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LE ABERRANTI CONTRADDIZIONI DEI “COMUNISTI” DEVIATI

17. February 2006

Testo di Aldo Bernardini.
14 Febbraio 2006
Un grande dirigente rivoluzionario dell’inizio del secolo scorso, oggi
criminalizzato, sostenne che un partito comunista deve essere non autonomo
(ciಠche rimanda a qualche principio generale o cornice condivisa con
altri), bensଠindipendente. La verità  di questo assioma si verifica oggi in
modo pieno, quando coloro che, pur volendosi chiamare ancora “comunisti”,
partecipano della criminalizzazione di quel dirigente e si fanno portatori
di teorie del tutto contrastanti con fondamentali principii del marxismo
(come, ad esempio, elevando la non violenza a dogma): essi finiscono nel
campo avverso, e cioਠnell’imperialismo. Anche se questo nascondono, non
parlando più di imperialismo e implicitamente negandone la categoria.
Ciಠviene messo allo scoperto da alcuni punti del programma elettorale dell’Unione,
che non si intende qui analizzare compiutamente per la parte di politica
estera (qualche piccola acquisizione positiva, ma diversi svarioni e
soluzioni ambigue o dubbie). Si vuole invece esaminare anzitutto un punto,
quello dell’Iraq. “Consideriamo la guerra in Iraq e l’occupazione un grave
errore. Essa non ha risolto, anzi ha complicato il problema della sicurezza.
La guerra, avviata in violazione della legalità  internazionale.”. Dopo
questa condivisibile premessa, ecco una conseguenza aberrante che ne viene
tratta e che implica la condivisione e la legittimazione dei seguiti dell’aggressione-occupazione,
costituente crimine internazionale di gravità  estrema: sarebbe necessaria “l’internazionalizzazione
della gestione della crisi irakena. da realizzarsi con la presenza di un’autorità 
internazionale (ONU) che superi l’attuale presenza militare e che affianchi
il governo irakeno [sic! – n.d.r.] nella gestione della sicurezza, del
processo di transizione democratica e della ricostruzione. Se vinceremo le
elezioni, immediatamente proporremo al Parlamento italiano il conseguente
rientro dei nostri soldati nei tempi tecnicamente necessari, definendone,
anche in consultazione con le autorità  irakene [ancora sic! – n.d.r.], al
governo dopo le elezioni governative del dicembre 2005, le modalità .”. Per
arrivare “a consegnare agli irakeni la piena sovranità  sul loro paese”.
Sovranità  che dunque evidentemente oggi non vi à¨.
Il peggio del peggio. Con la presa in giro, attraverso giochi di parole,
degli elettori e di chi ha qualche competenza e consapevolezza. Se con
qualcuno ਠinevitabile parlare, per l’immediato ritiro delle truppe
italiane, non puಠtrattarsi che degli occupanti, al cui fianco sono state
poste le truppe italiane, e cioਠdegli anglo-americani, di cui sul piano
diplomatico il nostro paese ਠalleato. Ovviamente non per chiedere permessi,
ma per annunciare il ritiro da quella che finalmente in questo modo verrebbe
riconosciuta come partecipazione al crimine internazionale. Questo anzitutto
perch੠ਠmassima generale che si tratta con il padrone e non con il servo.
Più specificamente, perchà© trattare con le c.d. “autorità  irakene”, anche
dopo le c.d. elezioni del dicembre 2005, vuol dire trattare con un governo
quisling (lo fa tralucere il programma stesso dell’Unione, quando parla
giustamente di occupazione e quando riconosce che non vi ਠ“piena
sovranità “). Il riferirsi al governo quisling (si scelga a piacere Vichy o
Salà², e non si obietti che qui ci sono state elezioni.) distrugge tutte le
apparenti buone intenzioni. Si entra completamente nel gioco degli
aggressori-occupanti, che appunto stanno portando avanti nella logica
imperialistica la mistificazione di un Iraq “indipendente e sovrano”, ma da
loro conformato. E naturalmente si delegittima la Resistenza irakena, che
nel suo nucleo fondamentale costituisce, in quanto preparata prima dell’aggressione,
continuazione della guerra di difesa dell’Iraq aggredito e comunque
espressione del diritto di autodeterminazione, assolutamente cogente sul
piano internazionale.
Questa posizione dell’Unione appare dunque gravissima e del tutto vano ਠil
richiamo all’ONU, che dovrebbe intervenire, naturalmente sempre contro la
Resistenza irakena. Non esito ad affermare che si tratta di una mostruosità 
