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Notiziario del 14 Luglio

14. July 2008
Questo Notiziario contiene:

1. DOPO L’IRAQ E IL LIBANO, L’IRAN – APPELLO
Fai sentire la tua voce contro la nuova guerra imperialista
2. IN RISPOSTA A QUELLI CHE NON CI CREDONO
Perchà© riteniamo che i compagni nordamericani abbiano ragione
3. LA MOSCHEA DI VIALE JENNER A MILANO
Diritti e lotta per i diritti di Hamza R. Piccardo
4. LE FARC SULLA QUESTIONE BETANCOURT
COMUNICATO DELLE FARC-EP: SULLA FUGA DEI 15 PRIGIONIERI DI GUERRA

1. DOPO L’IRAQ E IL LIBANO, L’IRAN – APPELLO
Fai sentire la tua voce contro la nuova guerra imperialista

HANNO GIA’ DATO LA LORO ADESIONE: LUCIO MANISCO, HAMZA PICCARDO,

“Quello che veniva considerato un incubo impossibile incombe invece minaccioso sull’umanità .

Le forze armate israeliane, con la copertura e l’appoggio di quelle degli Stati Uniti, stanno per sferrare un attacco devastante contro l’Iran allo scopo di distruggere le centrali nucleari di questo paese.

La stessa Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica come pure gli stessi servizi segreti nordamericani hanno smentito la Casa Bianca e il governo israeliano, affermando che non ci sono prove che il governo iraniano voglia utilizzare queste centrali a scopi militari.

Come accadde per aggredire l’Iraq, anche questa volta il pretesto dell’attacco ਠlo spauracchio delle “armi di distruzione di massa”.

Come allora anche in questo caso Stati Uniti e Israele sono pronti a calpestare la legalità  internazionale e le stesse Nazioni Unite pur annientare ogni paese ostile al loro disegno strategico. Quale sia questo disegno ਠevidente: sconfiggere ogni Resistenza popolare, imporre governi fantoccio in tutto il Medio Oriente, controllare i pozzi e le rotte petrolifere al fine di rafforzare la propria soffocante egemonia mondiale.

Bush non solo ha dato via libera ad un attacco aereo israeliano, ha anche assicurato il pieno appoggio americano in caso di reazione iraniana. La più potente armata aerea, navale e terrestre che la storia abbia mai visto ਠinfatti schierata attorno all’Iran.

Berlusconi, che non nasconde la sua simpatia per i guerrafondai americani e israeliani, ha assicurato che farà  la propria parte nel sostenere l’attacco. E’ in chiave antiraniana che va infatti interpretata la gravissima decisione di autorizzare i soldati italiani presenti in Afganistan a partecipare a pieno titolo alle operazioni belliche, oggi contro la Resistenza, domani contro il confinante Iran.

Negli Stati Uniti il Movimento contro la guerra ha da tempo lanciato un appello contro questa nuova guerra imperialista e ha indetto per il 2 agosto una prima giornata di mobilitazione.

Invitiamo tutte le forse e le soggettività  che in Italia e in Europa sono contro la guerra “senza se e senza ma”, ad accogliere quest’appello, a prepararsi per una massiccia protesta popolare.

Sappiamo che l’estate non ਠun momento propizio per scendere in piazza. Tuttavia la minaccia incombente ci impone di agire.

Per questo invitiamo chiunque abbia a cuore la pace e detesti, assieme all’arroganza imperiale americana, la tracotante aggressività  israeliana, a partecipare al presidio di solidarietà  col popolo iraniano che si svolgerà  a Roma il 6 agosto, nell’anniversario del genocidio di Hiroshima, proprio sotto l’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran.”

