Le elezioni provinciali irachene: che cosa tenere d’occhio
di Robert Dreyfuss
The Nation-DreyfussBlog, 28 gennaio 2009
Sabato 31 gennaio l’Iraq terrà le sue prime elezioni
dal 2005, quando gli iracheni andarono alle urne per scegliere sia il
Parlamento nazionale che i consigli provinciali. Questa volta, le
elezioni decideranno solo i consigli provinciali, in 14 delle 18
province irachene. Tuttavia, esse rappresenteranno probabilmente una
svolta per il Paese. In quale direzione – verso una maggiore
democrazia, oppure verso un’ulteriore instabilità e il ritorno della
resistenza violenta – dipende da che cosa accadrà sabato.
Non ਠun bel quadro. Le
elezioni promettono di essere rovinate da violenza, frodi,
intimidazioni, compravendita del voto e corruzione, voto di gruppo da
parte delle tribù e delle componenti etniche dell’elettorato, e
dall’influenza indebita degli esponenti religiosi sciiti.
Se
le cose non andranno lisce, e se il risultato delle elezioni non si
tradurrà in una crescita per i partiti che nel 2005 vennero tagliati
fuori dal processo politico – in particolare fra il blocco dei sunniti
iracheni privati dei diritto di voto – allora ਠmolto probabile che la
violenza aumenti nuovamente. E’ possibile persino che molti sunniti
tornino alla resistenza armata, e che alcuni di loro si riassocino ad
“al Qaeda in Iraq”.
Viste
in termini più generali, le elezioni sono un test della capacità della
coalizione di governo di restare aggrappata al potere, nonostante abbia
presieduto a un collasso catastrofico dell’economia irachena, dei
servizi sociali, e dei servizi pubblici, e nonostante la percezione
diffusa che i partiti di governo sono colpevoli di un’enorme
corruzione, gestione incompetente, e di aver esercitato il controllo
mediante la forza paramilitare, attraverso le milizie di partito. I
quattro partiti di governo sono i due partiti religiosi sciiti
fondamentalisti – il partito islamico al Da’wa e il Consiglio Supremo
islamico iracheno (ISCI) – e i due partiti kurdi separatisti – il
Partito democratico del Kurdistan (KDP) e l’Unione Patriottica del
Kurdistan (PUK). Secondo molte fonti che ho intervistato, compresi
iracheni coinvolti nelle elezioni, un gran numero di iracheni guarda
tutti e quattro i partiti di governo con disprezzo. Si attribuisce loro
la responsabilità di non essere stati capaci di fornire servizi
essenziali come l’elettricità , l’assistenza sanitaria, il carburante,
l’acqua, e la raccolta dei rifiuti, che sono tutti intermittenti nella
migliore delle ipotesi e inesistenti nella peggiore. Li si incolpa di
aver gestito in modo incompetente l’economia, e in particolare il
petrolio iracheno, e del tasso di disoccupazione, che ਠstimato al 50
per cento. In circostanze normali, tutti e quattro i partiti
subirebbero una sonora sconfitta alle urne. Ma queste non sono
circostanze normali.
Le
elezioni sono considerate anche una sorta di referendum sul Primo
Ministro Nuri al-Maliki, il cui partito, al Da’wa , ਠun attore che ha
molto peso nel voto di sabato. Anche se la fazione di al Da’wa guidata
da Maliki si ਠripetutamente spaccata – dopo le scissioni, nel
Parlamento composto da 275 membri ਠridotta a soli sei seggi – essa
trae vantaggio dall’utilizzo oppressivo del potere politico da parte di
Maliki in quanto Primo Ministro. Nonostante al Da’wa abbia una storia
di movimento chiuso, basato su cellule, e simile a una setta, con
vedute sciite oscurantiste, Maliki si sta guadagnando il sostegno
elettorale degli iracheni che lo vedono come un uomo forte, una specie
di capo di Stato tipo Saddam in versione light, e si ਠrifatto una
immagine di nazionalista. Ha costruito un suo feudo all’interno
dell’esercito iracheno, spostando e rinominando generali che lo
appoggiano, in un tentativo scoperto di trasformare l’esercito nella
milizia privata di al Da’wa. Ha utilizzato un paio di apparati di
sicurezza che riferiscono direttamente all’ufficio del Primo Ministro
per eseguire arresti e intimidazioni di politici e partiti rivali, in
particolare contro gli alleati di Muqtada al-Sadr. Ha messo su
“consigli tribali” paramilitari nelle province in tutto l’Iraq,
elargendo decine di milioni di dollari di finanziamenti governativi a
queste organizzazioni, che in effetti non sono altro che bracci belli e
buoni del suo ufficio. E sta utilizzando i media governativi di
proprietà dello Stato apertamente per suo conto.