giuridica e politica, portata avanti in spirito di rinnovato colonialismo
nel quadro dell’aggressione imperialistica ai paesi del c.d. Terzo Mondo:
non dimentichiamoci che l’ONU, e gli irakeni ne sono ben consapevoli, da un
certo punto in poi ha avallato le posizioni degli aggressori.
Queste vere e proprie farneticazioni sono state purtroppo sottoscritte anche
da R.c.. Un partito che si asserisce “comunista”, ma che nel suo filone
principale ha abbandonato completamente ogni essenziale principio comunista.
E, per ricollegarsi all’inizio di questo discorso, quello dell’indipendenza.
R.c. ha sposato le fondamentali posizioni dell’imperialismo, alle quali
oppone semplicemente un contrasto sulle modalità .
La polemica di Bertinotti con Marco Ferrando (un compagno trotzkista, da cui
molto mi divide) ਠrivelatrice. Ferrando sostiene che l’attacco agli
italiani a Nassirya ਠstato un legittimo atto di resistenza irakeno.
Bertinotti, scordandosi che si tratta di truppe di occupazione che egli
stesso dice doversi ritirare, strepita facendo la solita voluta confusione
tra Resistenza e terrorismo. E allora Pietro Micca sarebbe un terrorista e
terroristico sarebbe l’attentato di Via Rasella! Mi tocca trincerarmi, a
fronte di Bertinotti, dietro Giulio Andreotti che il 6 febbraio scorso nella
mia Facoltà  a Teramo ha decisamente sostenuto che gli atti di una guerra di
liberazione sono in principio distinti dal terrorismo, rievocando il Fronte
di liberazione algerino. Fausto Bertinotti, non sapendo come districarsi,
rimette in gioco le sue escogitazioni sulla non violenza: “E’ del tutto
evidente che c’ਠun diritto alla resistenza contro gli occupanti, ciಠdetto
la nostra scelta non violenta ci consente di guardare alle diverse forme di
resistenza partendo da due elementi. Primo noi alziamo un muro nei confronti
del terrorismo. Vanno privilegiate alcune forme di resistenza: le donne che
in Iraq sfilavano per la liberazione di Giuliana Sgrena. E anche il voto à¨
stato una forma di resistenza. Se invece si enfatizza l’elemento armato,
facendolo diventare il punto più alto della resistenza, si fa un discorso
che ਠradicalmente incompatibile con la linea politica del nostro partito”
(dal “Corriere della Sera” del 14 febbraio 2006). Ecco dove si arriva quando
si nega l’esperienza rivoluzionaria del secolo scorso e la figura di Stalin.
A sostenere posizioni anzitutto semplicemente assurde e direi casuali, poi
ad inserirsi nel gioco dell’imperialismo (il richiamo al voto degli
irakeni), quindi a predicare la smobilitazione degli oppressi: ve lo
immaginate che impressione farebbero agli anglo-americani (che usano bombe
da 900 Kg., armi al fosforo e stanno predisponendo basi gigantesche) gli
irakeni resistenti con digiuni, novene, prediche e simili. Se non vi fosse
la Resistenza armata in Iraq, la conquista di questo paese da parte dell’imperialismo
sarebbe completa e la svendita delle risorse naturali definitiva, mentre l’imperialismo
avrebbe passo libero per altre aggressioni. Ma se Fausto Bertinotti ਠcontro
la violenza in modo assoluto (ed astratto), come fa a sottoscrivere un patto
elettorale in cui si procede dalla indiscutibile alleanza con gli Stati
Uniti, che sono i maggiori portatori della violenza in tutto il pianeta? Si
tratta proprio di contraddizioni abnormi, che rivelano su quale falsa strada
si stia marciando.
Altro elemento di durissima polemica contro Marco Ferrando, e anche questo
espresso nel patto elettorale dell’Unione, ਠla questione della soluzione
del conflitto palestinese-israeliano sulla base del principio “due popoli,
due Stati”. Sappiamo che questa ਠla soluzione ormai diventata senso comune,
accettata anche dalla autorità  palestinese oggi sconfitta elettoralmente per
la vittoria di Hamas. Ma ਠincredibile che tale soluzione sia trattata alla
stregua di un dogma: la possibilità  di studiare sul piano giuridico e su
quello politico altre formule, ad es. quella dello Stato binazionale, non
puಠessere considerata blasfema se non da chi si ਠreso subalterno al gioco
dell’imperialismo.
Marco Ferrando ha posto dei problemi seri, che vanno considerati seriamente
e non sulla base di dogmatici tabù imposti da esigenze elettorali che mai
dovrebbero impedire la libera discussione e il libero esame.
Aldo Bernardini
14 febbraio 2006


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