Notiziario del Campo Antimperialista … 15 gennaio 2005
Notiziario del Campo Antimperialista … 15 GENNAIO 2005
itacampo@antiimperialista.org
– La settimana scorsa si e´ riunita a Firenze l´assemblea della sezione italiana del Campo. Tra le altre decisioni la compagna Maria Grazia Ardizzone e´ stata eletta Portavoce della sezione italiana del Campo Antimperialista.
– Mentre i due compagni turchi restano a Rebibbia, la Procura della Repubblica di Perugia ha formalmente notificato ai compagni arrestati lo scorso 1. Aprile, l`avvenuta chiusura delle indagini preliminari relative all` “operazione Tracia”. E` ragionevolmente prevedibile che la prossima primavera si svolgeranno le prime udienze per decidere il rinvio a giudizio o, come noi chiediamo, l`archiviazione.
– Sabato 8 gennaio, la cella che Willy Frediani (militante del Campo arrestato nel luglio) condivide con altri 4 detenuti nel carcere di Spoleto ਠstata perquisita dalla Digos di Firenze e Pisa e dai Ros di Pisa, su ordine del PM Francesco Fleury. Analoga perquisizione ਠavvenuta nel carcere di Torino nella cella di Alessio Perondi.
– MANIFESTIAMO A ROMA IL 19 MARZO! IL CAMPO ANTIMPERIALISTA ACCOGLIE LA PROPOSTA FATTA DALLO I.A.C. STATUNITENSE E DALLA RETE EUROPEA DEI COMITATI IRAQ LIBERO A MANIFESTARE SABATO 19 MARZO NEL SECONDO ANNIVERSARIO DELL´AGGRESSIONE IMPERIALISTA ALL´IRAQ. FINIAMO LA GUERRA! CON IL POPOLO IRACHENO CHE RESISTE! FUORI LE TRUPPE DALL´IRAQ! (APPELLO SU: www.iraqlibero.at)
Questo Notiziario contiene:
1. TSUNAMI: aiuti imperialisti
2. PALESTINA: INTERVISTA AL SEGRETARIO DEL FPLP SULLE ELEZIONI
3. KUBAYSI E I DESAPARECIDOS IRACHENI: INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
4. LETTERA DI WILLIAM FREDIANI AL CAMPO ANTIMPERIALSISTA E A TUTTI I SOLIDALI
5. I TRUCCHETTI DI ADRIANO SOFRI
6. 1755: NOTERELLA SULLA CIVILTA´ ANGLO-AMERICANA
1. TSUNAMI: aiuti imperialisti
La natura non ha un etica, non segue una linea di condotta morale, non conosce ne´ il bene ne´ il male. Essa non ha coscienza di se´, e puo´ solo ubbidire alle sue proprie leggi. Per questo non e´ colpevole. Alcuni sostengono che lo sia invece l´homo sapiens, in quanto specie che nella smania di sottomettere la natura ਠresponsabile di irreversibili processi distruttivi dell´ecosistema, il quale reagirebbe a sua volta in maniera non meno catastrofica e senza riguardo alcuno per l´umana civilizzazione. Non siamo vicini a questa concezione hobbesiana dell´uomo come lupo per gli altri uomini, o come homo demens destinato a annientare il suo proprio habitat naturale. Non esiste una “essenza umana”, contano piuttosto le circostanze storico-sociali e la maniera in cui gli uomini organizzano e strutturano la loro societa´. Non gli uomini sono in conflitto con la natura quindi, ma le strutture sociali a cui essi stessi danno vita e finiscono per ritenere eterne. Oggi gli uomini divinizzano il Capitale, come gli arii dell´India antica che dopo aver inziato ad usare le vacche come forma primordiale di danaro, finirono per divinizzarle, ovvero deificarono il denaro e le sue apparenti qualita´ metafisiche.
Innalzando il Capitale sopra ogni cosa, sopra a Dio e sopra la Natura, gli uomini hanno costruito e alimentano quel mostro sociale che e´ il sistema imperialistico il quale, come un Moloch, tende ad annientare ogni cosa sia d´intralcio alla sua cieca pulsione a trasformarsi in denaro che si valorizza.
