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Notiziario del 4 luglio 2006

5. July 2006

REGGENDO IL MOCCOLO

Questo Notiziario contiene:

1. UNA PICCOLA VITTORIA, ALCUNI PROBLEMI.
slitta di tre settimane il Campo 2006
2. AFGANISTAN: CHI SONO I MOSTRI?
3. LA NON VIOLENZA VA IN GUERRA
3. GIORDANO, NON IL FIUME

1. UNA PICCOLA VITTORIA, ALCUNI PROBLEMI.
slitta di tre settimane il Campo 2006

Perugia, Martedi 27 giugno, ore 18,00 – COMUNICATO STAMPA

PIEGATA L’ARROGANZA
RISPETTATE LE RAGIONI DEGLI ANTIMPERIALISTI

Mentre era in corso il presidio di protesta contro la decisione del presidente della Provincia di Perugia Cozzari di negarci l’uso dell’Ostello dell’à¬sola Polvese, una delegazione del Campo Antimperialista ha prima incontrato il gruppo consiliare del PRC (il quale ha presentato un’interpellanza per chiedere a Cozzari le ragioni del suo rifiuto) e poi direttamente il Presidente. Davanti alla ostinata decisione di Cozzari di non concedere l’Ostello come da noi richiesto, la nostra delegazione ha difeso a viso aperto le nostre ragioni e ha abbandonato l’incontro, riservandosi ulteriori azioni di lotta. Successivamente la delegazione e’ stata riconvocata e gli e’ stata fatta la proposta di svolgere il seminario previsto a fine agosto. Davanti a questa posizione ragionevole, sentito il nostro direttivo nazionale, i nostri rappresentanti hanno infine accettato di spostare di tre settimane l’incontro. Tutto e’ bene cio’ che finisce bene. Assieme al buon senso ha vinto la liberta’ di pensiero. Il diritto degli antimperialisti a riunirsi e a difendere le loro opinioni non ਠstato leso. NON PUO’ PIEGARE LA TESTA CHI E’ NEL GIUSTO! La lotta paga. Ringraziamo i tanti che hanno sottoscritto la petizione popolare e i consiglieri provinciali che si sono spesi affinche’ potessimo incontrarci all’isola Polvese

Campo antimperialista

CONSEGUENTEMENTE A QUESTO SLITTAMENTO alcuni dei relatori dei previsti seminari e forum non riusciranno ad essere presenti. Cio’ ci obbliga a cambiare la scaletta dei temi. Entro una settimana saremo in grado di fornire il nuovo e definitivo palinsesto. Lo spostamento a fine agosto inzi settembre pregiudica infine la partecipazione di un paio di delegazioni e di diversi compagni I quali in quel periodo hanno consumato il loro periodo di ferie. Chiediamo a tutti coloro che avevano prenotato di riconfermare eventualmente la loro partecipazione al Campo della Polvese. Li invitiamo a farlo prima possibile, poiche’ i posti disponbili sono sempre scarsi. Possono farlo con la posta elettronica inviando un msg a questo indirizzo: campoantimperialista@virgilio.it.
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2. AFGANISTAN: TENENDO IL MOCCOLO

