur.org/rebelion/petras.htm

Il Social Forum che si ਠsvolto a Porto Alegre tra il 1. ed il 5 di febbraio 2002 ha visto la partecipazione di quasi 70.000 partecipanti, includendo più di 15.000 delegati di quasi 5.000 organizzazioni. I delegati provenivano da 150 paesi per partecipare in 28 conferenze, 100 seminari, 700 corsi di formazione (talleres). Più di 3.000 giornalisti di radio, televisioni, giornali, riviste hanno coperto l`evento. Essendo il primo evento di importanza dall`11 settembre e dal 7 ottobre, il Social Forum ha contraddetto la linea di propaganda di Bush-Rumsfeld secondo la quale i popoli del mondo avevano scelto tra l`imperialismo degli Stati Uniti e il terrorismo islamico.

Porto Alegre ha dimostrato che il movimento mondiale “antiglobalizzazione” ਠvivo e cresce: nel 2002 ha partecipato il doppio della gente dell`anno precedente, ha avuto maggiore copertura da parte dei mezzi di comunicazione (fatta eccezione per gli Stati Uniti), la rosa dei gruppi e partecipanti ਠstata più grande di quella che si ਠavuta nei Forum anteriori; finalmente, la manifestazione di chiusura con 50.000 partecipanti, anti-ALCA, ਠstata fino ad ora la più grande svoltasi in America, sia del nord che del sud.

Probabilmente, tanto importante come la presenza fisica di questa ingente quantità  di persone e di movimenti, ਠstato lo spirito del Forum: la fede e l`ottimismo crescente si riflettevano nello slogan principale: “qui Un altro mondo ਠpossibile”.

C`erano pochi segnali di quel disfattismo e di quella demoralizzazione tanto evidenti nei circoli intellettuali degli Stati Uniti ed Europa, dopo l`11 settembre. Le speranze di un mondo alternativo furono raffreddate dal riconoscimento dell`offensiva militare statunitense e la sua posizione unilaterale poneva nuovi e più grandi ostacoli al cambiamento socioeconomico e ambientale.

In gran parte, la copertura più ampia dei mezzi di comunicazione e i reportages più obiettivi (eccezione per gli Stati Uniti) sono dovuti alla presenza di celebrità  politiche che sostenevano posizioni centriste (membri del partito socialista francese, rappresentanti delle Nazioni Unite, della Banca Mondiale, dirigenti del settore moderato e social-democratico del Partito dei Lavoratori del Brasile -PT -ecc. ). I bilanci politici ed i successi del Social Forum 2002 notati dai mezzi di comunicazione dell`Europa occidentale sono stati accompagnati da un particolare pregiudizio nei reportages; la maggioranza dei giornalisti e dei redattori hanno citato e presentato con favore partigiano le “idee serie” delle personalità  e dei leaders politici più moderati che si sono riuniti nella Università  Cattolica. Pochissime volte sono stati citati o si sono mostrate fotografie dei dirigenti di massa e degli attivisti dei movimenti popolari. Ad esempio, il Financial Times (5 febbraio 2002, p. 28) ha fatto una caricatura delle differenze tra i radicali e i riformisti nel seguente modo: “Dietro la teatrale espressione di protesta, il Forum si ਠcaratterizzato per un serio interscambio di idee e proposte, come le riforme degli accordi sui diritti di proprietà  intellettuale e del WTO. La maggioranza (sic!) dei partecipanti hanno affermato di non essere contro la globalizzazione, bensଠper una forma giusta della stessa, con una partecipazione internazionale più ampia nella presa delle decisioni”.

I mezzi di comunicazione nella loro maggioranza, hanno ignorato le centinaia di riunioni parallele organizzate dai gruppi di attivisti e le discussioni formali ed informali delle organizzazioni radicali e rivoluzionarie di donne, giovani, contadini, indigeni. Mentre i mezzi di comunicazione hanno qualificato la presenza della Banca Mondiale, delle Nazioni Unite, e di altri funzionari, come coloro che “davano legittimità  al Forum”. Ma per la maggioranza degli attivisti del Terzo Mondo ਠstata la presenza di forti contingenti di militanti dell`Argentina, che avevano appena buttato giù il regime neoliberale, che hanno dato al Forum la sua legittimità  .

