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Notiziario del Campo Antimperialista … 23 gennaio 2006

24. January 2006

Questo
Notiziario contiene:

1. MISTERO BUFFO (come mai in Italia nessuno
commenta i risultati delle elezioni in Iraq?)
2. IRAQ: I RISULTATI (MALGRADO
I TRUCCHI)
3. LA SITUAZIONE SUL CAMPO
(dal punto di vista militare)

1.
MISTERO BUFFO NO (come mai in Italia nessuno commenta i risultati delle
elezioni in Iraq?)

Venerdi 20 gennaio,
dopo ben cinque settimane, sono stati resi noti i risultati definitivi delle
elezioni svoltesi in Iraq il 15 dicembre. Tutti I principali giornali e media
del mondo, gia’ sabato 21 pubblicavano, assieme ai numeri, i loro imbarazzati
commenti. Non in Italia pero’, dove abbiamo visto articoletti scarni, reticenti
e, peggio, incomprensibili. Ma come? Non erano, queste elezioni, presentate
come ? Non era stato urlato ai quattro venti che
l’alta affluenza alle urne legittimava la pretesa americana di esportare la
democrazia?
Tace Magdi Allam, l’Ancillotto (zoppo) della crociata americanista. Taceil suo
sodale di Repubblica Massimo Teodori (gia’ sputtanatosi quando, seguendo la
regola di S. Ignazio da Loyola, ha negato spudoratamente l’uso del Fosforo nel
massacro di Falluja). Tace il collettore delle veline serviziosegrete Guido
Olimpio. Tacciono tutti i prestigiosi-prestigioatori-columnist dei principali
quotidiani. Non parliamo delle fogne televisive, ormai sottoposte ad una
auto-censura preventiva da fare invidia al nazista Goebbels. La ragione del
silenzio stampa e’ che i pennivendoli arruolati in servizio permanente
effettivo dal partito sio-americano non sanno che pesci pigliare. Ben
consapevoli che tanto le elezioni sarebbero state truccate, essi si sentivano
come in una botte di ferro: erano certi che i risultati avrebbero corroborato
tutte le loro cazzate. In effetti tutto il mondo sano di mente sa quanto questo
processo elettorale fosse stato manomesso. Assenza di scrutatori imparziali;
seggi delle zone sciite e curde dove erano registrati X votanti che magicamente
danno il triplo di schede scrutinate e a volte di piu’; seggi nelle zone
sunnite controllate dalla Resistenza che devono chiudere le operazioni di voto
dopo due ore perche’ mancano le schede di voto; urne sparite lungo il tragitto
verso l’ufficio elettorale centrale (ovviamente sotto custodia americana nella
Zona verde); altre misteriosamete consegnate a dieci giorni dalle elezioni.
Ciliegina sulla torta: la commissione centrale di verifica era sotto la ferrea
supervisione di ufficlali americani.
Ebbene, malgrado tutto questo, malgrado la folta schiera di chi non ha votato seguendo
la consegna di quella parte di Resistenza che ha chiamato all’astensione. la
maggioranza dei cittadini iracheni ha pronunciato un NO chiaro e inappellabile
all’occupazione, ha chiesto a gran voce che tutte le truppe imperialiste e di
supporto debbono andare via, e subito, dal paese.
Il silenzio dei pappagalli di centro-destra-sinistra ha una seconda ragione. La
stragrande maggioranza degli iracheni, pur appartenendo a comunita’ differenti
e a volte ostili, ha orientato il proprio consenso non verso le insanguinate
bandiere demo-bombarole occidentali, ma verso quelle religiose, ritenendo
l’Islam preferibile alla democrazia al fosforo, o alla liberta’ …di finire
torturati ad Abu Grhaib o Guantanamo. Una bel calcio nel culo per tutti gli
americansisti che hanno sostenuto l’invasione dell’Iraq (e adesso si
accaniscono contro l’Iran) argomentando che essa avrebbe fatto piazza pulita
del .
C’e infine una terza specifica ragione per cui i pennivendoli sono stati presi
dallo sconforto. Essi (con gli americani) hanno puntato tutto su una forte
affermazione del Allawi. Ebbene, malgrado cinque settimane di
trattative segrete e di manipolazioni, la lista Allawi si e’ vista assegnare
solo 25 seggi (ne aveva 40). Un vero e proprio crollo.
Ci vien da dire, stavolta almeno, che se Atene piange Sparta puo’ ridere. Il
piano americano di dell’Iraq va a carte quarantotto.
Questo da nuovo respiro alla Resistenza armata —parte della quale, pur non
avendo boicottato le elezioni (vedi il cessate il fuoco mantenuto nelle
provincie da essa controllate), ha tuttavia mantenuto una posizione di
astensione—, rafforza la sua battaglia per cacciare gli occupanti. Ma, come
abbiamo detto nel Notiziario del 22 dicembre ora grava sulla Resistenza una
piu’ grande responsabilita’. Dimostrare di saper compiere un passo avanti,
passare da una tenace ma divisa guerra di guerriglia ad un vero e proprio
movimento di liberazione nazionale. Questo implica che si deve passare dalla
necessaria fase iniziale della lotta armata anzitutto, a quella della
Resistenza a tutto campo per strappare la maggioranza del popolo iracheno, per
ottenere una solida egemonia anche oltre le provincie sunnite. E’ un passaggio
delicato e complesso, ma esso implica la capacita’ di spaccare il blocco
confessionale sciita filo-iraniano, ovvero portare nella Resistenza le forze
popolari di Moqtada al-Sadr. Un accordo con i moqtadisti (che organizzano e
mobilitano i settori piu’ poveri ed emarginati della popolazione) farebbe
definitivamente saltare in aria le traballanti istituzioni fantoccio. Sarebbe
dunque devastante, non solo per gli imperialisti americani (e quelli europei),
ma pure per le satrapie arabe filo-USA, nonche’ per il regime di Tehran il
quale, pur di sbarazzarsi di Saddam Hussein e estendere la propria influenza
regionale, ha sostenuto l’aggressione imperialista, puntella in maniera
decisiva l’attuale governo fantoccio di Bagdad per spezzare l’Iraq in tre
parti. Tutti i resistenti possono unirsi non solo per cacciare tutti gli
invasori, ma per difendere l’unita’ dell’Iraq e costruire una nuova repubblica
popolare, democratica e non clericale.

