RINIVIATI A GIUDIZIO MARIA GRAZIA, MORENO E ALESSIA
COMUNICATO STAMPA DEL CAMPO ANTIMPERIALISTA
20 ottobre 2006
“La Procura della Repubblica di Perugia ha chiesto il rinvio a giudizio di Maria Grazia Ardizzone, Moreno Pasquinelli e Alessia Monteverdi –arrestati con gran clamore il 1° aprile 2004 e scarcerati il successivo 24 aprile per insussistenza di gravi indizi di reato– per i reati di appartenenza ad associazione con finalità di terrorismo internazionale (DHKP – C), art. 270 bis c.p. e di assistenza a membri di associazione con finalità di terrorismo internazionale (sempre il DHKP-C), art. 270 ter c.p. Sottolineiamo la contraddizione logica prima ancora che giuridica: come si puಠessere membri di un’associazione e contemporaneamente assistere altri membri della stessa dall’esterno? Ancora: la “legge Pecorella”, approvata in nome di uno sbandieratissimo garantismo, prevede che qualora la cassazione confermi l’insussistenza di gravi indizi di reato, come si ਠverificato in questo caso, il procedimento sia archiviato, salvo emergano fatti nuovi prima sconosciuti, che perಠnon risultano. Non ਠvero che tutti sono uguali davanti alla legge e che la legge ਠuguale per tutti”.
Maria Grazia Ardizzone – portavoce del Campo Antimperialista
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Questo Notiziario contiene:
1. VORREI MA NON POSSO
Il terzocampismo immaginario dei bertinotti-boys
2. GUARDIAMOCI NEGLI OCCHI
Puo’ rinascere un movimento contro la guerra?
3. IRAQ: EVITARE LA GUERRA CIVILE
La Resistenza e le sue responsabilita’
4. LA PERNACCHIA IMPERIALE
Dall’incriminazione di Pollari alle esternazioni americane di Kossiga
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1. VORREI MA NON POSSO
Il terzocampismo immaginario dei bertinotti-boys
Si ਠtenuta nei giorni scorsi a Firenze la prima giornata dell’ “Assemblea dei movimenti per la pace e contro la guerra”. Questa assemblea, promossa dal cosiddetto “Tavolo fiorentino”, si proponeva un obiettivo tanto ambizioso quanto irrealistico: dare un qualche senso ed una qualche credibilità ad una terza via tra il movimento contro la guerra che ha manifestato a Roma il 30 settembre e il “pacifismo” filogovernativo dei “Forza Onu” del 26 agosto ad Assisi. L’incontro fiorentino, con le le sue aleatorie conclusioni, ha chiaramente mostrato l’inconsistenza di questo “terzocampismo”, che vorrebbe essere sଠun pಠpiù radicale dei D’Alema boys di “Forza Onu”, ma senza trarne alcuna seria conclusione politica sul rapporto con il governo Prodi. Si vorrebbe una posizione più netta sull’Afghanistan, ma guai a mettere in difficoltà il governo Prodi; si vorrebbe una finanziaria meno militarista, ma non si dice quale iniziativa concreta si voglia mettere in campo. Non a caso i parlamentari del Prc presenti si sono limitati a farfugliare moderatamente i soliti e scontati distinguo e nulla più.
Con questi “vorrei, ma non posso”, alla fine i Bertinotti boys non potranno far altro che allinearsi (magari mugugnando) ai loro cugini maggiori, gli aperti sostenitori della politica filoamericana e filosionista rappresentata dal ministro degli esteri. D’altronde, sulla spedizione militare in Libano, vera cartina di tornasole degli attuali orientamenti politici, la convergenza con il bombardatore di Belgrado resta assoluta. All’assemblea fiorentina c’erano anche altre componenti, cosଠcome c’erano molte persone desiderose di capire le prospettive della lotta contro la guerra. Da questo punto di vista l’assemblea non ਠstata inutile, dato che ha chiarito una volta di più la necessità di schierarsi. Le terze vie non esistono: o si lavora al rilancio del movimento contro la guerra del quale la manifestazione di fine settembre ਠstata la prima tappa, o ci si adatta alla palude parolaia ed ipocrita del sottobosco governativo. Del resto la politica, come la vita, ਠfatta di scelte. Anche per i “movimenti”.
