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IRAQ: qual è il gioco di Moqtada al-Sadr?

22. September 2007
Pubblichiamo di seguito un interessante articolo di Sami Moubayed, un analista politico siriano, recentemente pubblicato su Asia Times.

Pubblichiamo di seguito un interessante articolo di Sami Moubayed, un analista politico siriano, recentemente pubblicato su Asia Times.
L’articolo ਠinteressante perchà© tratteggia alcuni aspetti fondamentali dei decisivi mutamenti in corso in Iraq. In particolare analizza la politica e la strategia del movimento di Moqtada al Sadr, sfuggendo ai tradizionali schematismi che lo vorrebbero completamente asservito a Teheran, se non addirittura al servizio di Washington.
La realtà  à¨ evidentemente ben più complessa, anche se questo non cancella le responsabilità  di al Sadr cosଠcome evidenziate ad esempio nell’intervista ad al Kubaysi che abbiamo realizzato nel luglio scorso.
Di quell’intervista l’articolo di Asia Times conferma due cose: 1) la ridefinizione del sistema delle alleanze che gli Usa stanno portando avanti da tempo in Iraq; 2) il passaggio di campo – all’interno di questo processo in atto – di consistenti settori del vecchio Baath.
Su questo punto l’analista siriano si spinge ben oltre le affermazioni di al Kubaysi, ipotizzando un cambio di governo a breve, a seguito del quale questi settori convergerebbero in un nuovo gabinetto presieduto da Allawi, cioਠl’uomo sul quale gli Usa avevano puntato alle elezioni legislative del dicembre 2005.
Ci sembrano elementi di valutazione estremamente interessanti, specie se letti alla luce della prospettiva di un attacco all’Iran. Attacco che porterebbe ad una guerra che avrebbe proprio in Iraq uno dei suoi fronti più caldi e decisivi.

Muqtada mette a segno un altro colpo
di Sami Moubayed*

Pubblicato su Asiatimes del 18 settembre 2007

DAMASCO – “Non abbiamo assolutamente alcuna intenzione di liberarci del premier al-Maliki”, dichiarava un portavoce dell’alleanza sadrista domenica scorsa. Questo dopo che Muqtada al-Sadr aveva infine deciso di uscire dal “blocco sciita” al governo (Alleanza Irachena Unita, AIU).

Ovviamente, il premier non ha creduto a queste rassicurazioni, avendo compreso che da quando ruppe con Muqtada, quest’anno, il ribelle datosi alla politica ਠdeterminato a far cadere l’interno governo al-Maliki per ritorsione.

Muqtada ha dato serie preoccupazioni a Maliki. Il primo passo del suo “golpe” fu quando sei suoi sostenitori uscirono dal gabinetto di al-Maliki, togliendogli la legittimazione sadrista e lasciando vuoti alcuni posti-chiave, come i ministeri dei Trasporti, del Commercio e della Salute. Al-Maliki aveva promesso un rimpasto estivo del gabinetto per rimpire i vuoti, ma ad oggi questo non ਠancora avvenuto.

Ali al-Dabbagh, portavoce del governo al-Maliki, ha rifiutato di commentare quest’ultimo scomodo incidente, dichiarando: “Non ਠaffar nostro, bensଠdel Parlamento”. Neanche questo perಠva a beneficio di al-Maliki, considerato che ha già  perso gran parte dei suoi alleati in Parlamento, principalmente i sunniti del Fronte della Concordia e i laici della Lista Nazionale Irachena dell’ex primo ministro Iyad Allawi.

L’uscita dall’AIU priva il blocco sciita di 32 deputati dell’alleanza sadrista, all’interno di un parlamento composto di 257 membri. I bersagli sono due persone: al-Maliki e il suo patrocinatore, Abdulaziz al-Hakim (storico oppositore della famiglia al-Sadr nell’à mbito della politica sciita e leader del Supremo Consiglio Islamico Iracheno – SCII [ex Consiglio Supremo per la Rivoluzione Islamica in Iraq – SCIRI, NdT]).