Nessuno avrebbe potuto evitare lo Tsunami, tuttavia si sarebbero potute prevenire ed evitare le catastrofiche conseguenze. Sono i selvaggi processi di urbanizzazione e l´abbandono delle campagne (dovuti alla politica delle multinazionali agroalimentari, alla imposizione dei modelli mercantili e culturali occidentali come pure alle varie controguerriglie) che hanno spinto i contadini poveri verso le coste, all´esodo verso i centri urbani di catapecchie di fango e cartone, a distruggere millenarie consapevolezze e conoscenze (alcune tribu´ della Andamane appena avvertito il terremoto sono scappate sulle montagne e non hano subito vittime). La globalizzazione imperialista ਠquindi certamente responsabile se lo Tsunami ha fatto un´ecatombe. E, senza timore di esagerare, l´imperialismo e´ colpevole, poiche´ la sua tecno-scienza da tempo gli consente di avvertire con sufficiente anticipo l´arrivo dell´onda anomala. Ma esso non esporta nel terzo mondo queste tecnologie utili alla vita, ma solo quelle militari di morte, usandolo come discarica o luogo di rapina e saccheggio.
Poi, davanti al cataclisma, ecco l´Occidente e le principali potenze capitaliste, fare a gara nella solidarieta´. Straripano gli aiuti, i soccorsi, si sprecano le esortazioni umanitarie. Si muovono governi, Nazioni Unite, Croci rosse, ONG, le portaerei USA. Tutti assieme appassionatamente.
No signori, non e´ affatto una pagliacciata, si tratta davvero di somme colossali. Ma esse non sono innocenti, ne´ neutrali. Gli aiuti sono aiuti imperialisti, che sono e verranno usati a vantaggio delle potenze che li offrono. Essi sono gratis solo in apparenza, in realta´ produrranno sul medio lungo periodo dei giganteschi vantaggi economici e geopolitici per i paesi donatori. Non a caso tra USA, Giappone, Euopa e Cina e´ in corso una sorda competizione geoeconomica. Chi piu´ aiuta oggi piu´ possibilita´ avra´ domani di mettere quei popoli sotto il proprio dominio. Non sara´ un caso se il governo di una potenza emergente come l´India ha rifiutato categoricamente ogni “aiuto”.
Solo due cose per finire.
Con il pretesto di amministare la solidarieta´ i governi dell´Indonesia e dello Sri Lanka stanno spostando le loro truppe verso le zone da sempre controllate dalle guerriglie antimperialiste tamil e di Aceh. Questi governi poi, in barba alla tragedia umanitaria e sotto gli occhi occidentali, stanno gia´ stornando i fondi per rafforzare i loro eserciti, che in quei paesi assorbono la parte principale del prodotto interno. La seconda riguarda le ONG. In queste settimane sui media e´ tutto un fiorire di lodi sperticate e di encomi ai bravi volontari occidentali e alla loro passione umanitaria e civile. Rispettiamo la passione dei singoli. Ma mai come ora queste ONG si sono dimostrate organismi funzionali all´imperialismo e ai suoi piani geopolitici, esattamente come le missioni cristiane che accompagnavano gli sterminatori spagnoli e portoghesi. Quando va bene l´opera di questi nuovi missionari e´ come l´obolo dato al mendicante che stende la mano: essa non libera ne´ redime i diseredati, ma solo li rinserra nel loro stato di abiezione.
La vera solidarieta´ che noi occidentali possiamo portare a quei popoli martoriati e rovesciare i nostri governi imperialisti. Vale per Aceh come per l´Iraq. Non euro via SMS quindi, ma lotta antimperialista!
2. PALESTINA: INTERVISTA AL SEGRETARIO DEL FPLP SULLE ELEZIONI
Ahmet Saadat, segretario generale del FPLP, si trova rinchiuso in una prigione palestinese vicino a Gerico, insieme a tre membri del commando che giustizià², nell´ottobre del 2001, l´ultra-rezionario ministro del Turismo, Zeevi, come risposta all´assassinio di Abu Ali Mustafa, uno dei dirigenti del FPLP, perpetrato dagli israeliani. Proprio come il processo che, per cedere alle richieste di Sharon, ebbe luogo all´interno della Muqata nella Ramallah assediata, le condizioni nelle quali si trovano attualmente i prigionieri sono grottesche. I suoi carcerieri sono palestinesi, ma li vigilano dai tetti, e le loro conversazioni sono costantemente ascoltate dai soldati americani e britannici in locali strapieni di microfoni e di sistemi di interferenza. Tutto queste attenzioni dedicate alla sua “protezione”. Uno dei membri del commando, condannato ad un anno di prigione nell´aprile del 2002, rimane tutt´ora detenuto, “per il suo bene “naturalmente, mentre avrebbe dovuto essere liberato otto mesi fa.
Alcuni giorni prima che il FPLP annunciasse il suo appoggio alla candidatura di Mustafa Barghouti alle elezioni presidenziali, conducemmo questa intervista con Saadat ed i suoi compagni in prigione.