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2. GUARDIAMOCI NEGLI OCCHI
Puo’ rinascere un movimento contro la guerra?
Abbiamo spesso criticato l’idea che il movimento contro la guerra fosse un “fiume carsico”, che scompare e riappare in maniera imprevedibile, ma la cui sorgente sarebbe sempre attiva e copiosa. Metafora per metafora, il movimento antiguerra, come ogni movimento di massa, e’ stato piu’ simile ad una fiumana la quale, essendo alimentata dalle pioggie torrenziali, puo’ restare a secco per anni e anni per ingrossarsi all’improvviso in maniera irresistibile. Sta di fatto che oggigiorno, mentre l’imperialismo occidentale, capeggiato da quello americano, continua nella sua strategia di guerra globale e permanente, del movimento contro la guerra sembra scomparsa ogni traccia. Siamo indecisi tra il dire “l’avevamo previsto” e ripetere il vecchio adagio per cui “la ragione e’ dei fessi”. La sostanza non cambia: gli eventi sociali hanno sempre la meglio sui discorsi, le teorie, come pure sulle migliori previsioni di piccole minoranze. Tuttavia la secca un merito l’ha avuto: ha prodotto un’evidente polarizzazione. Da una parte l’ala dei pacifinti, che ha deciso di soccombere al “governo amico”, dall’altra quella antimperialista (in sostanza quella che ha promosso la manifestazione del 30 settembre). In mezzo (vedi sopra) si dimena in modo assai pittoresco chi vorrebbe sfuggire a questa polarizzazione. Siamo ben consapevoli che il blocco antimperialista e’ oggi minoritario. Non potrebbe essere altrimenti. Ma se solo pensiamo all’andazzo di due anni fa, quando eravamo pressoche’ soli a difendere le resistenze irachena e afgana, o quella palestinese (Hamas), questa polarizzazione sancisce senza alcun dubbio un passo avanti dell’antimperialismo. Non e’ un fenomeno solo italiano, e’ in linea con cio’ che e’ maturato all’interno dello stesso Social forum mondiale. Questo passo avanti, tuttavia, non e’ che un buon viatico per il futuro. Che il blocco del 30 settembre riesca a farsi largo, che si consolidi, non e’ affatto scontato. Il blocco del 30 settembre e’ infatti sorto piu’ per necessita’ che per un verace spirito unitario. E’ dunque ancora fragile ed esposto, sia alle sirene del ceto politico di centro-sinistra, che all’ostilita’ ricattatoriia di certe frangie antagoniste che il 30 non sono scese in piazza accampando le piu’ risibili scuse. Il Campo, in questo blocco, fa quel che puo’ affinche’ si consolidi l’unita’. Per noi e’ una questione di contenuti. Sulla piattaforma del 30 settembre e’ per noi non solo plausibile ma auspicabile superare in avanti l’unita’ sorta dallo stato di necessita’. Senza farci soverchie illusioni confidiamo che cio’ sia possibile. Per due ragioni. La prima di natura internazionale. La debacle dei pacifinti non e’ momentanea, ma di lungo periodo, e quel che piu’ conta ha dimensioni internazionali. Cio’ che resta del movinto antiwar si va infatti sempre piu’ spostando su posizioni anatimperialiste, dall’America latina, all’Asia, passando per l’Europa. E’, questa, una tendenza favorita dalla tenuta delle Resistenze e che tendera’ a consolidarsi, stimolata dalla strategica proposta di Chavez di costituire un fronte antimperialista internazionale. D’altra parte, sul fronte interno, le porcherie del governo di centro-sinistra, spingeranno tante persone ad abbandonare la posizione di catalessi all’azione e alla protesta —dove il legame tra politica interna liberista e politica estera imperialista apparira’ come necessitato e indissolubile. Sia apre agli antimperialisti tutti un grande spazio politico potenziale che potra’ essere coperto a patto di superare sia i settarismi che la politica da piccolo cabotaggio.
