Questo Notiziario contiene:
1. HAMAS!
2. IRAQ: LA RESISTENZA AD UNA SVOLTA
Risoluzione del campo Antimperialista (18/12/2005)
3. PRODI?
Sta coi frati e zappa l’orto
4. LA SAI L’ULTIMA SU BERTINOTTI? (2)
5. BANCHIERI IN CODA
Un dettaglio da non dimenticare su malaffare e centro-sinistra
1. HAMAS!
E’ una bella notizia quella della
schiacciante vittoria del Movimento Hamas nelle elezioni amministrative
nei territori palestinesi. Ancor piu’ significativa visto che anche
nelle citta’ e cittadine considerate tradizionali roccaforti di Al
Fatah, Hamas ottiene spesso la maggioranza assoluta. La stampa
occidentale si alambicca a cercare le ragioni della sconfitta di Abu
Mazen, tirando in ballo i fattori piu’ disparati tranne il principale.
Qual’e’? E’ che la maggioranza dei palestinesi respinge la cosiddetta
“Road Map”, ovvero il “piano di pace” che tanto e’ caro agli
imperialisti euro-americani + Sharon. Solo per questo le elezioni
assumono un significato di straordinaria importanza. L’ elemento
cruciale che i media nascondono e’ infatti che i palestinesi hanno
premiato la linea della continuazione della lotta intransigente per una
vera liberazione della Palestina, contro ogni idea di un bantustan
o staterello a sovranità condizionata e sotto la scure della supremazia
israeliana. Questi risultati vanno letti accanto a quelli egiziani, che
hanno visto l’avanzata dell’alleanza elettorale anti-Mubarak, la quale,
contrariamente a quanto si dice, non e’ composta solo dai Fratelli Musulmani,
ma da diverse forze nazionalste, alcune delle quali di ispirazione
antimperialista. Questi passi avanti non sarebbero stati possibili
senza la dura Resistenza irachena all’occupazione, la quale sta
alimentando una spinta antimperialista in tutto il medio oriente e i
cui effetti si faranno sentire a lungo. Una spinta che tutti gli
oppressi sperano faccia satare in aria i piani occidentali e israeliani
di stabilizzazione, imbellettati con la bandiera della democrazia, ma
dietro ai quali v’e’ la pretesa necolonialista di avere in tutto il
medio oriente stati satelliti e governi asserviti.
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2. IRAQ: LA RESISTENZA AD UNA SVOLTA
Risoluzione del Campo Antimperialista (18/12/2005)
1. La massiccia partecipazione elezioni del 15 dicembre
nelle provincie del cosiddetto “Triangolo sunnita” (eufemismo per
qualificare le vaste aree sostanzialmente controllate dalla Resistenza
e ove risiedono piu’ del 40% dei cittadini iracheni) ha spinto gli
americani e i loro pennivendoli in servizio permanente effettivo alla
Magdi Allam, a strombazzare vittoria. Essi parlano di “clamorosa
sconfitta della guerriglia”.
2. In realta’ la larga partecipazione al voto ਠevvenuta non malgrado
ma grazie al grosso della Resistenza (tranne un piccolo cartello di
cinque gruppi guerriglieri fondamentalisi legati ad Abu Musab
al-Zarkawi), che ha infatti deciso di entrare nella mischia ellettorale
allo scopo di eleggere quanti piu’ deputati possibili nella Assemblea
Nazionale.
3. Questa decisione fa seguito a quella adottata in occasione del
referendum di ottobre sulla Costituzione, ovvero di andare a votare per
dire NO. Gli iracheni sanno bene che nelle provincie di Ninawa, Salah
Ad Din, At Ta’min, Dyala, Bagdad, Al Anbar; il No ottenne una rotonda
maggioranza e che se non fosse stato per i brogli la Costituzione
voluta dagli americani sarebbe carta straccia.
4. Cos’e’ la Resistenza? La stampa imperialista deve puntellare il
teorema che essa non ha carattere di massa, che se non fosse per
piccoli gruppuscoli venuti da fuori, in Iraq regnerebbe già la pace.
Falso! La lotta armata animata da decine di gruppi molto agguerriti, à¨
solo l’avangardia guerrigliera di un movimento sociale e politico ben
più vasto. Basti immaginare che le città , i villaggi e le vastissime
zone off limits
per gli occupanti, poggiano su una rete organismi e comitati locali che
rappresentano una capillare rete che struttura un vero e proprio
contropotere territoriale. Organismi sociali, amministrativi ecc. che
devono occuparsi, in condizioni difficili e spesso disperate (vieppiù
terribili date le costanti e micidiali incursioni degli americani), di
organizzare la vita sociale dei cittadini.