La Corte Suprema palestinese ha ordinato diversi mesi fa la sua rimessa in libertà , perchà© continua a stare ancora in prigione?
Non ਠla prima volta che una decisione del Tribunale non viene applicata: esistono decine di decisioni che non sono mai state compiute. Una parte degli obblighi sulla “sicurezza” dell´Autorità Palestinese ਠdi cedere ai diktat americani ed israeliani. àˆ per questo che continuiamo a stare qui come ostaggi, come prova di buona volontà da parte dell´Autorità palestinese.
Gli americani e gli israeliani descrivevano Yasser Arafat come un “ostacolo” alla pace. Cambia qualcosa con la sua scomparsa?
Prima di tutto bisogna definire cosa ਠun ostacolo. Per Israele qualsiasi dirigente palestinese che non accetti l´insieme delle sue richieste ਠgià un ostacolo. Se Abu Mazen ed il prossimo governo difenderanno i diritti fondamentali dei palestinesi, saranno considerati, anch´essi, come ostacoli. Quel che ਠcerto ਠche Olmert (ministro del Commercio israeliano) ha appena dichiarato che sarà impossibile firmare un accordo di pace con Abu Mazen per il fatto che appoggia la rivendicazione del diritto al ritorno dei rifugiati.
Il FPLP non presenta nessun candidato alle elezioni del 9 di gennaio, mentre il PPP ed il FDLP hanno i propri candidati. Non sarebbe possibile che la sinistra presentasse una candidatura unica?
Noi non presentiamo nessun candidato, soprattutto perchà© ci rifiutiamo di avallare l´Autorità Palestinese, prodotto degli accordi di Oslo. àˆ inaccettabile il fatto di partecipare a delle elezioni sotto occupazione, ma in più pensiamo che queste elezioni dovrebbero essere globali, con il rinnovo di tutte le istituzioni dell´Autorità Palestinese, il Consiglio Legislativo Palestinese, le autorità municipali… La distanza nel tempo tra le elezioni presidenziali e le legislative ci fa dubitare che sia un passo verso la democrazia. Queste elezioni dovrebbero essere anche un mezzo di lotta contro l´occupazione, uno dei meccanismo per l´ottenimento del diritto all´autodeterminazione. Israele e gli USA pretendono di imporci un cambiamento democratico che corrisponde alle loro necessità e ci negano il diritto all´autodeterminazione.
Nonostante tutto, abbiamo tentato una candidatura unica di sinistra. Abbiamo tenuto degli incontri con altri gruppi; col Partito del Popolo Palestinese (PPP, l´ex Partito Comunista Palestinese ed ex partito di Mustafa Barghouti, ndt), col FDLP (Fronte Democratico di Liberazione della Palestina) e perfino con FIDAH che in parte appoggia gli accordi di Ginevra.
Abbiamo tenuto delle discussioni per iniziare una bozza di programma; una scommessa sulle priorità principali che stanno al di sopra delle questioni personali. Volevamo elaborare un programma che fosse realmente di sinistra. Abbiamo avuto delle discrepanze col FDLP, che ha incluso la “Road Map” nel suo programma, e con il PPP che accetta i principi della “iniziativa araba” sul diritto al ritorno, un concetto che tradisce gli stessi principi del diritto al ritorno, introducendo degli emendamenti e concedendo ad Israele il potere di accettare o meno il ritorno dei rifugiati. Nonostante questi dissidi abbiamo proseguito con i dibattiti. Ed alla fine abbiamo avuto la spiacevole sorpresa di scoprire che il PPP ed il FDLP avevano già nominato i propri candidati: Bassam Sahali per il PPP e Tayser Jaled per il FDLP.
Il FPLP ha deciso quindi di appoggiare la candidatura di Mustafa Barghouti in queste elezioni. Pensate che sia realmente un candidato di sinistra?
Avremmo preferito un candidato chiaramente anticapitalista, poich੠ਠla verità che Mustafa Barghouti non ਠun rivoluzionario. Perಠਠstato onesto con noi ed ha accettato i punti essenziali del nostro programma, come il diritto al ritorno e l´appoggio a qualsiasi forma di resistenza del popolo palestinese. Mustafa Barghouti ਠun simbolo a livello nazionale ed internazionale in quanto presidente del PMRC (la principale ONG medica palestinese). La sua posizione non ਠstata magari sempre troppo chiara, ma il nostro obiettivo consiste nell´aiutarla ad evolvere. Se non ci riusciamo, non perdiamo niente, perchà© abbiamo la nostra posizione politica, il nostro programma.
Se alla fine Marwan Barghouti si fosse presentato, avreste appoggiato la sua candidatura?