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3. IRAQ: EVITARE LA GUERRA CIVILE
La Resistenza e le sue responsabilita’
Il mese di ottobre non e’ finito e gli americani registrano gia’ il piu’ alto numero di perdite dall’invasione dell’Iraq. E’ la conferma lampante della vitalita’ e della forza della Resistenza irachena. Lo stesso Bush ha ammesso il paragone col Vietnam e si e’ visto costretto a tirare le orecchie ai suoi generali affinche’ trovino tattiche piu’ adeguate. Ma qui non e’ un problema di tattiche, e’ un problema di natura eminentemente politica e strategica. L’occupazione manu militari dell’Iraq usando come ascari le componenti sciite filoimperialiste si sta risolvendo in un colossale fallimento. Ritirare le truppe d’occupazione? No possible! E sapete perche? Perche’ il paese sprofonderebbe in una guerra civile dalle conseguenze incalcolabili per tutto il Medio oriente. Altro che stabilizzazione e consolidamento del “regime democratico”! Lo stesso piano di frantumare l’Iraq si sta rivelando impossibile. Questo piano di smembramento dell’Iraq presupponeva una condizione, che in Iran il potere passasse definitivamente ai “moderati” di Kathami. E’ accaduto il contrario. Il settore nazionalista persiano piu’ intransigente l’ha invece avuta vinta e gioca una audace partita di scacchi contro Bush per assurgere a prima potenza regionale del Medio oriente. Oggi come oggi lo squartamento dell’Iraq andrebbe solo a vantaggio dei persiani. L’Iraq sta diventando, ben piu’ che il Libano, il terreno di scontro tra USA e Iran, il banco di prova di due opposte quanto ciniche strategie geopolitiche. Cosi’ si spiega l’incipiente guerra civile in corso in Iraq, la guerra per bande, la gigantesca faida intercomunitaria, il fiume di sangue che sembra inarrestabile e le cui responsabilita’ un’infame propaganda attribuisce alla Resistenza la quale deve quindi condurre una lotta su due fronti che ha davvero del miracoloso. Se questa lotta per l’egemonia tra persiani e americani, sul piano tattico, offre alla Resistenza spazi considerevoli d’azione, sul piano strategico la questione e’ ben piu’ complessa e spinosa. La Resistenza non vincera’ mai contro due nemici, se non sapra’ accentuare le loro contraddizioni e, soprattutto, se non riuscira’ a spaccare il fronte dei partiti sciiti, portando dalla sua parte il vasto movimento popolare di cui Moktada al-Sadr e’ punto di riferimento. La conquista della citta’ di Al Amara da parte del Mahdi (la milizia di Moktada), avvenuta il 20 ottobre a spese delle forze governative sciite sostenute sia dagli occupanti che da Tehran, indica quanto profonde siano le divisioni all’interno del blocco sciita medesimo. Moktada non e’ un santo. Nella guerra di tutti contro tutti le sue milizie non ammazzano solo i marines, non combattono solo gli squadroni della morte legati alla Brigata Badr agli ordini degli sciiti venduti agli USA: hanno anche ammazzato decine e decine di baathisti e di combattenti della Resistanza sunnita. Le formazioni della Resistenza antimperialista sunnita, a loro volta, hanno attaccato a piu’ riprese i miliziani di Moktada. L’abbiamo ripetuto piu’ volte: la saldatura tra le Resistenza sunnita e il movimento popolare di Moktada e’ la sola via per evitare che l’Iraq piombi in una guerra civile dispiegata. E’ qualcosa di piu’: e’ la via per battere gli occupanti e i loro ascari. Questo lo sanno sia gli americani che i persiani, i quali, pur di evitare questa saldatura, preferiscono che l’Iraq affondi in un bagno di sangue… Poi si vedra’. Tendenze resistenti sunnite diposte ad una convergenza con Moktada ci sono, ma sono contrastate dalle componenti islamico-settaria e da quella baathista intransigente la quale aspira alla direzione esclusiva della Resistenza. E qui siamo dunque al punto dolens: come sperare di porre fine alla lotra fratricida tra sciiti e sunniti, come costruire un grande movimento unitario del popolo iracheno, se le decine di formazioni che danno vita alla Resistenza non formano quanto prima un Fronte unito nazionale di liberazione?