Ecco che cosa tenere d’occhio sabato:
Primo:
riusciranno i partiti religiosi a tenere? Secondo molte informazioni,
gli iracheni liberali, nazionalisti, e laici ritengono che la
popolazione in generale ਠdelusa da al Da’wa, dall’ISCI, e dai
sadristi. Il risultato sarà una crescita per i partiti che hanno un
approccio chiaramente laico, in particolare il partito guidato dall’ex
Primo Ministro Iyad Allawi – uno sciita laico che piace molto a
numerosi nazionalisti e sunniti? Oppure i vantaggi di cui dispongono in
partenza al Da’wa e l’ISCI, che controllano i media e il governo,
consentiranno loro di continuare a essere le forze dominanti?
Secondo:
i sunniti otterranno il potere nelle province in cui sono maggioranza o
dove sono forti ? Nel 2005, i sunniti boicottarono il voto, e solo il 2
per cento all’incirca degli arabi sunniti andಠa votare. Questo portಠa
una vittoria per l’Iraqi Islamic Party (IIP), un partito religioso
fondamentalista di sunniti legati ai Fratelli musulmani. Nel 2009,
molti analisti si aspettano che l’IIP sarà decimato. Dal 2003, il
partito ha cooperato con gli Stati Uniti e con l’alleanza di governo
sciita-kurda: quindi, se l’IIP dovesse essere eliminato, aspettiamoci
che una forza più bellicosa, più nazionalista, prenda il suo posto.
Molti dei gruppi che prima appartenevano alla resistenza, il movimento
del Risveglio, e i partiti sunniti tribali hanno formato dei partiti
per le elezioni del 31 gennaio.
Le
battaglie decisive saranno a Mosul, la capitale della provincia di
Ninive, nel nord; a Baghdad, la capitale, che costituisce una provincia
a sà©, con quasi un quarto della popolazione dell’Iraq; e nella
provincia di Diyala, una zona mista a nord-est di Baghdad.
Nella
provincia di Ninive, a causa del boicottaggio delle ultime elezioni da
parte dei sunniti, il consiglio provinciale ਠcontrollato a stragrande
maggioranza dai kurdi, che a Ninive sono una piccola minoranza,
limitata alla parte est della città di Mosul. I kurdi stanno cercando
modi per sopprimere il voto sunnita, e hanno persino armato una milizia
cristiana. Secondo tutte le informazioni, tuttavia, i sunniti
dovrebbero prendere il controllo di Ninive. Se ciಠnon accadrà , nel
nord probabilmente emergerà un movimento di resistenza arrabbiato e
violento.
Nella
provincia di Baghdad, ora controllata dall’ISCI e da al Da’wa, esiste
la possibilità che i partiti nazionalisti, sunniti, e quelli laici
possano conquistare molti dei 57 seggi del consiglio [provinciale], e
se faranno le alleanze giuste – ad esempio, con i sadristi – potrebbero
cacciare l’ISCI e al Da’wa nel cuore del Paese. Baghdad tuttavia ha
subito una pulizia etnica [in realtà si ਠtrattato di una pulizia
confessionale NdT], e molti sunniti sono stati costretti ad andarsene.
Non ਠchiaro se agli sfollati interni sarà consentito votare [sà¬, à¨
consentito, ma devono registrarsi. Secondo la Commissione elettorale
indipendente irachena, lo avrebbero fatto in 63.000. I dati delle
Nazioni Unite parlano di un totale di oltre 2 milioni e 800mila
sfollati interni. Non si sa quanti di questi siano gli aventi diritto
al voto NdT], o, in caso affermativo, per chi. Se i partiti religiosi
sciiti manterranno il controllo di Baghdad, anche qui ਠpossibile che
ci sia una reazione violenta da parte degli ex insorti e di elementi
del Risveglio.
Nella
provincia di Diyala, dove il rapporto numerico fra sunniti e sciiti à¨
più equilibrato, l’esito ਠin palio. Le enclavi sunnite e quelle sciite
sono separate da muri, la violenza ਠendemica, i candidati non possono
facilmente fare campagna elettorale o promuovere i loro partiti, e i
risultati scontenteranno tutti. E’ una polveriera.
C’à¨
inoltre l’interrogativo del sostegno esterno. L’Iran sta indubbiamente
dando un sacco di soldi in appoggio ai suoi alleati, tra i quali
l’ISCI. In misura minore, l’Arabia Saudita probabilmente sta sostenendo
alcuni partiti sunniti, e forse anche alcuni partiti laici. Si sospetta
che la Turchia appoggi l’IIP. Ed ਠdifficile credere che la CIA non
stia dando contanti per appoggiare i candidati preferiti.
Nel
frattempo, le elezioni saranno incomplete, perchà© non si voterà nella
provincia contesa di Ta’amim, la cui capitale, Kirkuk, viene
rivendicata dai kurdi espansionisti. A Kirkuk il problema ਠtalmente
esplosivo che il governo iracheno ha deciso di rinviare del tutto le
elezioni. E non ci sono elezioni provinciali nelle tre province kurde
del nord, che sono viste sempre di più come parte di una zona
separatista, che pensa all’indipendenza – qualcosa che gli arabi, sia
sunniti che sciiti, rifiutano.
Fonte: www.osservatorioiraq.it
Traduzione di Ornella Sangiovanni