Mentre molti dei leaders menzionavano la “diversità  ” del Social Forum, il 90% dei partecipanti erano: brasiliani (67%), argentini(23%), poi italiani, spagnoli e francesi. Più delle diversità  nazionali (come dimostrano le percentuali menzionate), sono state significative le differenze sociopolitiche tra i partecipanti brasiliani ed europeri .

La storia di due Forum

Mentre la dichiarazione finale unitaria (contro il pagamento del debito estero, opposizione della guerra in Afganistan, solidarietà  con i Palestinesi) rifletteva le richieste programmatiche delle ONG più riformiste e delle personalità  più illustri; nel calendario delle mobilitazioni per il 2002 si ਠriflessa l`influenza dei settori più militanti.
In realtà , il Social Forum 2002, si ਠdiviso tra riformisti e radicali, una divisione che ha avuto la sua espressione all`interno delle differenti organizzazioni ed individui presenti. Questa divisione ਠstata evidente anche nell`ubicazione fisica delle discussioni, cosଠcome nello stile della presentazione e nella composizione degli atti.

La maggior parte di quello che si ਠscritto sul Social Forum ਠbasato su quello che ਠavvenuto nell`Università  Cattolica (PUC). Ma gli eventi del PUC non erano rappresentativi del Social Forum, almeno agli occhi di molti attivisti del movimento. Gli organizzatori hanno segnalato che approssimativamente la quinta parte (10.000) dei partecipanti del Social Forum erano nel PUC, generalmente con più di quaranta anni di età  e per la maggior parte professionisti delle classi medie. Fuori del PUC approssimativamente 50.000 persone partecipavano in uno spazio più politicizzato che includeva dibattiti e discussioni sulla lotta per il socialismo.
Nell`Università  Cattolica (PUC), in linea di massima, gli accademici, gli intellettuali e gli appartenenti alle ONG, hanno discusso tra sਠstessi. Partecipavano solamente un numero molto limitato di dirigenti contadini, attivisti urbani e sindacalisti. Peggio ancora, gli accademici facevano ben poco per comunicare realmente con i pochi attivisti di base presenti, e le loro presentazioni, nella maggior parte dei casi, non si sono coordinate con le preoccupazioni reali dei militanti. Nelle riunioni e nei corsi di formazione (talleres) paralleli nell`accampamento c`ਠstato un maggior dibattito tra attivisti e oratori, un interscambio più fluido di idee e uno sforzo maggiore per coordinare esperienze tra i militanti di base.
Il Forum ਠstato fortemente politicizzato. Da un lato stavano i riformisti, le ONG, gli accademici e la maggior parte degli organizzatori del Forum: ATTAC-Francia, i sostenitori della Tobin Tax, i dirigenti dell`ala social-liberale del PT (Partito dei Lavoratori del Brasile). Dall`altro i radicali del movimento dei Sem-Terra del Brasile, intellettuali attivisti, “piqueteros” dell`Argentina, rappresentanti di partiti di sinistra, sindacati, movimenti urbani e gruppi di solidarietà  . Ci sono state significative differenze nella composizione sociale delle riunioni e delle manifestazioni.
Nella marcia inaugurale, diretta dai funzionari riformisti, i manifestanti appartenevano ad un insieme diverso di gruppi. La marcia non-ufficiale di 50.000 partecipanti contro il trattato dell`ALCA fu organizzata da gruppi radicali e si ਠconclusa con un gran numero di lavoratori brasiliani, contadini, persone senza casa, cosଠcome militanti internazionalisti della lotta che ha come scenario l`Argentina, la Bolivia e altri paesi.
In entrambi le manifestazioni il ruolo principale era dei gruppi di persone, con striscioni e bandiere che rappresentavano i movimenti di sinistra e radicali, mentre i gruppi riformisti e le ONG avevano una minima visibilità . C`erano pochi striscioni del PT, del sindacato brasiliano (CUT, centrale unita dei lavoratori), dei gruppi di ATTAC, ecc. Le differenze nella capacità  di mobilitazione erano evidenti. Nonostante cià², gli oratori centrali di entrambi gli eventi furono i politici del Partito dei Lavoratori del Brasile, che quest`anno deve affrontare le elezioni.
Il Forum si ਠdiviso anche per quanto concerne la direzione da seguire.
I riformisti, citando alcune clausole della costituzione del Social Forum hanno giustificato l`esclusione degli zapatisti, delle FARC e di altri movimenti popolari ribelli qualificandoli come “movimenti politici”, mentre dall`altro lato presentavano e accreditavano figure dirigenti del Partito dei Lavoratori del Brasile (PT), del Partito Socialista francese, ecc. Ancor di più, l`esclusione da parte dei funzionari delle Madri di Plaza de Mayo, un movimento sociale argentino molto considerato, ਠstata fortemente criticata dal Movimento dei Senza Terra del Brasile (Sem Terra), che mandಠun invito alle Madri insieme al pagamento di un biglietto aereo a Hebe de Bonafini. La divisione tra riformisti e radicali ਠstata ancor più evidente nella definizione del programma di lotta e di proposta. I riformisti parlavano di opporsi alla globalizzazione, sommando a ciಠl`opposizione al militarismo yankee (nord-americano).
I radicali sottolineavano intreccio tra l`espansione delle corporazioni multinazionali con gli stati imperiali e usavano un linguaggio antimperialista. Questa non ਠuna distinzione retorica ma ਠprofondamente radicata nell`orientamento e nelle prospettive strategiche della lotta alla globalizzazione.