4. LA PERNACCHIA IMPERIALE
Dall’incriminazione di Pollari alle esternazioni americane di Kossiga
Dunque Pollari, direttore del SISMI, e’ ufficialmente indagato per responsabilita’ dirette nel sequestro illegale di Abu Omar. Se saranno provate, come tutti gli elementi indicano, le sue responsabilita’, difficilmente evitera’ la galera. Pollari si e’ barricato dietro al segreto di Stato. Lo scopo e’ evidente: salvare dall’incriminazione Berlusconi e Letta. Tutti gli indizi e la stessa logica politica lasciano pensare che Pollari avesse ricevuto il lasciapassare del governo Berlusconi, nelle persone, appunto del Primo ministro e del suo factotum e addetto ai servizi segreti Letta. Spetta adesso al tandem Prodi-D’Alema rimuovere questo peloso segreto di stato. Vedremo. Intanto c’e’ da restare di stucco a vedere quante nefandezze questi servizi segreti abbiamo compiuto dopo il 2001. Addirittura agenti italiani sono andati in maniera extragiudiziale ad interrogare alcuni detenuti a Guantanamo —a conferma di quanto sia stringente il legame tra servizi italiani, Cia, NSA e Company. Gli altri europei non sono da meno.
Chi ha avuto la faccia tosta di difendere l’operato dei servizi segreti italiani, la loro cialtronesca sudditanza agli americani, le loro pratiche illegali e banditesche, e’ stato non a caso, Kossiga, il quale non si risparmia nel portare i suoi attacchi al vetriolo al pool di magistrati che hanno scoperchiato il puzzolente vaso di pandora. Non abbiamo mai avuto dubbi sul fatto che questo inquietante picconatore fosse l’uomo cardine del partito amerikano trasversale.
A futura memoria ripubblichiamo alcune agghiaccianti articoli da Kossiga pubblicati sul giornale del SISMI, LIBERO. Leggere per credere!
“SPIE, COSSIGA VUOTA IL SACCO”
di Cossiga Francesco
Cari giudici girotondini, vi svelo una cosa. Io e Moro i terroristi li abbiamo sequestrati, cacciati, incastrati con la droga. E abbiamo vinto. Voi invece…
Caro dottor Spataro, io ho per Lei una grande simpatia, anche se l’ho denunziata e spero che di quella denunzia Lei debba rispondere, a onore degli uomini dei servizi segreti italiani e delle potenze alleate e amiche che ci difendono dal terrorismo (pardon, dalla “resistenza”). Stia certo che io andrei a trovare in carcere chiunque, anche se fosse un giudice, e porterei le arance siciliane e le ciliegie di Vignola prodotte da un mio amico, che non ਠnà© della Cia nà© del Sismi. Dicevo: io ho per Lei una grande simpatia perchà© siamo entrambi dei politici. Io lo sono in panni normali e combatto con la parola e lo scritto; Lei lo ਠnei panni del magistrato che lotta con l’esercizio dell’azione penale e con gli ordini di custodia cautelare. Da ragazzino io per la Repubblica e la Democrazia Cristiana facevo a botte; Lei non ho ben capito per che cosa, ma forse già allora faceva i girotondi. ::: Voglio raccontarLe alcune istruttive cose. Aldo Moro molto si preoccupava di tenere al riparo i cittadini italiani dagli attacchi del terrorismo arabo-medio orientale e palestinese: l’Olp di Arafat non aveva ancora rinunciato a compiere “azioni di convinzione” all’estero contro obiettivi ebraici e occidentali. Si operava