5. Gli americani, ਠnoto, sono andati a scuola degli israeliani
cercando di apprendere come esssi hanno potuto tenere testa
all’Intifada, ma come gli israeliani non hanno potuto mai esercitare il
pieno controllo della striscia di Gaza e di decine di città della
Cisgiordania, cosଠgli americani hanno del tutto fallito nell’impresa
di esercitare uno stabile predominio non in questa o quella zona, ma in
gran parte dell’Iraq (negli stessi distretti in mano alle forze sciite,
tanto per fare un esempio, il controllo politico e militare à¨
esercitato non dagli americani o dalla loro polizia irachena, ma dalle
milizie legate a questa o a quella formazione politica, ad esempio il Mahdi di al-Sadr).
6. Se dovessimo esprimere in una parola come stanno le cose diremo che siamo davanti ad uno stallo.
Gli americani non possono battere la Resistenza, ma questa non puà²
vincere gli occupanti. Se gli americani sono impaludati anche la
Resistenza ਠin difficolta’. Oltre al pesante isolamento internazionale
(nessun paese, ed e’ la prima volta nella storia, accetta di ospitare
una sua rappresentanza politica), oltre all’ovvia preponderanza
militare degli americani, la madre di tutte le difficolta’ e’ proprio
strategico-politica.
7. L’Iraq non e’ un paese in cui possa svilupparsi una guerra popolare
prolungata rurale di tipo cinese o vietnamita. Essa rassomiglia
piuttosto a quelle libanese, palestinese o somala. La strategia della
guerra popolare prolungata presuppone consolidare una vasta zona
completamente liberata che consenta di trasformare le forze
guerrigliere in un vero e proprio esercito regolare di liberazione per
passare dalla fase di difensiva strategica a quella di offensiva. In
Iraq la “offensiva strategica”
e’ sostituita dall’insurrezione urbana di massa. Sollevare le masse
urbane diventa quindi l’imperativo della Resistenza. E’ qui il problema
drammatico. L’insurrezione urbana di massa presuppone la saldatura tra
la Resistenza “sunnita” e le popolazioni sciite. Questa unione sembro’
manifestarsi nelle insurrezioni della primavera e dell’estate 2004.
Purtroppo esse furono efficacemente contrastate dagli occupanti i quali
riuscirono a dividere gli insorti e a neutralizzare gli sciiti radicali
di Moqtada al-Sadr.
8. Assistiamo cosi ad una fase di impasse in cui le zone e citta’
liberate sono sempre esposte alle incursioni nemiche, mentre i reparti
guerriglieri avanzati possono solo limitarsi ad applicare il mordi e fuggi, il colpiscine uno per educarne cento,
al sabotaggio o ad attacchi di portata limitata —possono cioe’ solo
infastidire gli occupanti, non dargli tregua, intralciare e inceppare
il tentativo di stabilizzazione americano.
9. E’ solo tenendo ben preseti questi rapporti di forza, questa situazione di stallo
che possiamo comprendere la decisione di gran parte della Resistenza di
utilizzare l’occasione elettorale del 15 dicembre. Questa scelta
tattica prevede di portare nella futura Assemblea Nazinoale una
consistente pattuglia di eletti allo scopo di sabotare anche
dall’interno le gia’ traballanti istituzioni fantoccio allestite dagli
occupanti.
10. Che questa tattica sia rischiosa e’ evidente. Gli americani,
accettando che movimenti che considerano legittima e giustaificata la
Resistenza partecipassero alle elezioni (quali ad esempio il pur
chiacchierato Fronte Iracheno del Dialogo Nazionale
capeggiato da Saleh Mutlaq), hanno anche loro cambiato tattica. La Casa
Bianca aveva scelto di debaathizzare il paese puntando sul
trasferimento dei poteri all’alleanza scciti-curdi. Ora scopre che il
grosso della popolazione sciita lungi dal simpatizzare con gli
occupanti segue capi che o sono assolutamente ostili agli USA (al-Sadr)
o obbediscono a Tehran —parliamo del partito di Chalabi, del partito Sciri di Abdul Azi al-Hakim, del Dawa dell’attuale primo ministro Ibrahim al-Jaafari—i quali due formano la coalizione Alleanza Irachena Unita
che detiene il potere assieme ai curdi. Il punto ਠche, oltre
all’incapacita’ di domare la Resistenza, anche la scelta di
stabilizzare la situazione ricorrendo alla leva degli sciiti e’
praticamente fallita.
