Altri ce ne hanno invece dette di tutti i colori.
Tra questi c’ha colpito per la sua astiosa eccentricità la critica del gruppo Utopia Rossa. La nostra analisi ਠstata liquidata come un … “AUTENTICO DELIRIO”. Ma sentiamo nei dettagli: “PARLANO DI “UN PAESE CHE SPROFONDA NEL BARATRO”, “SVOLTA REAZIONARIA DI MASSA”, PROSSIMA “CACCIA ALLE STREGHE”, “FASCISTIZZAZIONE SUI GENERIS”… FARNETICAZIONI ALLO STATO PURO, CHE PORTANO POI A PARLARE DI “RESISTENZA”, DI “CASEMATTE PER SOPRAVVIVERE”. ORA, DI “MATTI” A SINISTRA CE NE STANNO MOLTI…. LA NOSTRA ANALISI E’ COMPLETAMENTE OPPOSTA A QUELLA DEL CAMPO. FORCHETTONI ROSSI A CASA, ZUMPAPA'”.
Il senso ਠchiaro: per i detrattori in questione non lo slittamento di grandi masse su posizioni reazionarie ma la scomparsa della cosiddetta sinistra radicale sarebbe il dato principale delle elezioni, per cui, invece di lanciare allarmi dovremmo fare salti di gioia.
Chi stia farneticando lo dimostrano due fatti emblematici accaduti immediatamente dopo le elezioni. Ponticelli (Napoli): assalto xenofobo e incendio del locale campo Rom, il quale sarebbe partito, sentite un po’, dalla locale sezione Antonio Gramsci del PD. Quartiere Pigneto (Roma): attacco squadristico in piena regola ad alcuni negozi di immigrati.
Non ਠun caso che questi due fattacci siano accaduti dopo le elezioni: ਠcome se la vittoria schiacciante della destra berlusconiana avesse dato semaforo verde ai dispiegarsi delle compulsioni securitarie, xenofobe e cripto-fasciste —compulsioni che sino ad oggi serpeggiavano, ma solo sottotraccia.
Fuori di testa ਠchi non vuole vedere che questi fatti, lungi dall’essere accidentali, sono sଠil sintomo di una profonda crisi sociale, ma di una crisi che, ben lungi dal provocare una radicalizzazione anticapitalistica del proletariato e del ceto medio impoverito, sta suscitando un’incipiente mobilitazione reazionaria di massa. Ovvero in opposta direzione a quella auspicabile.
Sempre nel Notiziario del 28 Aprile concludevamo:
“Una lunga marcia attende le forze ribelli che si annidano dentro l’impero. Esse conosceranno un esodo doloroso. Dovranno abbandonare le casematte dove pensavano di poter sopravvivere, cercheranno altri luoghi in cui mettere radici e consolidarsi. Una Resistenza faticosa, che procederà in parallelo, sul piano pratico e quella teorico. La possibilità di sopravvivere ਠdunque legata, non solo alla capacità di fare fronte, di unire le forze, di abbattere vecchie barriere ideologiche e identitarie, ma di ripensare la rivoluzione europea, le sue forze motrici, le sue alleanze. à‰ legata infine alla necessità di ancorarsi alle Resistenze del primo fronte, ai movimenti antimperialisti che si trovano a combattare sulla prima linea. Occorre prepararsi al peggio, sapendo che il male minore ਠsempre stato l’alibi di chi rinuncia in partenza a lottare, il velo dietro al quale si nasconde chi ha già introiettato la disfatta”.
Un esempio quasi lampante della correttezza di quanto scrivevamo ci ਠvenuta dalla mobilitazione popolare in corso nella zona di Chiaiano (Napoli). Sulle orme di quella di Pianura i cittadini si sono autorganizzati in comitati popolari unitari di Resistenza per evitare che i loro paesi diventino delle discariche a cielo aperto. Dopo una prima dura battaglia campale il governo Veltrusconi ha finto di fare un passo indietro, ma al solo scopo di isolare i settori più radicali (bollati come facinorosi) dal resto della popolazione. Il governo, strombazzata ai quattro venti la linea dura, si gioca buona parte della sua credibilità . E’ possibile una vittoria delle popolazioni in lotta? E’ improbabile. Il governo ha dalla sua non solo l’opposizione di sua maestà , la Confindustria, le grandi testate. Il governo ha dalla sua parte la maggioranza degli italiani (almeno di quelli del centro-nord) che in questo caso declinano la loro xenofobia e l’introiettato securitarismo nel senso di un disprezzo verso i “napoletani”, che .. “debbono smaltirsi a loro monnezza a casa loro e smetterla di rompere i coglioni”.
Tuttavia, anche ove lo Stato vincesse la battaglia di Chiaiano, noi siamo sicuri che le modalità di organizzazione e di autodifesa dei cittadini non moriranno, anzi, sono destinate a fecondare altrove. In ogni luogo sociale ove lo Stato del Capitale porterà i suoi assalti, esso susciterà focolai di Resistenza popolare. Questa Resistenza dovrà tuttavia sbarazzarsi del suo principale punto debole, il fatto che alla sua testa, e non solo allo scopo di farsene scudo, essa pone dei capi legati a doppio filo alle istituzioni statali (sindaci, politicanti, sicofanti del genere della Alessandra Mussolini). Dei capi quindi inadeguati, zoppicanti, destinati più prima che poi a tradire la lotta.