Per aderire al presidio e COSTRUIRE ASSIEME UNA VASTA MOBILITAZIONE CONTRO LA PROSSIMA GUERRA: stopguerrairan@fastwebmail.it

2. IN RISPOSTA A QUELLI CHE NON CI CREDONO
Perchà© riteniamo che i compagni nordamericani abbiano ragione

Nel Notiziario del 20 giugno abbiamo raccolto e rilanciato l’appello dei compagni nordamericani per una mobilitazine urgente contro l’aggressione all’Iran. Lo abbiamo fatto perchà© siamo daccordo con loro che l’attacco all’Iran non solo ਠaltamente probabile ma imminente. Nà© i compagni nordamericani nà© noi abbiamo la palla di vetro. Abbiamo semplicemente messo assieme tutti i pezzettini del grande puzzle della politica estara di Bush. Nà© l’occupazione dell’Afghanistan nà© quella dell’Iraq erano azioni fini a se stesse, motivate solo dalla necessità  di far fuori regimi nazionalisti ostili. Erano piuttosto passi obbligati per realizzare un disegno strategico arcinoto: “il nuovo Medio oriente”. Questo disegno implica necessariamente tagliare la testa del drago, ovvero azzoppare se non travolgere la Repubblica Islamica dell’Iran, che da anni, abbandonata l’idea dell’esportazionde in versione shiita della rivoluzione islamica, ਠriuscita invece a porsi come bastione di un ampio e trasversale schieramento antimperialista e antisionista. L’alleanza con HAMAS come pure altre forze tradizionalmente ostili alla Shia, ਠil più grande successo di questa strategia iraniana. La saldatura con il Venezuela di Chavez ਠun altro tassello della visione strategica di Tehran. La politica collaborativa con gli USA applicata in Iraq, per quanto nefasta, non contraddice ma conferma a suo modo la rotta di collisione tra Tehran e Washington.

Molti nostri amici tuttavia obiettano: “Gli americani hanno già  tanti guai in Iraq e Afghanistan, figurarsi se mo’ attaccano Tehran!”. Qui sta l’errore. Gli USA, se non vogliono abbandonare con conseguenze per essi gravissime il loro disegno strategico, e se non vogliono lasciare le penne in Iraq e Afghanistan, non possono lasciare andare le cose per l’attuale corso; debbono anzi alzare il tiro, debbono osare il colpo di maglio. Non pensano certo ad un’invasione di terra stile Afghanistan o Iraq, no, questo non possono permetterselo. Pensano piuttosto ad un conflitto come quello con la Jugoslavia: ad un massiccio attacco missilistico e aereo che mentre provocherebbe danni incalcolabili all’Iran, poche perdite significherebbe per loro. Quello che Bush vuole ਠun cambio della guardia a Tehran allo scopo di far fuori l’ala antiamericana e favorire l’ascesa al potere di frazioni politiche disposte a sottomettersi.

Sostegono poi i nostri critici che essendo Bush a fine mandato e il governo Olmert sia moribondo, l’attacco in grande stile ਠaltamente improbabile. Errore! L’attacco diventa più probabile proprio per queste ragioni. Bush e il blocco guerrafondaio che lo sostiene vogliono in ogni modo ipotecare, ovvero tracciate i binari di ferro sui quali dovrà  procedere la politica estera della amministrazione che si insedierà  nel febbraio 2009. D’altra parte l’interfaccia di questo blocco guerrafondaio, quello sionista israeliano ritiene che proprio un primo ministro debole come Olmert, appunto per evitare la propria debacle, sia quello più adatto a sferrare un attacco contro l’Iran. L’Esercito israeliano poi, dopo la figuraccia in Libano nel luglio 2006, non ha meno bisogno di Olmert di riscattare la sua immagine di potenza ed afficenza.