11. Ma non e’ solo questo doppio fallimento a spingere gli americani a
cambiare cavallo. Per capire questa sterzata occorre tenere presente la
strategia globale imperiale degli Stati Uniti. Essi non hanno occupato
l’Iraq solo per togliersi di mezzo Saddam, lo hanno fatto per
ridisegnare l’intera area mediorientale, e in questo disegno, prima o
poi, in un modo o nell’altro (all’ucraina
piuttosto che con un’aggressione aperta) c’e’ il rovesciamento della
Repubblica Islamica dell’Iran. Questo significa che non possono
tollerare una Repubblica islamica in Iraq alleata a Tehran. Ma e’
esattamente questo che perseguono il grosso dei movimenti sciiti, i
quali hanno si criminalmente cooperato con gli occupanti per cacciare
il Baath, ma per perseguire i loro propri scopi strategici, non certo
quelli di Bush.
12. E’ dunque in questo contesto che si spiega l’apertura degli
americani ai settori baathisti della Resistenza (vedi le scarcerazioni
di importanti leaders baathisti di questi ultimi giorni). En passant:
e’ notorio quanto i baathisti considerino l’Iran un nemico assoluto
(nessuno dimentichi la fratricida guerra degli anni ’80). Gli occupanti
sperano cosi non solo di dividere la Resistenza, ma di portare quei
settori dalla loro parte per averli come alleati nella futura escalation
per far fuori la Repubblica islamica dell’Iran. Se questa manovra
avesse successo, se pezzi del vecchio Baath (tra i quali proprio Saleh
Mutlaq) accettassero di cooperare con i curdi e Allawi (Accordo
Nazionale Iracheno) per formare un nuovo governo di coalizione. questa
sarebbe non solo una svolta cruciale ma una tragedia. La quale, ci
auguriamo, verra’ respinta dalle componenti antimperialiste della
Resistenza.
13. Vedremo nelle prossime settimane (e dai risultati delle urne) se
questa sterzata degli anglo-americani potra’ aver successo. Tutto
appare possibile. Certo e’ che una eventuale affermazione elettorale
delle liste vicine alla Resistenza sarebbe un successo strepitoso di
quest’ultima, perche’ mentre essa e’ ostracizzata e criminalizzata come
“terrorista” in tutto il mondo, proprio a Bagdad riceverebbe quella
legittimazione politica che viene da un massiccio consenso popolare.
(18/12/2005)
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3. PRODI?
Sta coi frati e zappa l’orto
Il 15 dicembre scorso, promosso dai Comitati Iraq Libero,
si ਠsvolto sotto la sede de l’Unione a Roma, in P.zza SS. Apostoli, un
presidio promosso dai Comitati Iraq Libero. Lo scopo non era solo
protestare per le ambigue posizioni del centro-sinistra sulla questione
irachena (ormai per nulla dissimili da quelle del governo in carica),
ma pure per chiedere cosa la cosiddetta opposizione avesse da dire
rispetto a fatti inauditi quali il rifuto dei visti ai cittadini
iracheni invitati per la prevista Conferenza di Chianciano, tra cui il
torturato Haji Ali; l’uso americano di basi europee per rinchiudere e
torturare militanti antimperialisti mediorientali (e non solo); il
sequestro da parte di agenti segreti, sempre americani, di attivisti
islamisi come Abu Omar a Milano; e la collusione di pezzi degli
eterocliti servizi segreti italiani con la CIA. A questo scopo il
presidio ha chiesto di essere ricevuto dalla segreteria di Prodi. La
risposta, manco a dirlo, e’ stata picche. La cosa non stupisce, se si
pensa che questo ceto politicante, per sperare di salire al potere,
deve anzitutto avare il lasciapassare della Casa Bianca. In molti, alla
prossime elezioni (che in realtà consistono in un referendum con due
sole possibilità di scelta) voteranno Prodi per sbarazzarsi di
Berlusconi. Capiamo questo sentimento. Per quanto ci riguarda,
tuttavia, ci sottrarremo alla masochistica scelta di scegliere, dopo
essere caduti dalla padella alla brace, di ritornare a farci friggere
nella padella.
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4. LA SAI L’ULTIMA SU BERTINOTTI? (2)
“L’Italia ਠin Europa ma ਠleale alleato Usa” (intervista a La Repubblica del 06/12/05).
Chi l’ha detto? Fini, Berlusconi, Rutelli, Fassino?
Troppo banale, troppo scontato.
Non a caso l’intervistatrice introduce l’illuminante frasetta con un incredulo “si spinge ad affermare”.