“Mentre i riformisti insistevano a parole per continuare con le mobilitazioni, il loro scopo principale era ed ਠquello della negoziazione al vertice con la Banca Mondiale ed altri organismi finanziari internazionali, allo scopo di farsi assicurare la promessa di una “globalizzazione umana”. Molti riformisti parlano e scrivono di una “altra globalizzazione”, una globalizzazione che implichi clausole sui diritti umani, e un posto al tavolo insieme ai poteri imperiali, ai suoi banchieri e direttori esecutivi. I radicali vedono la mobilitazione come tendente alla creazione di nuove organizzazioni popolari, basata nell`organizzazione di massa di movimenti urbani, lavoratori, neri, indigeni. La loro prospettiva ਠquella di creare nuovi movimenti internazionali basati sulla classe, come la Via Campesina, che cerca di realizzare trasformazioni radicali dei diritti di propriet…ˆ e dei rapporti sociali di produzione. I riformisti, riferendosi alla “società  civile”, non dimostrano interesse al “potere statale”; si accontentano di far pressione sui poteri imperialisti esistenti per assicurarsi una maggiore regolazione, una limitazione dei capitali speculativi (Tobin Tax) e una maggiore liberalizzazione del commercio per aiutare le elites agro-esportatrici del Terzo Mondo ad assicurarsi nicchie di mercato nel Nord.”

