In questo contesto a noi fa un certo schifo che D’Alema si sia recato giorni addietro alle Nazioni Unite per cingersi d’alloro sulla questione della moratoria della pena di morte. E’ il colmo dell’ipocrisia che mentre D’Alema avalla il massacro in corso a Gaza, venga osannato come un campione della pace e dei diritti umani.
Nel corso della sua permanenza all’ONU, D’Alema ha compiuto altre tre colossali porcherie (imperialiste).
Egli si ਠtrovato a presiedere i lavori del Consiglio di Sicurezza.
Ebbene, sotto la sua egida, il Consiglio ha votato a favore del prolungamento di un altro anno dell’occupazione americana dell’Iraq. L’Italia ulivista conferma dunque di stare servilmente a fianco di Bush (anche stavolta col plauso delle destre e col silenzio della “sinistra radicale”). Ora ਠchiaro che il tanto strombazzato ritiro dall’Iraq non era una “svolta politica”, ma solo un atto necessario e programmato per ridislocare truppe d’occupazione in Afganistan e in Libano.
Non finisce qui.
D’Alema, sempre nelle vesti di Presidente del Consiglio di Sicurezza, mentre a Mogadiscio infuria la battaglia, ha confermato l’appoggio al regime fantoccio di Somalia, quello di Nur Hassan Hussein. Ha esortato la Comunita’ internazionale a sostenere e anzi rafforzare la missione AMISOM (forza militare inteafricana) spedita a dare manforte alle truppe d’occupazione etiopiche, entrate a suon di eccidi in Somalia l’anno passato, il tutto in aperta violazione dei piu’ elementari principi di Diritto internazionale.
Una porcheria tira l’altra.
Ed ecco che, sempre in veste di Presidente del Consiglio di sicurezza, D’Alema ha perorato la secessione del Kosovo.
Lui, lui che era primo ministro nella primavera del 1999, ai tempi dell’aggressione NATO della Jugoslavia. “Sono venuto a prendermi le mie responsabilita'”, ha affermato. Violando gli Accordi di Kumanovo e la Risoluzione 1244, D’Alema si e’ fatto ambasciatore di Bush, che vuole punire, con la Serbia, la Russia, dando cosଠun segnale preciso che lui e’ l’imperatore e agli altri non resta che adeguarsi. E siccome l’enclave kosovara, etnicamente riipulita e in mano ai narcotrafficanti albanesi, non si reggerebbe in piedi un solo giorno da sola, ecco che D’alema ha proposto di rafforzare la tutela NATO, con 16mila armigeri e 2mila funzionari europei. Più che indipendenza qui si sancisce un protettorato eterno nel cuore dei Balcani.
E se il popolo serbo non accettasse queso nuovo squartamento? Se nelle elezioni del 3 febbraio prossimo i partiti filoccidentali perdessero? Se vincesse il candidato nazionalista Toma Nikolic?
Nuovi venti di guerra soffiano sui Balcani, e l’Italia, dietro alle manfrine diplomatiche, ਠgià pronta a schierarsi ma, a differenza del 1999, non solo fungendo da portaerei americana; questa volta con un impegno diretto, sui campi di battaglia. Ove la “sinistra radicale” non voglia macchiarsi di questo ennesima vergogna, il regime saprà sostituire Prodi con un altro proconsole, sostenuto da altre, ad hoc, maggioranze parlamentari.
L’Iran ਠla sola cosa di cui D’Alema non si ਠ(potuto?) impicciare. Resta che Bush, prima di cedere il posto al suo successore, vorrebbe dare l’ultima zampata per fare spazio al “nuovo Medio Oriente”, la vera e propria stella polare della sua politica estera e del suo mandato presidenziale. Ed infatti Bush l’ha a chiare lettere ribadito nella sua conferenza stampa di ieri, 20 dicembre. Gli ha fatto eco il mministro degli esteri francese Bernard Kouchner, il quale, in un’intervista proprio ieri alla radio ha chiestosanzioni europee contro Teheran affermando:
“Bisogna prepararsi al peggio, sul nucleare il mondo rischia la guerra, ma intanto negoziamo fino alla fine”.
In questa inquietante situazione il tritasassi della macchina repressiva europea avanza senza sosta. Non c’e’ settimana che in un qualche paese dall’Unione non vengano arrestati e spediti in galera cittadini maghrebini o arabi, tutti con l’accusa di essere potenziali terroristi. Gravissima la sentenza della Cassazione che ieri ha condannato, senza prove sostanziali, una decina di musulmani, colpevoli solo di aver tentato di aiutare loro fratelli a recarsi a combattere a fianco della Resistenza irachena.
Ma questa condanna impallidisce rispetto a quella chiesta in Spagna dal famigerato Garzon: 520 anni di carcere chiesti per 47 compagni della sinistra basca accusati di essere complici dell’ETA. Si tratta del più grande attacco giudiziario mai portato contro la sinistra dei Paesi Baschi, ovvero contro una delle rare sinistre rimaste tali. Ed infatti a sinistra, come in un cimitero, tutto tace.
PER CONOSCERE COM’E’ COMPOSTA LA DELEGAZIONE E I SUOI INCONTRI A GAZA VISITA IL SITO “GAZAVIVE“