Marwan Barghouti ਠun dirigente di Fatah, ਠstato formato da Fatah ed agirà sempre in accordo con la linea dal suo partito. Naturalmente, noi distinguiamo tra Abu Mazen e lui, ma alla fine dei conti, i due rappresentano la stessa ideologia, lo stesso programma al servizio della borghesia palestinese.
Credete che la soluzione di due Stati sia percorribile?
La soluzione di due Stati ਠun punto di partenza che potrà creare il clima necessario per una soluzione pacifica. Naturalmente, non deve mai fermarsi la lotta per un solo Stato democratico, senza nessun tipo di discriminazione etnica o religiosa, dato che ਠl´unica soluzione possibile per risolvere i problemi: quello dei palestinesi dell´anno 1948 e quello del diritto al ritorno. In questa battaglia ਠnecessaria la solidarietà internazionale e l´unità di quelli che lottano al nostro fianco. Come palestinesi e come FPLP ci sentiamo orgogliosi di tutte le dimostrazioni di solidarietà con noi e con il popolo palestinese.
A cura di Mireille Terrin e Chris Den Hond della Associazione di Solidarietà Francia-Palestina
3. KUBAYSI DESAPARECIDOS: INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
TRA LO STUPORE DEGLI INGENUI E DEI FINTI TONTI, IL SETTIMANALE NEWSWEEK DELLA SETTIMANA SCORSA HA CONFERMATO CHE IL PENTAGONO, PER FRONTEGGIARE LA RESISTENA IRACHENA HA DECISO DI AFFIDARSI A “squadroni della morte”, composti dall`à©lite militare Usa, che Rumsfeld vorrebbe spedire in Iraq col compito di dare la caccia ai capi della ribellione sunnita, per assassinarli o rapirli”. Il piano, SFRONTATAMENTE, e´ stato battezzato “Opzione Salvador”, poche´ s`ispira alla strategia criminale usata dall`amministrazione Reagan all`inizio degli anni 80 contro i guerriglieri antimperialisti in America centrale. “Per sconfiggere i ribelli salvadoregni, il governo Usa finanziಠed addestrಠle famigerate “squadre della morte” governative, incaricate di terrorizzare e uccidere i leader ribelli e i loro seguaci”, afferma Newsweel.
Il Corriere della Sera del 10 gennaio da parte sua chiosa: “Nonostante la bufera di polemiche contro una politica che ha portato alla morte di innumerevoli civili innocenti, la destra americana, ieri come oggi, la considera un grande successo. Tra questi c`ਠanche John Negroponte, attuale ambasciatore Usa in Iraq ed ex protagonista dello scandalo Iran-Contra. Il Pentagono avrebbe insomma intenzione di fare il bis in Iraq, addestrando elementi scelti fra i Peshmerga curdi e i miliziani sciiti, per dare la caccia, anche oltre il confine con la Siria, a insorti sunniti e loro sostenitori”. E pudicamente quanto cinicamente il Corriere conclude: “Resta tuttavia non chiarito se debba essere una strategia di eliminazione fisica o di rapimento dei “bersagli”, per trasferirli in località segrete e interrogarli”. Chi riceve questo Notiziario sa che noi, su sollecitazione dei fratelli iracheni, denunciammo l´esistenza di “squadroni della morte” anglo-americanigia´ nel settembre scorso, e sostenemmo che il rapimento del patriota Jabbar al-Kubaisi, avvenuto il 3 settembre, era certamente il primo caso clamoroso di desaparecido. Da allora e´ in atto una campagna di denucnia che ha gia´ toccato il Parlamento europeo e ora quello italiano.
Atto Camera – Interrogazione a risposta scritta 4-12112 presentata da MAURO BULGARELLI venerdଠ17 dicembre 2004 nella seduta n.562
BULGARELLI. – Al Ministro degli affari esteri. Per sapere – premesso che:
varie organizzazioni umanitarie internazionali, tra le quali Amnesty International e la Croce Rossa Internazionale, denunciano da tempo che in Iraq sono detenuti in condizioni spesso inumane decine di migliaia di prigionieri iracheni; molti di essi sono donne o ragazzi di giovanissima età , accusati di far parte della resistenza; tra le moltissime persone arrestate dalle forze della coalizione ve ne sarebbero circa 10.000 di cui si ਠpersa ogni traccia, veri e propri “desaparecidos”;
tra esse vi ਠanche Jabbar al-Kubaisi, leader dell`Alleanza Patriottica Irachena, arrestato dalle truppe Usa il 3 settembre scorso, data a partire dalla quale non si hanno più notizie sul suo conto; neppure la Croce Rossa, che si ਠinteressata alla vicenda, ਠstata in grado di reperire alcuna informazione utile ad appurare se egli sia effettivamente detenuto in qualche luogo o se abbia subà¬to altra sorte -:
se non ritenga doveroso, essendo il nostro paese aderente alla coalizione di forze occupanti, adoperarsi presso gli alleati per appurare se corrisponda al vero che migliaia di cittadini iracheni risultano di fatto essere “desaparecidos”, non essendo noto se e dove sono detenuti;
se risulti alle nostre autorità che Jabbar al-Kubaisi sia effettivamente detenuto dall`esercito Usa e quali siano i motivi che impediscono che sia reso noto il luogo della detenzione.