……………………………………………………………………
2. IRAQ: I RISULTATI (MALGRADO I TRUCCHI)

I seggi del nuovo
parlamento sono cosi ripartiti:

AIU (Alleanza
Irachena Unificata) = 128 seggi
L’AIU e’ una
coalizione che raggruppa svariate correnti sciite. Le due formazioni piu note
sono collaborazioniste e filo-iraniane: il partito DAWA dell’attuale
primo ministro Ibrahim al-Jaafari e il CSRII (Consiglio Supremo della
Rivoluzione Islamica) guidato dal potente chierico Abdel Aziz aL-Hakim. Le
folte milizie armate del Dawa e dello CSRII costituiscono il grosso dei
cosiddetti polizia ed esercito iracheni. Sempre a queste formazioni fanno capo
gli squadroni della morte dediti alla caccia all’uomo contro la guerriglia e
anche i vecchi baathisti. Nell’ambito dell’AIU un terzo dei deputati eletti e’
tuttavia vicino alle posizione di Moqtata al-Sadr (che quindi e’
la prima forza politica dell’AIU). Moqtada non ubbidisce alle direttive
dell’Iran e dunque non ha avallato l’occupazione ne’ fa parte del governo.
L’unita’ di queste componenti e’ dunque alquanto aleatoria. Tutte le correnti
rappresentate nell’AIU chiedono formalmente il ritiro delle truppe
d’occupazione, sul resto non c’e’ accordo. Mentre i filo-iraniani Dawa e CSRII
chiedono il rispetto rigoroso della Costituzione, ovvero la divisione del paese
su basi confessionali e comunitarie (ovveroavallano le pretese iraniane di
satelllitare il sud-est dell’Iraq), Moqtada la rifiuta. Se Moqtada ritiene
legittima la Resistenza armata, Dawa e CSRII, chiedono la repressione del
. Da segnalare che l’IAU, rispetto alle elezioni di gennaio
ha perso 12 seggi, vedendo sfumare la maggioranza assoluta.

RISSALIOUN (lista sciita
direttamente legata a Moqtada al-Sadr) = 2 seggi

FICN (Fronte Iracheno
della Concordia Nazionale) = 44 seggi
Il
FICN raggruppa essenzialmente tre formazioni sunnite (che non sono dei partiti
veri e propri ma esse stesse raggruppamenti compositi e divisi al loro
interno): il CDN (Consiglio del Dialogo Nazionale); il PII
(Partito Islamico Iracheno, di Mohsen Abdel Hamid, legato ai Fratelli
Musulmani); la CPI (Conferenza del Popolo Iracheno di Adnan al-Dulaimi).
Non legati alla Resistenza (la quale anzi accusa alcuni di loro di essere
collaborazioniste) alcuni dei capi del FICN parteciparono gia’ alle elezioni di
gennaio cooperando poi, seppure in maniera defilata, col governo fantoccio. Le
due principali rivendicazioni del FICN sono la e, nonostante il PII abbia anche votato si alla Costituzione di
ottobre, la modifica della Costituzione medesima.