I nostri critici obiettano infine che l’Iran non ਠl’Iraq, e che le conseguenze di un attacco israelo-americano sarebbero devastanti per tutto il Medio oriente e la stessa economia mondiale. E se gli iraniani riuscissero a chiudere lo stretto di Ormutz? A quanto schizzerebbe il barile di petrolio? E se Tehran decidesse di muovere le sue pedine in Iraq e Afghanistan, e in Libano? In che guai si ficcherebbero gli imperialisti? Il punto ਠche nei guai ci sono già , ed essi debbono agire per invertire la tendenza dominante che li vede appunto in grave affanno. Domanda: qualcuno dubita forse che chi e’ al potere negli USA e in Israele sia pronto a tutto, anche a richiare un conflitto totale, pur di dominare l’area geopolitica più importante del mondo?

Questo il ragionamento non solo nostro, ma degli antimperialisti nordamericani e di molti altri che stanno iniziando la mobilitazione contro la minaccia di guerra.
Per questo occorre muoversi, agire, protestare, fare tutto quello che puಠe si deve fare per inceppare la macchina bellica imperialistica.
O vogliamo trovarci in piazza all’ultimo momento come accadde la notte del 10 ottobre 2001 quando inziarono i bombardamenti su Kabul?

3. LA MOSCHEA DI VIALE JENNER A MILANO
Diritti e lotta per i diritti di Hamza R. Piccardo

La questione della moschea di Viale Jenner rischia di riscaldare ulteriormente l’estate già  calda su diversi fronti politici e, siccome difficilmente passeranno l’aggravante per clandestinità , il reato di immigrazione clandestina, la legge salva Berlusconi, il lodo schifezza ecc. ecc perchਠnon rifarsi la faccia, pardon i muscoli, prendendosela con i più deboli… zingari, rom, musulmani, non necessariamente nell’ordine.

Dopo averlo “promesso al suo elettorato” Maroni piomba a Milano e convoca una runione in prefettura per decretare che “quella moschea non ha da essere, nਠdomani nਠmai”. Non ci sono le condizioni igieniche, non ci sono i parcheggi, il venerdଠgli oranti occupano i marciapiedi ecc.ecc.

Tutte cose risapute e meglio di tutti le hanno ben presenti i fratelli che gestiscono l’Istituto Culturale Islamico di Milano (questo il nome formale di quello che tutti chiamano “Mahd” che stanno cercando da anni un luogo più consono allo svolgimentodelle loro, attività  e proporzionato alla cospicua affluenza di fedeli nel giorno della preghiera settimanale e non solo.

Ci scriveva nei giorni scorsi un nostro lettore (non musulmano):

Nonostante la Costituzione della Repubblica Italiana affermi che non vi devono essere distinzioni in base alla religione, si assiste ormai da anni alla pressochà© totale violazione di tale enunciato: pubbliche amministrazioni che, con cavilli burocratici quali la non conformità  di impianti elettrici o altre disposizioni ASL dispongono la chiusura di luoghi di preghiera islamici – non importa se altri luoghi di preghiera quali quelli cristiani o addirittura le scuole pubbliche sono del tutto fuori norma e continuano ad essere utilizzati. Quando poi alcune comunità  ri rendono disponibili a costruire a proprie spese un luogo di culto rispettoso della propria dignità  e del decoro comune, tali amministrazioni pongono altre serie di cavilli burocratici, o addirittura leggi regionali che di fatto ne impediscono l’apertura. Clamorose sono le dichiarazioni del vicesindaco di Milano che, con la scusa che il territorio di Milano ਠmolto urbanizzato, non ਠpossibile costruire alcuna moschea nel proprio territorio. Ovviamente i mega centri commerciali che distruggono la vita agli abitanti della zona potranno continuare ad essere costruiti.

Sante parole, dettate dal buon senso ma si oggi il buon senso ਠmerce che scarseggia.

Ad agosto, (fine?) il Mahd “dovrà ” chiudere, cessare ogni attività  a meno di una soluzione che al momento sembra lontano dopo che l’intransigenza leghista ha fatto saltare quella possibilità  di concedere ai musulmani il velodromo del Vigorelli per la preghiera del venerdà¬.