Questa interrogazione faceva seguito a quest´appello:
DESAPARECIDOS – Appello internazionale contro i metodi di sterminio e annientamento usati dagli occupanti in Iraq
Il Popolo iracheno resiste con ogni mezzo all´occupazione della coalizione capeggiata dagli americani.
Secondo alcune fonti autorevoli, come ad esempio la Rivista medica The Lancet, sono più di centomila gli iracheni che sono stati uccisi dall´inizio dell´aggressione.
Un bagno di sangue annunciato. Una strage che à© culminata nel massacro recente di Falluja, la città martire, dove gli americani hanno perpetrato una seconda Hiroshima.
Nonostante questo, malgrado il terrore sistematico, il popolo iracheno continua a resistere tenacemente, con ogni mezzo. Prima o poi gli occupanti saranno battuti e respinti.
La storia darà ragione a chi lotta per la propria dignità , per la propria liberazione. La Resistenza irachena bussa alla porta di ogni popolo, chiama in causa il destino dell´intera umanità , che deve scegliere: o accettare il tallone di ferro dell´Impero americano o ribellarsi.
Disprezzando i sentimenti e i diritti di una nazione già ferita a morte da dodici anni di embargo genocida, gli occupanti aumentano le loro truppe, intensificano la loro guerra, moltiplicano le menzogne.
In questo inferno, su questo deserto di cadaveri, gli occupanti imperialisti vorrebbero infatti far nascere la loro “democrazia”. Hanno proclamato le elezioni per il 30 gennaio. A gestirle sarà il governo fantoccio di Allawi, da vent´anni notoriamente agente della CIA.
Per gli occupanti si tratta di questione di vita o di morte. Per vincerle à© sufficiente che esse abbiano luogo. Se la maggioranza del popolo seguirà le indicazioni della Resistenza, se respingerà la tragica farsa delle elezioni, gli imperialisti non avranno più neanche l´ultimo cinico alibi, dovranno andarsene se vorranno evitare che la catastrofe politica diventi militare.
Le elezioni in Iraq hanno dunque un´importanza cruciale. Gli occupanti stanno spendendo tutte le loro risorse per convincere l´opinione pubblica mondiale sul fatto che saranno regolari, trasparenti e democratiche.
Essi mentono. Non possono esservi elezioni democratiche in condizioni di occupazione, con intere zone del paese sotto i quotidiani bombardamenti USA; non possono esservi elezioni regolari gestite da un governo fantoccio come quello di Allawi.
In Iraq non c´à© solo una guerra dispiegata, c´e´ una dittatura militare che con le elezioni vorrebbe camuffarsi come legittima. Occorre dire la verità , occorre smascherare questa pagliacciata.
Non voteranno in Iraq le decine di migliaia di prigionieri di guerra iracheni (buona parte donne, anziani e giovanissimi) rinchiusi in lager del tutto simile a quello di Guantanamo. Luoghi terrificanti di prigionia in cui sono violati i più sacri ed elementari diritti dell´uomo. Secondo alcune fonti questi prigionieri invisibili raggiungono la cifra enorme di 80mila: la più alta dalla seconda guerra mondiale ad oggi.
Di circa diecimila di essi non si sa nulla: sono dei Desaparecidos. Nessuno sa che fine abbiano fatto, tantomeno le loro famiglie.
Questi sistemi di tortura e annichilimento mutuati dal nazismo sono cresciuti da quando Negroponte à© diventato ambasciatore USA a Bagdad. Lo stesso Negroponte che si à© fatto le ossa nello sterminio dei rivoluzionari in America centrale ai tempi di Reagan.
Di questi desaparacidos uno spicca su tutti quanti. Si chiama Jabbar al-Kubaisi, leader dell´Alleanza Patriottica Irachena. Rapito il 3 settembre dagli occupanti nessuno sa che fine abbia fatto, neppure la Croce Rossa. Jabbar à© il simbolo dell´Iraq che Resiste, dell´Iraq che gli americani vorrebbero seppellire per sempre.