FIDN (Fronte Iracheno per
il Dialogo Nazionale) = 11 seggi
Anche il FIND e’ un blocco che
raggruppa diverse correnti e importanti comunita’ sunnite delle zone liberate
dalla Resistenza. Il principale esponente e’ Salah Motlaq. Motlaq non
partecipo’ alle elezioni di gennaio, respinge in toto la Costituzione e
dichiara apertamente la legittimita’ della Resistenza armata.

RL (Riconciliazione e Liberazione) = 3 seggi
Questa lista sunnita e’ vicina alle posizioni radicali di Salah
Motlaq.

Alleanza Curda = 53 seggi
Essa e’
composta essenzialmente dai due principali movimenti curdi collaborazionisti:
il PDK (Partito Democratico del Kurdistan di Massoud Barzani) e la UPK
(Unione patriottica del Kurdistan di Jalal Talabani —attuale presidente
dell’Iraq occupato, alleato di vecchia data di Tehran). L’alleanza ha insistito
anzitutto sul rispetto della Cosituzione, ovvero preme per una totale autonomia
delle provincie curde da Bagdad. Fedeli alleati degli occupanti i due partiti
curdi, grazie alle loro milizie, sono uno dei puntelli dell’occupazione e del
governo fantoccio.

UIK (Unione Islamica del
Kurdistan) = 5 seggi
Questa formazione
si oppone a Barzani e Talabani

Lista Iyad Allawi = 25
seggi
Allawi,
ex- premier e uomo forte del primo governo fantoccio, l’uomo su cui gli
americani hanno puntato le loro carte e montagne di soldi, e’ il grande
sconfitto dele elezioni. Rispetto a gennaio perde 15 seggi. Da segnalare che la
Lista Allawi assembla varie forze, tra cui il cosiddetto Partito Comunista
Iracheno (!!). L’altro pupazzo degli americani, Ahmed Chalabi, addirittura, non
ottiene alcun seggio, cosi come altre liste volute dagli Usa.

Minoranze, Yazidi,
Turcomanna e cristiana = 4 seggi

……………………………………………
3. LA SITUAZIONE SUL CAMPO
(dal punto di vista militare)