nell’ambito del più generale accordo segreto chiamato il “patto Giovannone”, dal nome del residente del Sismi a Beirut. Quando terroristi palestinesi tentarono – con missili terra-aria piazzati nei dintorni all’Aeroporto di Fiumicino – di abbattere un aeromobile civile israeliano dell’El-Al e furono arrestati, Moro intervenne personalmente sul presidente del tribunale, con la cortesia e la fermezza che gli erano proprie, e fece concedere ai terroristi la libertà provvisoria. All’uscita dal carcere vi erano agenti dell’allora Sid che prelevarono i terroristi appena scarcerati, li portarono in un aeroporto militare, li imbarcarono su un aeromobile DC 3 dello stormo dello Stato Maggiore, sigla “Argo”, quello di cui normalmente si serve la V Divisione e cioਠ“Gladio” (mamma mia, “Gladio!”) e li spedଠa Malta, da dove raggiunsero la Palestina. Arafat ringrazià². Fortunatamente Lei, dottor Spataro, era impegnato in un girotondo! Gli israeliani anni dopo ci risposero e fecero saltare in aria l’Argo: pari e patta. Nella “guerra sporca” dei servizi si fa cosà¬! Altra storia. Un magistrato arrestಠun giorno il capo del Sid, uomo fedele ad Aldo Moro che era allora presidente del Consiglio dei ministri, e arrivಠvicino a scoprire la struttura di Gladio. Moro convocಠun giovane ministro che ero io, e gli diede istruzioni di prendere contatto con la famiglia, e di esprimere ad essa e tramite essa la solidarietà del governo al generale. Moro mi diede le indicazioni per impartire all’arrestato le istruzioni su ciಠche doveva e su ciಠche non doveva dire al magistrato. Il generale fu messo in libertà e delicati segreti di Stato non furono rivelati al magistrato, con e senza password! E Lei, il dottor Spataro non c’era, perchà© si allietava a fare già i girotondi contro i futuri Ds, quando il Pci si fosse trasformato in essi!
Colpo grosso oltre confine
Quando diventai ministro dell’Interno, il capo dell’Ispettorato Antiterrorismo mi disse che potevamo fare un “colpo” catturando un terrorista (pardon, un “resistente rosso”!), rapendolo con la forza da un Paese confinante. Diedi l’autorizzazione, i nostri ragazzi penetrarono in “territorio amico”, localizzarono il “rapendo”, ebbero con lui un conflitto a fuoco e lo trasportarono di forza in territorio nazionale. Al processo il terrorista tacque perchà© su nostra richiesta il magistrato gli aveva promesso un trattamento di favore. Lei, dottor Spataro fortunatamente non c’era, perchà© si riposava dai girotondi. Sempre io giovane e spregiudicato ministro dell’Interno, mi feci consegnare da un mio più giovane collega straniero in un aeroporto militare di quel Paese un gruppetto di terroristi di destra (questi “delinquenti”, e non “resistenti”), e li feci riportare in Italia senza le complicazioni di domande di estradizione e simili. Sempre ministro dell’Interno, escogitai un sistema per far fermare e interrogare sospetti terroristi o loro fiancheggiatori, per i quali i magistrati proprio non ci potevano concedere mandati di arresto e cattura o confermare fermi di polizia giudiziaria (solo dopo un paio d’anni riuscii infatti a far reintrodurre il fermo di polizia, con l’aiuto dei comunisti).