Ma chi ਠche “si ਠspinto”?
E’ un buffone che evidentemente ondeggia tra la bandiera della pace e
quella a stelle e strisce, che si era già “spinto” oltre ogni decenza
sulle foibe e su Hiroshima. Che si era defilato opportunisticamente
dalla parata di guerra convocata da Ferrara il 3 novembre, ma solo
perchà© aveva anticipato di 24 ore la fiaccolata filosionista con un
identico sit-in sotto l’ambasciata iraniana.
E’ il segretario di un partito senza bussola che ne sta generando un altro senza radici, senza anima, senza prospettiva.
Se non esistesse andrebbe inventato. Con le sue affermazioni mostra il
vero volto della sinistra reale più di cento libri e di mille convegni.
A suo modo ਠutile, anzi utilissimo.
L’in-Fausto parla sempre delle due sinistre, accreditandosi come il
capo di quella “radicale”, ora ਠpiù chiaro cosa Egli inetda: à¨
radicale nel senso dei radicali di Pannella, tra i filoamericani, i più
sfacciati di tutti.
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5. BANCHIERI IN CODA
Un dettaglio da non dimenticare su malaffare e centro-sinistra
Le code in genere non le fanno. Mica sono operai alla
mensa o malati nelle Usl. Ma questa volta – chissà perchà© – hanno fatto
un’eccezione. I famosi “poteri forti” non sono entità impersonali, in
ultima istanza corrispondono in genere ad un nome e ad un cognome e
all’occorrenza ad un certificato elettorale. E il 16 ottobre hanno
perfino speso un euro per chiarire da che parte stanno. Evidentemente,
se la “democrazia irrompe” il banchiere non puಠmancare.
Riportiamo, per coloro ai quali fosse sfuggito, dal Corriere della Sera del 17 ottobre: “Forse
per capire il risultato delle primarie basta dare un’occhiata a queste
decine di nomi che tutti insieme fanno un mondo: banchieri,
amministratori delegati, manager, consiglieri d’amministrazione”.
Ed ecco un parziale elenco dei partecipanti alle primarie: “L’ex presidente della Consob e di Telecom Italia, Guido Rossi,
oggi tra i consulenti più ascoltati d’Italia: recentemente, ad esempio,
consigli ne ha dati anche ad Abn Amro, impegnata nella scalata alla
Antonveneta, e ai piccoli azionisti della Bnl, banca presieduta da un
altro che ieri ha scelto Prodi, Luigi Abete. Per ironia,
nell’elenco ci sono anche i suoi più acerrimi avversari in quella
vicenda, cioਠlo stato maggiore delle cooperative emiliane che
controllano l’Unipol. A cominciare dal presidente della Lega delle
Cooperative, Giuliano Poletti. Per proseguire con Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, rispettivamente presidente e vicepresidente della compagnia assicurativa che sta scalando Bnl.
Non sono gli unici del settore: a Milano sono stati visti in fila ai gazebo Alessandro Profumo, amministratore delegato UniCredit, e Corrado Passera, il suo collega di Banca Intesa. Anche chi non ਠandato “per impedimenti burocratici” come il banchiere Guido Roberto Vitale tiene a precisare che “avrebbe votato volentieri”.
Fabiano Fabiani, ex numero uno di Finmeccanica
e attuale presidente dell’Acea, la municipalizzata romana, quasi dieci
anni dopo il 21 aprile ’96, quando brindಠcon Prodi alla vittoria,, non
ha cambiato idea. E ai seggi per le primarie dell’Unione si à¨
presentato anche Chicco Testa, ex presidente Enel. Con il suo socio in affari Franco Bernabà¨,
già amministratore delegato dell’Eni e di Telecom Italia e già ,
nominato dal centrodestra, presidente della Biennale di Venezia.
Lunga anche la lista dei manager delle aziende della capitale. Primo fra tutti, il presidente di Eur Spa, Paolo Cuccia. Ai seggi si sono recati anche Domenico Tudini, l’amministratore delegato dell’Ama e il collega dell’Acea, Andrea Mangoni. A Milano ha votato l’editore Luca Formenton e, tra i manager, anche l’ex presidente della fiera Guido Artom. Per l’ex presidente della Borsa Ettore Fumagalli ਠil momento di una confessione: “Ebbene sà¬, ho votato Mastella”. Probabilmente ha scelto un altro candidato Carlo Borgomeo, ex amministratore delegato di Sviluppo Italia. Ha votato a Milano, in serata, anche il presidente dell’Inter Massimo Moratti”.