Nove giorni dopo l’attacco alle Torri gemelle, Bush preannunciava l’offensiva all’Afganistan. Il 7 ottobre 2001 l’aviazione americana iniziava a scaricare su quel paese migliaia di tonnellate di bombe, eguagliando cio’ che la NATO fece in Iugoslavia due anni prima. Il risultato fu una carneficina, non solo di combattenti talibani, massacrati come bestie al macello, ma di un numero mai precisato di civili. Il risultato fu Guantanamo, questa ferita della civlta’ in stile Treblinka. Era il battesimo di Enduring Freedom, la nuova dottrina imperiale e imperialista della “guerra preventiva e permanente”. Non l’11/9 ma il 7/10/2001 e’ dunque la data che fa storia, che segna la vera svolta nella politica internazionale. E’ il passaggio dalla teoria alla pratica del “secolo di dominio americano”. Seguira’ l’attacco all’Iraq, reso possibile dal soccorso della NATO e dell’Unione Europea agli americani in Afganistan, i quali poterono cosଠconcentrarsi sull’attacco a Bagdad. La propaganda di guerra dipinge l’occupazione NATO in Afganistan come “missione umanitaria”. In realta’ la soldataglia europea, italiana compresa, ਠimpegnata non soltanto a dar manforte alle truppe d’assalto americane nelle zone sud-orientali controllate dalla guerriglia. Non solo i taliban si oppongono all’occupazione. Dopo quella di Jalalabad del giugno dell’anno passato, in Afganistan si sono susseguite alcune rivolte popolari (tra cui quella recente di Kabul), rivolte represse nel sangue dai soldati tedeschi, canadesi, spagnoli, italiani ecc. —la cui funzione e’ dunque quella di coprire le spalle agli yankees, di impedire la saldatura tra le guerriglie (non c’e’ solo quella islamica talibana) e il popolo della citta’ che non ne puo’ piu’ delle angherie degli occupanti, dei soprusi, degli arresti indiscriminati, della miseria senza precedenti. In questo contesto il dibattito italiano sul rinnovo della missione armata in Afganistan appare come minimo grottesco. Mentre gli italiani, in spregio del diritto internazionale, calpestando non solo la loro Costituzione ma lo stesso Trattato che diede vita alla NATO, agiscono come truppa di complemento di Enduring Freedom, ovvero spalleggiano la strategia imperiale terrorista americana; qui da noi si discetta di ricalibramenti, di rimodulazione delle regole d’ingaggio, di riposizionamenti e quant’altro. Che un governo di centro-sinistra pur di non far incazzare troppo Bush resti in Afganistan non stupisce. Fa solo vergogna la manfrina di chi ha occupato lo scranno in Parlamento in virtu’ del suo impegno “contro la guerra senza se e senza ma”. Una stagione di lotte per la pace gettate nella spazzatura. In cambio di che? Della sopravvivenza del governo. Ecco dove porta l’antiberlusconismo di maniera: e’ un alibi per mascherare l’abbandono dei propri principi, per tenere l’Italia nella morsa della geopolitica americana, PER REGGERE IL MOCCOLO agli oligarchi di centro-sinistra-destra. Che fine fanno tutte le frasi sulle vite umane spezzate? Sul sangue degli innocenti? Sulla pace che non si negozia? Quando criticavamo la debolezza intrinseca delle posizioni pacifiste venivamo tacciati di essere ingiusti, prevenuti, settari. Ora si tiri un bilancio per favore. I discorsi astratti e moralistici sulla pace erano e sono aria fritta. Si trattava allora e si tratta oggi di decidere se popoli e nazioni aggrediti avessero o meno il diritto a resistere in armi. Si trattava e si tratta di denunciare la natura imperialistica della guerra. I pacifisti zoppi adottarono il paradigma biforcuto “nà© guerra nà© terrorismo”, scelsero una posizione di “equidistanza” tra gli oppressi e gli oppressori, denunciando non la guerra imperialista ma la guerra in generale, e quindi anche quella popolare di resistenza. L’equidistanza ਠdiventata “equivicinanza”, —agli USA, alla NATO e ad Israele. Le forze che non stanno a questo gioco sono tuttavia ancora molte. Ad esse ci rivolgiamo. Smettiamola di stare sotto la tutela della cosiddetta “sinistra radicale” (radicale. evidentemente solo nel senso del partito americano di Pannella-Bonino), di rimbrottare come venduti questi o quelli. Liberiamoci dal ricatto per cui, chiedere il ritiro delle truppe d’occupazione, equivarrebbe a sostenere il ritorno dei taliban. Occorre riprendere la parola, sganciarsi dalle catene del realismo politicante. Occorre rilanciare un forte movimento per la pace e antimperialista. Il 7 ottobre sara’ il quinto anniversario dell’aggressione all’Afganistan, un lustro dal battesimo di fuoco della guerra permanente e preventiva. Che ne dite se iniziassimo a preparare dal basso, in vista di questa sciagurata ricorrenza, una mobilitazione generale?

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3. LA NON VIOLENZA VA IN GUERRA
Vi giro una lettera che ho spedito a Liberazione e al Manifesto che probabilmente non pubblicheranno!
Saluti

“Potete fare acrobazie lessicali, arrampicarvi su specchi da cui distogliete imbarazzati lo sguardo, argomentare arrossiti che “non si puಠfar cadere un governo” nato dalla buona fede di tanti stanchi elettori: ma avete votato i crediti di guerra! Avete votato la moltiplicazione dell’oppio e dei morti, per poche briciole imperiali avete avallato la cosa più tremenda che possa accadere a un essere umano: morire per gli interessi geopolitici e strategici di quella parte del mondo che per mantenere il proprio stile di vita non esita a far diventare alcuni abitanti del pianeta un cumulo di esuberi da eliminare in nome della guerra santa al terrorismo. Tutto ciಠumilia e disprezza chi ama la verità  come unica e ultima arma rivoluzionaria. Qualche aereoplanino in meno e qualche dissenziente in più non possono restituire neanche una parvenza di dignità  ad un partito (PRC) la cui deriva socialdemocratica l’ha fatto arenare nelle grigie spiagge dell’impero: e tutto per un po’ di colla tra il loro sedere e il velluto delle poltrone della sala comando”.
Alessandro G.

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4. GIORDANO, NON IL FIUME

“Giordano spiega cosଠla sua scelta: “Per noi ਠimportante costruire un canale di comunicazione con le comunità . Ed ਠparticolarmente significativo nel momento in cui vi sono nuovamente in Italia e in Europa rigurgiti antisionisti”. Proprio cosà¬: “antisionisti”. E sentire questa definizione da parte del leader del Prc desta una qualche sorpresa, perchà© spesso e volentieri il termine sionista per la sinistra radicale equivale a un insulto”. (Corriere della Sera del 1. Luglio)

Queste le farneticanti parole pronunciate dal neosegretario del PRC davanti alla Comunita’ ebraica italiana. Da anni il fronte imperialista sta cercando di illegalizzare l’antisionismo come antisemitismo. Questa esternazione e’ gravissima, e’ la prova provata che il gruppo dirigente del PRC e’ allo sbando piu’ totale. Dimostra che l’epurazione di Marco Ferrando dalle liste di partito non era un incidente, ma una scelta deliberata, strategica. La prova provata che stare al governo in Italia non e’ possibile se prima non si paga pegno ai criminali israeliani. Tanto piu’ inaudite queste parole, perche’ venivano pronunciate mentre l’esercito israeliano, in risposta ad una legittima azione di guerra della Resistenza palestinese, sottoponeva il popolo palestinese alla piu’ violenta offensiva da anni a questa parte, mentre arrestava parlamentari e ministri di Hamas, mentre dichiarava che li avrebbe trattenuti e puniti come terroristi della lista nera. Ma militanti comunisti nel Prc esistono ancora? E se esistono, come possono sentirsi rappresentati da un sicofante come Giordano?

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