500 anni dopo il genocidio
L´insurrezione in Bolivia e le lotte indigene in Latinoamerica
500 anni dopo il genocidio
Noel Pà©rez
(Coordinamento Febbraio Boliviano)
(Versione scritta della partecipazione di Noel Pà©rez nel forum-dibattito realizzato nella Università delle Madri di Piazza di Maggio, nello spazio di “Resumen Latinoamericano” all´interno delle Cattedre Bolivariane, il giorno 14 ottobre 2003)
Ringraziamo le parole di Hebe de Bonafini, e la ringraziamo per permetterci di esprimere nella Università delle Madri di Piazza di Maggio quello che sentiamo di fronte ai gravi fatti che vive la Bolivia; gia che non dubitiamo che questo spazio di resistenza non ਠsolo degli argentini, ma di tutti i latinoamericani. Ci risulta difficile presi dalla rabbia, dal dolore e dall´indignazione per i tragici fatti che vive il nostro popolo essere razionali e analizzare gli avvenimenti, perಠsi deve dare usare il raziocinio riguardo questa lotta.
Da un paio di anni il Ministro della Presidenza di questo governo, ovviamente prima di essere governo, si esprimeva rispetto al tema del gas che sebbene la sua vendita poteva permettere la soluzione alla crisi politica e economica che viveva il paese allo steso tempo poteva dare luogo a una situazione rivoluzionaria da parte di quelli che sono esclusi dal sistema; questo vuol dire che essi avvevano chiaro il significato profondo delle misure che pretendono di portare avanti ostinatamente. Loro sono quelli che incominciarono a parlare di “rivoluzione” non qualcuna delle sinistre, non Evo, non Felipe Quispe, come ora pretendono di dimostrare. Erano coscienti dei pericoli che implicava il prendere una tale decisione sulle spalle del popolo e questa testardaggine si puಠspiegare solamente nel fatto che il modello economico che ਠstato imposto da più di due decadi sta franando, e l´unica possibilità che hanno per continuare a godere dell´appoggio statunitense e degli organismi finanziari internazionali ਠla vendita del gas. Questo ਠl´unico modo di prolungare un po´ di più la loro agonia, quello che ਠcerto ਠche il modello non funziona e il popolo lo ha capito. Cosଠanche si spiega il perchà© si discute di queste soluzioni che sono una cortina di fumo: se il gas viaggia dal Cile o dal Perù, se viene industrializzato o no, ecc. Il nocciolo della questione sono le basi del modello: La Legge di Capitalizzazione, la Legge sugli Idrocarburi, sono queste leggi che si devono eliminare se si vuole recuperare il gas e le risorse naturali per il beneficio dei boliviani.
Il suddetto ਠuna parte del problema l´altra parte ਠcome si riaggiungono gli obiettivi che il popolo attraverso l´opposizione politica espressa dal M.A.S. e dal M.I.P. hanno pianificato. Questa discussione prende il nome de “L´insurrezione in Bolivia e le lotte indigene”.
E ciಠche noi modestamente pensiamo ਠche bisogna vedere questa questione nel quadro di un tema ancora non risolto dalla sinistra che ਠla relazione degli indigeni con l´operaio o detto in altro modo, la questione nazionale con quella di classe. Ai tempi del trionfalismo del pensiero unico qualche intelettuale boliviano ha diagnosticato che “Dalla forza e dal timore si ਠpassati alla pietà e alla commiserazione!” Che di una classe orgogliosa si esibivano solamente le sue vestigia crocifisse, che ਠsparito il sindacalismo, che si ਠframmentata la´identità di gruppo e che esisteva solo una volontà dispersa, sfiduciata e individualista. Che significato aveva questa diagnosi cinica, nient´altro se non che la classe operaia ha smesso di essere tale, che ha smesso di essere classe, che il suo posto ਠstato preso dall´individuo e dalle sue stesse parole, che la storia comune si ਠdispersa, la leggenda si ਠopacizzata e con ciಠun futuro di utopie. Perಠla storia ha aveuto il compito di smentire completamente questo tipo di intellettuali che servono la destra con le loro pretestuose analisi scientifiche. Li ha smentiti nel gennaio 2000, quando contadini, operai, semplici cittadini e la gioventù di cochabamba hanno lottano in modo unitario fino a quando sono riusciti a cacciare la multinazionale BETCHEL, li ha anche smentiti lo sciopero contadino del settembre di quello stesso anno. Quest´anno a febbraio ਠsuccesso altrettanto, il video che abbiamo visto all´inizio ci fa vedere che i diversi settori del popolo hanno lottato uniti nelle città per sconfiggere la maggiorazione delle imposte di Goni ed ਠquesta stessa unità che oggi vediamo espressa in queste storiche giornate. Cosa intendo dire con cià², intendo dire che non ਠvero che gli operai, i contadini e gli altri settori sociali sono diventati individualisti, che si sono dimenticati di essere classe; perchà© ciಠche ਠcerto ਠche questa storia comune non si ਠpersa, non si ਠcancellata, ਠqui espressa nella cruda realtà e tutto questo non si puಠspiegare se non teniamo in considerazione una cosa che ਠstata detta da Hebe de Bonafini che ਠuna compagna che sicuramente conosce la storia dei nostri popoli, ella menzionಠil blocco contadino del 1979 al governo di Lidia Gueiler e ciಠche ci stava sottolineando ਠun fatto storico significativo per la storia comune che oggi si costruisce e non ਠdiversa dalla fusione della classe operaia con quella campesina indigena; che segnಠallo stesso tempo la definitiva rottura del funesto patto militar-contadino, in queste date tutto il popolo: contadini, indigeni, operai e classi medie unite attorno alla Centrale Operaia Boliviana, hanno segnato un evento che ਠquello di aver segnalato l´unità degli sfuttati.
Il rapporto tra contadini e operai in seno alla C.O.B. non à¨, n੠ਠstato, un rapporto facile e per questo voglio ripetere le parole di un dirigente contadino che in un Congresso della C.O.B., interpellato dal settore proletario a risposto loro: “Ora che si ਠspezzato lo specchio europeo davanti al quale vi pettinavate, vi guardavate e andavate avanti, …… non c´à¨ altra strada: se volete continuare a pettinarvi e a andare avanti, dovete specchiarvi in noi. Guardatevi dentro di noi. Noi siamo voi, voi siete noi e cosଠuniti riusciremo ad avanzare. Abbiamo vissuto 500 anni di sangue perಠanche 500 anni di speranza. Che il sangue non nasconda la speranza”.
Al di là del nome che darete a questo specchiarvi dentro di noi, questa unità di forma per le strade, nell´altopiano, nelle valli e ad oriente del nostro paese, si forma nella lotta. Questa ਠla storia che si forgia e che inizia a costruire la sua utopia, quella che il nemico ha distrutto nelle sue teorie. Sono i figli di Tupac Katari, sono quei minatori che nell´86 nel bel mezzo di una sconfitta gridarono “Noi minatori torneremo!” e sono anche quei giovani immolati alla guerriglia di à‘ancahuazu e Teoponte.
Alla fine voglio dire che forse non ਠadeguato chiedere le vostra solidarietà , ma sarebbe meglio dire che questa ਠanche la vostra lotta, ਠla lotta dei latinoamericani per la propria liberazione.