Muqtada, che da un certo tempo minacciava di uscire, dichiara che l’AIU (capeggiata da al-Hakim) ha fallito nell’esaudire le sue numerose aspettative. Uno dei suoi reclami ਠche al-Maliki ha smesso di consultare i sadristi per gli affari di Stato. Un altro ਠche al-Maliki, dopo il suo dissenso con Muqtada, ha cominciato ad arrestare membri del suo Esercito del Mahdi, per quanto Muqtada avesse promesso una tregua con le autorità  governative e le forze statunitensi della durata di sei mesi, a partire da agosto.

In effetti, al-Maliki ha cominciato un giro di vite sulle stesse persone che hanno protetto il suo regime da quando ਠarrivato al potere nel maggio del 2006. L’uscita dal governo ਠuna risposta diretta a una nuova alleanza che comprende al-Maliki, al-Hakim e due leader curdi: Masoud Barzani, presidente del Governo regionale del Kurdistan iracheno, e Jalal Talabani, presidente della Repubblica.

Al-Maliki dichiara che sono gli “architetti moderati” di un nuovo Iraq. Per quanto riguarda Muqtada, invece, non sono altro che fantocci degli Stati Uniti, che lavorano per far passare il controllo del giacimento di Kirkuk al Kurdistan, in cambio del supporto dei Curdi al premier.

L’AIU, che ha già  perso il partito sciita al-Fadila e corre seriamente il rischio di perdere il potere se vengono indette nuove elezioni o se al-Maliki riceve un voto di sfiducia in Parlamento, ਠin preda al panico. Al-Maliki sa di possedere solo una maggioranza molto stentata.

Abbas al-Bayati dell’AIU ha dichiarato di voler tentare di persuadere i sadristi a tornare nel governo. “Non andranno molto lontano dall’Alleanza; il loro ritiro non ਠdecisivo”. Ma membri del blocco sadrista dichiarano invece che il loro gesto ਠdefinitivo e che non torneranno indietro.

Muqtada ਠperfettamente consapevole (a volte troppo) del suo peso politico nella comunità  sciita. Per quanto al-Hakim e al-Maliki siano influenti presso gli uomini d’affari e la borghesia, Muqtada ha l’egemonia tra i giovani e i poveri della comunità . Muqtada ਠseguito perchà© offre alla gente servizi come l’ospedale grautuito o la protezione. Quando subiscono un torto, offre loro vendetta.

L’Esercito del Mahdi, considerato una milizia irregolare dai sunniti iracheni e dagli Stati Uniti, ਠestremamente popolare presso i giovani sciiti. Se questi giovani, frustrati a causa della disoccupazione, tolgono il loro appoggio all’AIU, il blocco sciita al governo si troverà  in pessime acque, per quanto si rifiuti di ammetterlo.

Molti sciiti sono già  delusi dal rifiuto dell’AIU di richiedere un calendario per il ritiro delle truppe USA. E sono parimenti risentiti per il recente giro di vite di al-Maliki sull’Esercito del Mahdi, fatto per compiacere la Casa Bianca di George W. Bush. Oltre alla protezione, l’Esercito del Mahdi, infatti, fornisce loro un lavoro.

Al-Hakim, in competizione con Muqtada per la leadership tra gli sciiti, tuttora appoggia fortemente l’idea di creare un distretto autonomo sciita nel sud dell’Iraq. L’AIU lo sostiene in questo, mentre Muqtada ਠrecisamente contrario a un’ulteriore federalizzazione dell’Iraq e dichiara che il Paese deve rimanere unito.