Uno dei
pochi articoli seri a commento delle elezioni l’ha scritto l’amico Stefano
Chiarini su il manifesto del 21 gennaio. Tuttavia Chiarini ha scelto una chiave
di lettura davvero sbagliata ben espressa nell’occhiello: . In
realta’, come abbiamo detto sopra, e’ proprio il partito americano ad uscire
con le ossa rotte (e solo i brogli hanno limitato i danni). Il partito
iraniano, ovvvero le due formazioni sciite del Dawa e dello CSRII, restano il
reale perno su cui si regge il regime messo in piedi dagli occupanti. Esse
detengono le principali leve del potere, controllano le forze armate che
spalleggiano gli occupanti, possono infine contare sulle loro agguerrite
milizie le quali, per numero almeno, sono piu’ forti di quelle della
Resistenza. Queste milizie paralegali, assieme alle forze armate e la polizia
messe su dopo la caduta di Saddam Hussein, controllano amplissime zone
dell’Iraq centro-meridionale, ovvero quelle a maggioranza sciita. Va
sottolineato che questa soldataglia e’ piena zeppa di ufficiali iraniani
arruolati sotto mentite spoglie (nb: esiste una minoranza iraniana in Iraq che
sostenne Tehran anche nella lunga guerra fratricida degli anni ’80 duramente
perseguitata da Saddam Hussein). Per questo si deve affermare che l’Iraq non e’
occupato soltanto dagli anglo-americani e dagli alleati inviati dopo la
vergognosa risoluzione ONU dell’ottobre 2003 : seppure in maniera indiretta
l’Iran e’ da considerare, a tutti gli effetti, come uno Stato occupante di
prima linea.
A contendere ai filoiraniani il controllo delle zone del centro-sud (tra cui
Nassiryia e Bassora) nonche’ di Sadr City, ci sono le milizie al-Mahdi di
Moqtata al-Sadr, protagoniste delle rivolte della primavera e dell’estate del
2004 (salutate dalla Resistenza delle zone sunnite). Tra le milizie di Moqtada
e la soldataglia filoiraniana del governo (ovvero del DAWA e dello CSRII) vige
una tregua armata, spesso rotta da scontri qua e la. Nelle zone controllate dai
moqtadisti le forze di polizia e le milizie filoiraniane entrano raramente e
solo dopo previ accordi. Questo vale a maggior ragione per le truppe americane,
inglesi o italiane, che si guardano bene dal penetrare nelle roccaforti di
Mqtada.
Se passiamo nelle provincie a maggioranza sunnita (la meta’ del paese ma anche
la meta’ della Capitale), la Resistenza armata la fa ampiamente da
padrona. Gli americani, che di queste provincie hanno la formale giurisdizione,
non sono mai riusciti a detenere il controllo del territorio. Da tempo, visti i
colpi letali subiti, i comandi americani hanno cessato di puntare al
controllo del territorio. Certo compiono incursioni anche devastanti, ma sono
spesso azioni lampo succedute da altrettanto veloci ritirate tattiche. Va
notato che la forza preponderante degli americani non dipende affatto dal
valore dei propri soldati, consiste nella superiorita’ schiacciante degli
armamenti, della logistica e della tecnologia. In nessuna citta’ o villaggio
importante gli occupanti sono dunque riusciti a mettere in piedi uno straccio
di amministrazione collaborazionista, ne’ tantomeno a istituire forze di
polizia fedeli. Solo la citta’ martire di Falluja e’ stata riconquistata,
sappiamo a quale prezzo e con quali crimini di guerra. Ne’ va dimenticato che
l’attacco a Falluja ha coinvolto pure gli inglesi e i polacchi (e forse anche
italiani), ne’ va dimenticato che spesso il lavoro piu’ sporco lo hanno fatto
reparti scelti filoiraniani. La Resistenza gode in queste provincie, sostanzialmente
liberate, di un vastissimo appoggio popolare che alimenta la guerriglia con
decine di migliaia di combattenti, regolari e irregolari. Nonostante la
Resistenza sia stata in grado di migliorare con sistemi artigianali le proprie
dotazioni (potenza, gittata, precisione, ecc), essa si trova nella necessita’
di reperire armi piu’ potenti e letali per colpire il nemico, nemico che ha
oramai imparato ad evitare scontri ravvicinati tenendosi a debita distanza
dalla portata di fuoco dei guerriglieri. Si capisce come gli americani, preso
atto dell’impossibilita’ di vincere la Resistenza, stiano facendo carte false
per portare dalla loro parte qualche notabile sunnita e magari metterlo nel
governo. Questo lavoro di aggancio e’ rivolto anzitutto verso gli ambienti dei
Fratelli Musulmani e verso settori allo sbando del Baath (a loro rischio e
pericolo).
La sola zona dell’Iraq in cui gli occupanti possono davvero dire che la loro
stabilizzazione funziona e’ quella curda. Tuttavia, nonostante la linea
dell’annientamento seguita verso formazioni guerrigliere operative nella
regione (tra cui Ansar al-Islam), anche qui esistono aree fuori dal controllo
delle milizie del PDK e del PUK. Lo sforzo maggiore Barzani e Talabani lo
stanno compiendo su Mosul, ma la parte araba della citta’ e’ ad essi
ostile e per questo vanno giu’ con la mano pesante con uccisioni,
rastrellamenti e arresti.
I risultati elettorali non hanno cambiato e non potevano cambiare la situazione
sul terreno, che dipende anzitutto dalla forza armata dei protagonisti, che a
sua volta dipende dall’appoggio di massa che ricevono nella popolazione.
Ripetiamo che da questo punto di vista gli angloamericani sono quelli che ne
escono con le ossa rotte. Dopo tre anni non hanno guadagnato un solo centimetro
di consenso in piu’ e possono tenere testa alla Resistenza solo grazie al
sostegno dell’Iran e delle milizie sciite ad esso ubbidienti. Tutta la
strategia globale per il Medio oriente dei Neocon e’ in stallo. Pensavano di
usare l’Iraq come trampolino di lancio dellaloro stretegia globale per il Medio
Oriente, pensavano di pendere la rincorsa per sferrare altri attacchi alla
Siria e all’Iran e invece si trovano impaludati. Anche Israele ha poco da stare
tranquillo: la Resistenza irachena ha ridato slancio all’onda lunga scatenata
dalla prima Intifada.

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