E´ inconcepibile che nà© le Nazioni Unite, nà© nessun altro, chieda di visitare questi lager di annientamento; che nessuno possa visitarli; che a nessuno sia consentito di rompere la muraglia del silenzio.
Facciamo appello a tutte le forze democratiche e antimperialiste a mobilitarsi, non solo per il ritiro immediato delle truppe d´occupazione, ma contro i metodi di sterminio angloamericani, affinchà© vengano rispettate le convenzioni internazionali che tutelano i diritti inviolabili dei prigionieri di guerra.
Dobbiamo mobilitarci affinchà© venga riconosciuto alla Resistenza lo status di forza belligerante e non “terrorista”, affinchà© i prigionieri siano trattati umanamente come prigionieri di guerra ufficiali e non come bestie.
In particolare chiediamo agli occupanti che rilascino tutte le donne, gli anziani e i giovanissmi.
Chiediamo con forza che essi pongano fine ai loro metodi illegali di annientamento e che indichino ai familiari e all´opinione pubblica che fine hanno fatto le migliaia di prigionieri desaparacidos.
Proponiamo infine la formazione di una commissione giuridica d´inchiesta, internazionale e indipendente, che possa indagare e visitare le decine di Guantanamo irachene.
IRAQ LIBERO – 9 dicembre 2004
Per adesioni: comitato_nazionale@iraqlibero.at
4. LETTERA DI WILLIAM FREDIANI AL CAMPO ANTIMPERIALSISTA E A TUTTI I SOLIDALI
Spoleto, 23 dicembre 2004
Carissimi compagni,
vi comunico che sono stato trasferito al carcere di Spoleto in regime E.I.V. (Elevato Indice di Sorveglianza).
Nonostante per i detenuti EIV sia prevista una cella singola, mi trovo in cella con altri 4 compagni, alcuni dei quali vivono cosଠda svariati mesi.
Siamo chiusi 24 ore al giorno, salvo l´aria e la socialità . Perciಠcapirete che non siamo propriamente in paradiso, ma la solidarietà tra detenuti ਠbuona.
Come sapete, sono uno di quelli che ਠspesso andato a manifestare la propria rabbia e opposizione davanti alle carceri e ai tribunali in solidarietà ai compagni colpiti dalla repressione borghese. Molte volte abbiamo discusso sul “caso Dorigo” e sull´infame tortura cui ਠsottoposto.
Evidentemente la mia determinazione nel sostenere la sua battaglia era talmente forte che sono riuscito a raggiungerlo e ad essergli vicino di cella!
Paolo mi ha aiutato fin dal mio arrivo (cibo, libri, maglioni).
L´antiterrorismo ਠvissuto in Italia come anticomunismo. Sbattere in galera un comunista o un anarchico ਠappagante per gli uomini della repressione. Poco importa se non hanno nulla in mano. Non contano le prove. Non fa niente se non hanno DNA, impronte digitali, testimoni, infami, intercettazioni telefoniche o ambientali pertinenti e rilevanti.
L´importante per loro ਠcolpire i militanti comunisti, anarchici, islamici, antimperialisti e antifascisti. L´importante ਠsoffocare il dissenso, chiudere le bocche, togliere la libertà a tutti coloro che decidono di opporsi al crimine imperialista e allo sfruttamento capitalistico.
Secondo lo stesso diritto borghese non possono processare le idee di nessuno. Non mi illudo che rispetteranno la loro stessa costituzione. Tuttavia, c´à¨ da lottare per imporre ai repressori il rispetto della libertà di pensiero e di espressione per ristabilire quel minimo di vivibilità politica che questo regime nazi-mafioso yankee vorrebbe ulteriormente strapparci.
Vi abbraccio col braccio teso e il pugno chiuso.
Invitiamo tutti I compagni ad inviare a William la loro solidarieta´:
William Frediani
Casa di reclusione
Via Maiano 10
06049 Spoleto (PG)
5. I TRUCCHETTI DI ADRIANO SOFRI
A proposito del suo articolo su William Frediani pubblicato dal Tirreno
Adriano Sofri continua a fare il furbo. E´ questa la sua vera specialità .
La paginata che Il Tirreno del 28 dicembre gli ha messo a disposizione per esporre il suo ben poco innocente pensiero su William Frediani lo conferma puntualmente.
Sofri esordisce dicendo che vuole “svolgere alcuni pensieri”, “pensieri non notizie”, perchà©, afferma: “quanto ai fatti sono pochissimo informato”.