Molti Iracheni, che in cuor loro non hanno abbandonato il nazionalismo arabo, sono contrari alla divisione dell’Iraq secondo linee confessionali, nonostante il loro nazionalismo sciita. L’AIU ha anche stretti legami con i Mullah iraniani, da cui ਠstata fondata. Secondo Muqtada, al-Hakim ਠun tirapiedi di Tehran, poichà© vi ha abitato negli anni Ottanta e ha mobilitato la sua milizia, la brigata Badr, a combattere contro l’esercito iracheno nella guerra Iran-Iraq di quel decennio. Muqtada invece, per quanto sogni di stabilire una teocrazia in Iraq, vuole che quest’ultimo sia indipendente dal regime iraniano.

Ciಠlo pone anche in disaccordo con l’AIU, che, creata originariamente in vista delle elezioni parlamentari del 2005, era composta di diversi partiti sciiti, guidati dal partito Da’wa di al-Maliki, l’SCII di al-Hakim e al-Fadila, tutti sotto il protettorato del grande ayatollah Ali al-Sistani.

Avevano 130 seggi in Parlamento su 257. I sadristi, originariamente visti come un partito alle prime armi, hanno cominciato a giocare un ruolo sempre più importante con il loro 32 seggi e gli incarichi ministeriali dati loro da al-Maliki. La loro influenza era dovuta a due elementi: la popolarità  di Muqtada, e la sua alleanza non dichiarata col premier.

Al-Maliki ha offerto protezione a Muqtada contro la repressione degli USA e Muqtada ha ricambiato conferendo ad al-Maliki legittimità  tra gli sciiti dei quartieri poveri di Baghdad. I disaccodi tra i due sono iniziati nel 2006 sulla maniera di confrontarsi con gli Stati Uniti. Muqtada voleva che al-Maliki tenesse loro testa. Ma al-Maliki semplicemente non poteva dire di no agli USA, poichà© doveva loro la sua esistenza politica.

Nel 2007, Muqtada era diventato un imbarazzo politico per al-Maliki. Gli Stati Uniti stavano facendogli pressione affinchà© se ne liberasse e reprimesse l’Esercito del Mahdi, se voleva rimanere in carica. Gli Stati arabi facevano pressione su al-Maliki perchà© abbandonasse il nazionalismo sciita in favore di una posizione panirachena. Erano convinti che la crescente influenza di Muqtada nell’Iraq post-Saddam era dovuta al’indulgenza di al-Maliki nei confronti dell’Esercito del Mahdi.

Gli attacchi ai quartieri sunniti e alle moschee sunnite, e gli omicidi di notabili sunniti, furono imputati tutti a Muqtada. La vulgata sunnita faceva di Muqtada il capro espiaorio di tutta la violenza confessionale in Iraq, anche se non ne era responsabile.

Al-Maliki ਠsopravvissuto all’ondata di condanne dal mondo arabo mantenendosi a una forte alleanza interna di sciiti, sunniti e curdi. Quando questa ha cominciato a cedere, le cose hanno cominciato a sfasciarsi su tutti i fronti. Prima il mondo arabo l’ha abbandonato. In seguito ਠtoccato agli Stati Uniti, che hanno cominciato a perdere fiducia nella sua saggezza e a dubitare della sua sincerità  nel voler portare stabilità  all’Iraq.

Il Fronte sunnita della Concordia ha abbandonato il primo ministro, insieme ad al-Fadila, alla squadra di Allawi e ora, infine e definitivamente, ai sadristi. L’AIU ora ha soltanto 136 deputati (53 di loro alleati curdi), e ora al-Maliki ਠcosciente più che mai di avere i giorni contati. Se i sadristi dicono di no al premier dall’interno del Parlamento, il numero di parlamentari avversari salirà  a 127 su 257.

Ad aggiungersi alle preoccupazioni di al-Maliki va il recente omicidio del leader tribale Sheikh Abdul Sattar Abu Risha, che ਠstato ucciso da una bomba vicino alla sua abitazione a Ramadi, si pensa per opera di al-Qaeda. Un anno fa Abu Risha, alleato sia degli USA sia di al-Maliki, aveva lanciato il “Risveglio di Anbar”, riunendo dozzine di leader tribali sunniti a lavorare insieme alle forze irachene e americane per combattere al-Qaeda in Iraq.