Da molte parti si scorge nell’atteggiamento leghista una volontà  provocatoria, mirante a scatenare reazioni a fronte delle quali passerebbe la criminalizzazione dell’intera comunità  islamica milanese. Se cosଠfosse speriamo con tutto il cuore che rimaranno con un palmo di naso se la comunità  saprà  reagire e resistere nel quadro d’iniziative di lotta pacifiche e non violente e saldare attorno a sਠuna parte importante della città  che ਠgià  nauseata da certi atteggiamenti.

Provenienti, per la stragrande maggioranza da paesi che pur nella finzione “democratica” delle loro costituzioni, ignorano quasi totalmente i diritti civili cosଠcome l’intendiamo in Occidente, i musulmani che vivono in Italia si trovano fortemente a disagio di fronte ad un sistema che sbandierando i diritti dell’uomo li nega nei fatti.

La lotta civile e democratica, pacifica e non violenta ma strenua e determinata non ਠnelle loro corde. Ma ਠtosto l’ora che apprendano che i diritti nessuno li ha mai regalati, essi sono il frutto di un’azione che ha determinato favorevoli rapporti di forza e che, anche se scritti nella Costituzione e regolati dalle leggi, essi devono essere difesi e possibilimente ampliati.

In caso contrario, il potere, ogni potere, cercherà  di riprenderseli, di annullarli, di svuotarli di significato perchਅ perchਠun regolamento di polizia urbana non ਠstato rispettato, perchਠ“la tipologia” ਠincongrua, perchਅ

Abbiamo proposto ai nostri fratelli dell’Istituto di non farsi isolare, di chiamare a raccolta i rappresentanti delle associazioni islamiche della provincia di Milano ( e poi della Lombardia) e costituire un coordinamento che sappia pianificare una strategia di resistenza civile e non violenta atta a costringere le istituzioni a deideologizzare i loro comportamenti e occuparsi con saggezza e continuità  delle problematiche connesse con la presenza di molte decine di migliaia di musulmani sul loro territorio.

In questi termini e condizioni non potremo far mancare ai nostri fratelli tutto il sostegno nazionale e internazionale che potremo mobilitare intorno a loro.

4. LE FARC SULLA QUESTIONE BETANCOURT
COMUNICATO DELLE FARC-EP: SULLA FUGA DEI 15 PRIGIONIERI DI GUERRA

1. La fuga dei 15 prigionieri di guerra, avvenuta lo scorso 2 luglio, ਠstata conseguenza diretta dello spregevole comportamento di Cà©sar ed Enrique, che hanno tradito il loro impegno rivoluzionario e la fiducia che era stata riposta in entrambi.

2. Indipendentemente da un episodio come quello successo, che puಠdarsi in qualunque conflitto politico e militare in cui si presentano vittorie e sconfitte, manteniamo vigente la nostra politica di materializzare accordi umanitari che portino all’interscambio e che proteggano inoltre la popolazione civile dagli effetti del conflitto. Persistendo nella liberazione militare come unica via, il governo dovrà  accettare tutte le conseguenze della propria temeraria ed avventuriera decisione.

3. La lotta per liberare i nostri e gli altri combattenti politici incarcerati sarà  sempre all’ordine del giorno nell’insieme delle unità  fariane, e specialmente nella loro dirigenza. Portiamo tutti loro nella mente e nel cuore.

4. In nessuna parte del mondo e in nessun momento della storia ਠstato facile il cammino per conquistare trasformazioni rivoluzionarie, anzi, e perciಠil nostro impegno si accresce di fronte ad ogni nuova sfida o difficoltà .

5. La pace di cui ha bisogno la Colombia dev’essere il risultato di accordi che beneficino le maggioranze, e non sarà  la pace dei sepolcri basata sulla corruzione, il terrore dello Stato, la fellonia ed il tradimento. Le cause per le quali lottano le FARC-EP continuano ad essere vive, e il presente ਠdi lotta ma il futuro ਠnostro.

Segretariato dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP

Montagne della Colombia, 5 luglio del 2008

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