Inizia cosà¬, con un trucco, per sottrarsi al giudizio sull´inchiesta. Un trucco per parlare di Willy accettando di fatto l´impianto accusatorio della Procura di Pisa.
L´occhiello dell´articolo ਠdel resto indicativo: “Sofri interviene su William Frediani delle Cor pisane”. Un´accusa debole, senza riscontri e senza prove, diventa in questo modo una certezza. E´ cosଠche la repressione si serve della stampa compiacente.
Non entrare nel merito delle accuse e di come si ਠmossa la magistratura ਠun pಠtroppo comodo. Siamo più precisi: ਠdisonesto, moralmente inaccettabile. Sofri lo sa, ma pensa che le sue furberie anestetizzeranno il disattento lettore. Naturalmente queste piccole astuzie sono fatte soprattutto di gigantesche omissioni.
Perchà© Sofri non dice niente sulla mostruosità della cosiddetta “riqualificazione del reato” che ha portato all´imputazione per associazione sovversiva con finalità di eversione e terrorismo (art. 270 bis)? Perchà© non dice che questo atto non si fonda su alcun fatto nuovo? Perchà© non dice che si tratta di un´autentica porcheria che ha l´unico scopo di tenere William Frediani ed Alessio Perondi in carcere?
Non lo dice perchà© non puಠdirlo. La parvenza di asettica oggettività che vuol dare al suo discorso ha bisogno di questi silenzi.
E´ la stessa ragione per cui nel suo discorso c´à¨ la condanna generale della violenza, la condanna specifica di alcune forme di violenza politica, insieme all´assoluzione totale dei detentori e degli utilizzatori del massimo livello di violenza prodotto nella storia dell´umanità .
Sofri si occupa di un portone sbruciacchiato a Pisa, ma non si preoccupa per la violenza del potere, la violenza del sistema, la violenza dell´imperialismo. Non solo non se ne preoccupa, ma trova il modo di giustificare l´occupazione dell´Iraq.
Per lui, testuale la solidarietà con la Resistenza irachena ਠ“un triste strafalcione politico”, e i militari caduti a Nassyria “meritano solo di essere onorati”. Che fossero, e siano tuttora, truppe di occupazione, al nostro furbastro poco importa.
D´altronde, poche settimane fa, in un´intervista a “Lettera 22” Sofri dichiarava di non aver condiviso la guerra, ma… “visto che le cose sono andate in questo modo” viva le elezioni farsa, viva il fantoccio Allawi, viva soprattutto i “liberatori” a stelle e strisce che hanno fatto uscire dalle prigioni i prigionieri politici di Saddam.
Su quelli che invece sono entrati nei lager americani, sulle torture, i desaparecidos, anche qui nessuna parola.
Ancora più interessante, sempre nella stessa intervista la motivazione che Sofri fornisce sulla sua “contrarietà ” alla guerra: “La mia vera preoccupazione di fronte all´intervento in Iraq, fatto sotto forma di una guerra che continuo a ripudiare, riguarda proprio la possibilità che il risultato potesse essere una sciitizzazione del paese”.
Abbiamo riportato questa citazione per un solo motivo: sia che parli della guerra infinita di Bush che delle vicende pisane, Sofri si pone sempre, per naturale predisposizione si direbbe, come consigliere del Principe.
Non era contrario alla guerra come manifestazione del progetto di dominio americano, non era contro la guerra perchà© imperialista, o più semplicemente perchà© in contrasto con il diritto internazionale. Non era contrario, fondamentalmente, neppure per motivi umanitari, ma solo perchà© dalla guerra poteva uscire un nuovo potere ugualmente sgradito all´occidente.
E cosଠsull´inchiesta pisana. Non solo nessuna parola sui misfatti della magistratura, nessuna parola sull´abuso della carcerazione preventiva, nessuna parola sulla sentenza del Tribunale del Riesame di Firenze che in sostanza ha affermato che William Frediani deve stare in carcere in quanto comunista. Non solo questi silenzi, ma anche un´affermazione rivelatrice laddove scrive che questo ਠ(TESTUALE!) “un caso in cui repressione e prevenzione possono e dovrebbero andare insieme”.
Ecco la vera preoccupazione di Sofri: la repressione ਠnecessaria (come la guerra evidentemente), ma da sola non basta. Occorre anche la prevenzione. E quando parla di prevenzione ਠevidente che non si riferisce tanto alle Cor, quanto ad ogni forma di opposizione di sistema al capitalismo ed all´imperialismo.
Per Sofri, Willy dovrebbe sଠessere scarcerato, ma non per una elementare esigenza di giustizia, bensଠper un mero calcolo del potere politico nel quale evidentemente l´ex capo di Lotta Continua si riconosce ormai pienamente.