I radicali si rifanno concretamente a organizzazioni di classe che uniscono persone, razze, questione ecologica; riconoscono che, sebbene le riforme siano essenziali, queste non sono mai durature e neppure sono state applicate dagli stati imperialisti o dai loro fantocci locali. Segnalano la necessità  di un nuovo potere statale basato sulle assemblee di base, sui movimenti sociali capaci di socializzare i mezzi di produzione e democratizzare le relazioni sociali, sloggiando totalmente le attuali elites corporative e i loro benefattori delle Istituzioni Finanziarie Internazionali. Rifiutano la politica di avviare un tavolo negoziale con la Banca Mondiale come strategia di inserimento, dove il controllo dei legami finanziari e strutturali agli stati imperiali e alle corporazioni multinazionali, fanno della compartecipazione e della concertazione una strategia senza via di uscita, che puಠsolo arricchire le ONG a spesa del popolo.
Nella ricerca del massimo (in realtà , minimo) comune denominatore per la “unità  anti-globalizzazione” i riformisti includono personalità  e rappresentanti politici i cui partiti appoggiano il massacro dell`Afganistan e che danno l`appoggio (“con riserva”) all`offensiva militare di Bush su scala mondiale. I radicali hanno qualificato tutto ciಠcome incompatibile con i principi basilari del Forum e alcuni anarchici sono stati coinvolti in un incidente di “torte in faccia” per far conoscere la loro opinione su questo argomento. Dentro il sattore radicale, i disciplinati movimenti sociali, particolarmente il MST, sono stati la forza predominante per prevenire che provocatori ed anarchici si lanciassero in atti di vandalismo e per mobilitare migliaia di militanti in una massiccia perಠpacifica dimostrazione di forza politica.
Mentre molti commentatori notavano la differenza tra i vari gruppi e le loro diverse richieste, non hanno perಠosato mettere in discussione la rappresentatività  delle sigle. Molte delle ONG europee e degli Stati Uniti presenti, sono organizzazioni sulla carta e la maggioranza delle ONG del Terzo Mondo sono membri di piccoli gruppi di professionisti con pochi (se ne hanno) simpatizzanti organizzati e possiedono poca forza mobilitante. Mentre, d`altro canto, c`erano un piccolo numero di rappresentanti di movimento di massa africani particolarmente del Sud Africa e dell`Asia che rappresentavano centinaia di migliaia di attivisti di base. Nonostante cià², sono state le conosciutissime personalità  intellettuali delle ONG quelle che hanno riempito le tribune e informato il pubblico sui movimenti nelle loro regioni. La sovra-rappresentazione di piccoli gruppi di personalità  a spesa dei militanti, certamente ha attirato i mezzi di comunicazione perಠad essa non ha corrisposto un aumento nell`interscambio di idee nella trasmissione di esperienze con quelli che si trovano in prima linea nella lotta. Le sessioni plenarie ufficiali e i “testimoni” sono stati fortemente inclinati a favore delle ONG e degli intellettuali, mentre gli incontri paralleli e i seminari sono stati il luogo per interscambi positivi tra attivisti di movimenti reali intrecciati nelle significative battaglie contro l`imperialismo (“globalizzazione”).

Nella discussione sulle “alternative”, gli organizzatori ufficiali enfatizzavano l`imperialismo “riformato” ed il “capitalismo regolato”, mentre i movimenti sociali radicali hanno aperto un dibattito e posto sul tavolo della discussione la questione del socialismo. La Dichiarazione finale dei movimenti sociali riflette un compromesso tra riformisti e radicali. Da un lato abbiamo una diagnosi radicale dei problemi del mondo ed un calendario pieno zeppo di mobilitazioni per tutto il 2002, e dall`altro lato le richieste finali riflettono in maggioranza l`inclinazione dei riformisti per un interscambio di briciole, omettendo qualsiasi richiesta strategica per un socialismo partecipativo e per la sconfitta dell`imperialismo.

Conclusioni

Con oscure nubi di guerra imperialiste all`orizzonte, una recessione mondiale che aumenta e con Washington dedicata attivamente a costruire il suo impero neo-mercantilista dall`America Latina fino ai campi di petrolio dell`Asia del Sud e Centrale, c`ਠpoco spazio per la politica riformista. Come ha dichiarato il presidente Bush, si tratta di sottomettersi all`impero o di morire. La svolta a destra delle organizzazioni del Social Forum 2002, il suo programma minimalista e l`enfasi nel presentare personalità  moderate, ha poche possibilità  di ottenere la costruzione di una resistenza contro l`offensiva imperiale degli Stati Uniti. Il nuovo imperialismo va polarizzando il mondo nel modo proprio ਠstato descritto dai radicali. L`ampiezza e la profondità  della militarizzazione degli Stati Uniti non puಠessere comparata con le modeste richieste delle reti delle ONG, prive per altro di un appoggio popolare organizzato. I movimenti sociali radicali che costruiscono possenti movimenti anticapitalisti locali, regionali ed internazionali, sono ben più efficaci che le ondivaghe ONG internazionali.

Il Social Forum 2003 avrà  un anno a disposizione per riflettere sulle nuove realtà  e speriamo che possa aggregare e trarre vantaggio dal vasto appoggio presente nel Social Forum 2002 per approfondire e radicalizzare la sua agenda, in linea con le realtà  storiche emergenti. Questo porterà  ad una nuova parola d`ordine .
“Un altro Social Forum ਠpossibile!”.

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