Il suo omicidio dimostra quant’ਠfragile la sicurezza sotto al-Maliki, che non ਠin grado di contribuire a controllare la situazione e neppure di proteggere i suoi principali alleati con cui lavora condividendo gli stessi obiettivi.

Il consigliere per la sicurezza nazionale Muwafaq al-Rabei ha descritto Abu Risha come un “eroe nazionale” “ineguagliato” nella storia della nazione, aggiungendo che il suo omicidio sarebbe stato un “disastro nazionale”.

Se Muqtada, che ਠferocemente antiqaedista, fosse stato presente a collaborare con Abu Risga e al-Maliki, allora forse l’influenza della rete di Osama bin Laden non sarebbe stata tanto potente, e il piano di sicurezza del primo ministro di Baghdad non sarebbe andato finito nel caos.

Al-Maliki ha lanciato questo piano, col sostegno degli USA, quest’anno dopo la rottura con Muqtada, e invece di concentrare i suoi sforzi nella repressione ad al-Qaeda, si ਠconcentrato sull’Esercito del Mahdi per far piacere agli Americani. Il risultato ਠche al-Qaeda continua a prosperare, mentre l’Esercito del Mahdi si ਠrivoltato contro al-Maliki.

Ciಠnon ਠpiaciuto nà© agli Americani nà© ai sadristi, e a pagare il prezzo ਠstato il popolo iracheno. Come se la rabbia dei sunniti non fosse bastata, al-Maliki ha ricevuto altre notizie per lui preoccupanti questa settimana, quando il disciolto partito Ba’ath ha annunciato che era disposto a lavorare con Allawi, il quale ha come scopo quello di sostituire il primo ministro.

La fazione del partito guidata da Izzat al-Douri ha annunciato che sono “più che disponibili a lavorare con Allawi, poichà© lo vediamo come un nazionalista e un patriota iracheno, e non una figura confessionale”. Anche se i suoi membri non condividono tutte le decisioni che prese da premier nel 2004, “non abbiamo dubbi che egli rappresenterebbe gli interessi dell’Iraq, e non degli sciiti, dei sunniti o di qualsiasi altro gruppo” — un chiaro riferimento ad al-Maliki.

Muqtada sta dimostrando, come mai prima, di essere un politico pragmatico che ha sorpassato ogni aspettativa. Chi sia la mente dietro il suo progetto politico, tuttavia, non ਠchiaro, poich੠chiaramente Muqtada non avrebbe potuto formulare una strategia e prendere iniziative politiche come lo sta facendo senza il consiglio di navigati uomini di Stato.

Quando divenne famoso nel 2004, molti pronosticarono che sarebbe stato un fuoco di paglia, un chierico radicale fallito che non sarebbe mai diventato un serio concorrente nel gioco politico iracheno. Nà© la sua età  (sulla trentina) nà© le sue credenziali religiose, la sua esperienza o le sue alleanze erano sufficienti a fare di lui un leader nazionale.

Tuttavia Muqtada ha imparato in fretta, probabilmente ispirandosi al modello di Hezbollah in Libano e al personaggio del suo popolarissimo e molto carismatico leader, Hassan Nasrallah. Anche il leader libanese ਠandato al potere da giovane, sui trent’anni, ed ਠriuscito ad imporsi su tutto e tutti in Libano in un tempo relativamente breve.

Ciಠsi sta avverando sempre più anche per Muqtada. Molti credettero inizialmente che Muqtada avesse un solo obiettivo primario: il ritiro delle truppe statunitensi. Lo vedevano come un protagonista politico solo quando si trattava di combattere gli Stati Uniti, senza pensare che potesse avere una seria agenda politica per se stesso e i suoi seguaci.