Bustine su misura
E Le racconto un’altra cosa ancora, dottor Spataro. Nella calca delle grandi città , nostri ragazzi dell’Arma o della Polizia facevano scivolare buste di cocaina o di altra droga (in modica quantità !) nelle tasche del ben-capitato di turno. Qualche metro dopo una squadra della Guardia di finanza in divisa, che si trovava per caso di passaggio per servizio antidroga, fermava il sopraddetto, lo perquisiva, gli trovava la droga e lo portava in caserma dove, dopo un sommario interrogatorio sul possesso di droga, insieme a carabinieri o agenti di polizia dell’antiterrorismo in borghese il bencapitato veniva interrogato su fatti di terrorismo… con minor dolcezza! Gli Spataro non c’erano: erano i tempi degli Occorsio, dei Sica e dei Di Matteo…, quelli che con seri politici, soprattutto democratico-cristiani e comunisti, sconfissero il terrorismo (perdono! La “resistenza”!). Chissà quanti ostacoli alla lotta contro il terrorismo rosso ci avrebbe messo il girotondino Spataro, allora con baffi meno bianchi!
Strizzate il ferito
Andiamo avanti con i ricordi. Dopo un devastante attacco terrorista contro obiettivi israeliani a Fiumicino (il “patto Giovannone” non venne violato!), dopo che gli “steward” e le “hostess” della El-Al fecero fuori tre o quattro terroristi la polizia italiana riuscଠa catturarne uno, ferito. Il sostituto procuratore e il capo di una sezione antiterrorismo che mi incontrarono nell’obitorio dove ero andato a rendere omaggio alle salme dei cittadini israeliani (mi scusi, qualche girotondino direbbe “sporchi sionisti”!) uccisi, mi chiesero se ritenessi opportuno che, con l’aiuto degli anestesisti, gli agenti dessero una “strizzatina” al ferito per farlo parlare, in presenza del magistrato della procura di Roma, che naturalmente non era girotondino ma della sinistra vera. Il consiglio di dare strizzatine ai terroristi detenuti mi era stato dato anche da un grande capo partigiano, “icona” del Pci e leninista di ferro. Risposi che mi sembrava un’ottima idea.
Meno male che c’erano gli 007
Cosଠfu fatto: e la magistratura “mise dentro” un bel po’ di complici dei terroristi (pardon, di resistenti contro il sionismo). Il “resistente” fu condannato all’ergastolo e fu poi oggetto di uno scambio. Lei, dottor Spataro non c’era, perchà© aveva ripreso gli allenamenti di girotondo! Avendo avuto forti insegnanti di diritto costituzionale e di diritto penale (sà¬, mi sono laureato in diritto penale ottenendo il voto di 110 su 110 e lode, con dignità di stampa!) conosco che cosa sia la legalità ordinaria e la legittimità istituzionale dei tempi di guerra. Non si affanni a fare indagini, dottor Spataro, perch੠ਠtutto prescritto… In conclusione: io, democratico, antifascista e antiterrorista, ringrazio gli agenti del Sismi, quelli della Cia (sà¬, anche quelli della Cia con le “extraordinary rendition”) del Security Service, quelli della BND, quelli dell’SFB che hanno fatto (complimenti!) il bel colpo contro il capo terrorista ceceno. Li ringrazio per il contributo che danno, anche con metodi spicci, alla lotta contro il terrorismo islamico (pardon, la resistenza islamica!) Spero che Clemente Mastella riesca a salvarsi dalla stretta della lobby politicosindacale dell’Associazione Nazionale Magistrati e a rifiutarsi di inoltrare la domanda di estradizione degli agenti Cia che Lei – insieme al non girotondino conoscitore delle “carte di Montenevoso” – inoltrerete agli Stati Uniti.
Pernacchie americane
Spero che Mastella riesca ad evitare che dall’altra parte dell’Atlantico ci arrivi una pernacchia imperiale! Sa che cosa mi duole di tutta questa vicenda, dottor Spataro? Che nà© il governo nà© il Sismi abbiano dato una mano alla Cia, come quasi tutti gli altri Stati e servizi di intelligence europei hanno fatto! Con sincera cordialità .