E´ chiaro che Sofri cura in questo modo la sua immagine ed il suo ruolo per accreditarsi sempre più presso un potere marcio e (questo sà¬) violento. Per ottenere questo risultato ha usato strumentalmente le vicende giudiziarie di Willy, dopo aver ipocritamente premesso che Willy stesso lo avrebbe certo diffidato dal farlo. Ma la sua arroganza senza limiti gli ha evidentemente impedito di tenerne conto. Ed il tono paternalistico che percorre l´articolo finisce per rendere ancora più intollerabile questa arroganza.
Tuttavia noi non pensiamo che Sofri abbia dedicato tutta questa attenzione a Willy solo per legittimarsi di fronte al potere. Chi ha sostenuto la criminale guerra d´aggressione alla Jugoslavia non ha di questi problemi. E se ਠancora in carcere lo deve solo all´essersi trovato in mezzo a quella guerra per bande tutte interne al regime che ha sostituito la politica nel sistema bipolare.
No, pensiamo che Sofri sia stato mosso anche da un´altra esigenza di ordine psicologico. Parlando di Willy egli dice: “E´ di quei giovani militanti che devono mandare a quel paese i vecchi e disillusi ex combattenti”. Conosciamo bene Willy e sappiamo che non ਠsuo costume “mandare a quel paese” una persona solo perchà© disillusa. Se solo di questo si trattasse Sofri sa bene che Willy sarebbe ben disposto a discutere.
Ma quel che da noia all´ex consigliere del Psi ਠun´altra cosa: ਠche persone come Willy, che scelgono di lottare contro l´ingiustizia e lo sfruttamento, continuano ad esistere, per fortuna e nonostante i mille Sofri del mondo.
Questo pungente fastidio Sofri non l´ammetterà mai. Ma la ragione del suo astio ਠla stessa che ci porta a sostenere pienamente Willy e gli altri compagni colpiti dalla repressione, a partire da Alessio Perondi attualmente detenuto a Torino.
A loro tutta la nostra solidarietà .
A Sofri un solo consiglio: la smetta di credersi sempre “Il più furbo”.
Comitato contro la repressione di Pisa
6. 1755: NOTERELLA SULLA CIVILTA´ ANGLO-AMERICANA
… Ieri
Era il 1755. Joseph Dudley, governatore del Massachusetts, allora colonia britannica, pronuncia parole di fuoco contro l`Europa che “ci impedisce di ripulire la nostra terra dal verminaio indigeno, selvaggio e crudele, impossibile a convertire ai nostri usi civilizzati e cristiani, ostacolo all`industria umana”. Non parlava dei musulmani naturalmente, ma dei pellerossa. CosଠDudley, adattando alla bisogna le leggi inglesi contro i cani randagi, decretava un premio in denaro per ogni indiano ucciso. Il massimo del premio, 30 sterline (la paga settimanale di un operaio) era pagato per “i maschi guerrieri sopra i 14 anni”. Come prova, bisognava esibire lo scalpo della vittima. Data perಠla difficoltà di scotennare i lattanti, in quel caso sarebbe stata accolta come prova la mano sinistra del bambino.
La misura, su richiesta dei cacciatori di indiani, venne presto estesa ai francesi: colpevoli di aiutare i Mohawks contro i britannici.
… Oggi
Dopo le denuncie indipendenti che hanno sbugiardato la Casa Bianca, esistono oggi migliaia di pagine di documenti confermano che nel carcere di Guantanamo venivano e forse vengono ancora regolarmente commessi abusi ai danni dei detenuti da personale delle forze armate americane e della CIA, abusi che l`amministrazione Bush aveva sempre negato. I documenti provano che tutto ciಠavveniva a Guantanamo già nel 2002 e che tali pratiche sono continuate in Iraq anche dopo lo scandalo del carcere di Abu Ghraib, per non parlare dei carceri afgani come quello di Bagrham. Gli stessi rapporti dell`FBI parlano di uso sistematico della tortura durante gli interrogatori che avvenivano nella base di Cuba, altri documenti riferiscono invece dettagliatamente di abusi commessi dai Marines in Iraq e della morte di decine di uomini tenuti in custodia degli americani. I criminali di guerra americani affermano che questi fatti sono attribuibili alla “mancanza di disciplina in certe unità “, ma tutti sanno che Guantanamo e Abu Ghraib hanno un regista, ovvero Donald Rumsfeld! Lo stesso generale Miller, comandante della base di Guantanamo, ha confermato tali pratiche naziste avvenivano per ordine del segretario alla difesa.