Oggi, tre anni più tardi, ਠchiaro che l’agenda di Muqtada va oltre il ritiro delle truppe USA dall’Iraq. Egli ha un obiettivo molto più ambizioso: porsi alla guida del paese. La sua saggezza ha cominciato a manifestarsi quando ha deposto le armi su richiesta di al-Sistani, per evitare un bagno di sangue alla comunità  sciita. Ha promesso di prendere parte al processo di normalizzazione e ha dato l’impressione di un uomo obbediente che ascoltava i consigli dei veterani quali al-Sistani.

La sua rivolta contro gli USA e l’allora primo ministro Allawi nel 2004 gli hanno dato tutta la legittimazione di cui aveva bisogno per scrollarsi di dosso la reputazione d’immaturità . Gli ha dato quelle medaglie al valore che gli permettono di dire al popolo iracheno: “Se prendo parte al processo di normalizzazione, non si puಠvolermene. Almeno ho provato a conquistare l’indipendenza con le armi, diversamente dai politici iracheni che si stavano comportando da tirapiedi degli Stati Uniti. Se collaboro coll’establishment politico, si tratterà  di “cooperazione onorevole” mirata alla graduale conquista dell’indipendenza”.

La stessa sopravvivenza dopo una tale guerra con gli Stati Uniti, dichiarava, era in se stessa una vittoria. Gli Iracheni, quantomeno quelli sciiti, gli credevano e lo perdonarono per la sua partecipazione a un sistema politico creato dagli USA, lo stesso cioਠche inizialmente denunciava. Sarebbe stato molto difficile per Muqtada entrare nel sistema politico se non gli avesse prima mosso guerra.

Dall’interno del sistema, tuttavia, ha cominciato ad applicare il modello-Hezbollah, attraverso l’ampio assortimento di organizzazioni caritatevoli che gli fanno capo. La povera gente ਠdiventata sempre più dipendente da lui per la propria sopravvivenza. Nel frattempo, Muqtada stava coltivando alleanze all’interno dei circoli politici. I politici si accordavano con lui, temendo la sua vendetta e la sua crescente influenza politica.

Poi ਠarrivato al-Maliki, che aveva bisogno di lui per essere legittimato, e ha dato a Muqtada l’opportunità  della sua vita, garantendo posti nel governo al blocco sadrista. In cambio, Muqtada ha fatto sଠche i suoi seguaci sostenessero il premier. Muqtada ha sfruttato gli incarichi governativi che gli sono stati dati fino al limite delle loro potenzialità  e successivamente, avendone ottenuto tutti i possibili benefici, li ha abbandonati, e con essi il primo ministro.

la credibilità  di Muqtada non ਠstata compromessa dal fatto di aver preso parte al regime di al-Maliki. E’ stata la reputazione di al-Maliki a soffrire per essere stato amico di Muqtada. Il giovane religioso non doveva dimostrare nulla a nessuno: le sue medaglie al valor militare brillavano ancora. Al-Maliki, invece, aveva da render conto ai sunniti, ai curdi e agli USA, sull’esatta natura del suo rapporto con Muqtada.

Le cose alla fine non sono andate secondo i pronostici. Gli sciiti non dovevano forse rimanere uniti in ranghi serrati dietro al primo ministro? Non si diceva che Muqtada avrebbe aiutato al-Maliki a sradicare le milizie sunnite in cambio della promessa del premier di lasciare in pace l’Esercito del Mahdi?

Al-Maliki si ਠtrovato davanti a una situazione insopportabile. Doveva scegliere se compiacere l’ambizione crescente di Muqtada o le richieste sempre più pressanti di George W. Bush. Ha tentato di camminare sul filo del rasoio e accontentare entrambi: una cosa che si ਠrivelata impossibile.

*(Sami Moubayed ਠun analista politico siriano)

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